Glossario

Bilancio Ecologico. Il bilancio ecologico di un ente naturale (un’area geografica, una nazione, un individuo…) rappresenta il deficit o il surplus ecologico che quell’ente genera per effetto della sua stessa esistenza. In termini numerici, questo indice è rappresentato dalla differenza tra la misura di erogazione di servizi naturali offerti da quell’ente (Biocapacità o BC, vedi) e il suo grado di assorbimento di risorse naturali (Impronta Ecologica o EF, vedi). Il bilancio ecologico esprime quindi il gap tra la fornitura di servizi naturali, da parte di un’area, e il suo fabbisogno di risorse: BC – EF.

Biocapacità (vedi anche “Impronta Ecologica”). La biocapacità è l’insieme dei servizi ecologici erogati dagli ecosistemi locali, stimata attraverso la quantificazione della superficie dei terreni ecologicamente produttivi che sono presenti all’interno della regione in esame. La biocapacità è un parametro che non dipende dalle sole condizioni naturali. Rispetto all’impronta ecologica, che stima i servizi ecologici richiesti dalla popolazione locale, la biocapacità si occupa della capacità potenziale di erogazione di servizinaturali a partire dagli ecosistemi locali. Fonte: Iris.

Decrescita. Corrente di pensiero politico, economico e sociale favorevole alla riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione economica e dei consumi, con l’obiettivo di stabilire una nuova relazione di equilibrio ecologico fra l’uomo e la natura, nonché di equità fra gli esseri umani stessi (fonte: Wikipedia). La Decrescita rappresenta il centro di una galassia molto ampia di idee e di soluzioni, che negli ultimi anni sta progressivamente attirando l’interesse di un numero sempre maggiore di “disertori” dal pensiero economico dominante. Serge Latouche ne è attualmente il principale esponente europeo. Ivan Illich, “scomodo” intellettuale viennese, operante in Europa e Sud-America nella seconda metà del secolo scorso, ne è considerato uno dei più illustri precursori.

Downshifting. Con questo termine, che significa letteralmente “scalare marcia”, si intende qualificare l’atteggiamento di progressivo allontanamento dagli stili di vita attualmente dominanti e irrimediabilmente subordinati al micidiale circolo vizioso ”Lavoro -> Produco -> Consumo“, dal quale il modello capitalistico non consente una fuoriuscita facile e indolore. Il “downshifter” è dunque colui che intenzionalmente “allenta” (o, nei casi più virtuosi, frantuma) almeno uno degli anelli del trittico, determinando in tal modo anche l’allentamento degli altri due anelli.

Ecologia profonda. Il pensiero dell’ecologia profonda focalizza, più di ogni altro, il valore in sé della natura e il valore globale olistico di tutte le cose, anche perché l’imprecisione sulla ‘origine’ dell’ecologia profonda è poca cosa rispetto ai giudizi sommari, denigratori, ironici che si leggono assai spesso sulla stampa di largo consumo. (Salio, 1994). L’ecologia profonda è radicalmente tradizionale dal momento che collega una corrente antichissima di minoranze religiose e filosofiche dell’Europa occidentale, del Nordamerica e dell’Oriente e ha anche forti legami con molte posizioni filosofiche e religiose dei popoli nativi (compresi gli indiani d’America). In un certo senso essa può essere considerata come la saggezza che conserva il ricordo di ciò che gli uomini sapevano un tempo. (Devall & Sessions, 1989). (Fonte: www.ecologiaprofonda.com)

Fiscal Compact. Altro nome del “Trattato di stabilità sul coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria“, ratificato in via definitiva il 3 marzo 2012 da 25 dei 27 Paesi membri dell’UE, tra cui naturalmente l’Italia. Approvandolo, la Camera ha di fatto spostato la sovranità dal popolo (come recita l’art. 1 della Costituzione) alla burocrazia europea: in pratica, il voto impone all’Italia di tagliare per 20 anni 45 miliardi di debito pubblico all’anno. Solo per dare un’idea della dimensione della scure Ue, a confronto la “Spending review” del Governo Monti cancella spese per un totale di 29 miliardi in tre anni. A questo esborso, inoltre, va aggiunto quello previsto dal trattato istitutivo del “Meccanismo Europeo di Stabilità“, ratificato l’8 ottobre 2012 e che impegna l’Italia a versare 125,4 miliardi per la realizzazione di un fondo “paracadute” con lo scopo di assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà, emettendo prestiti (a tasso fisso o variabile) e acquistando titoli sul mercato primario (contestualmente all’attivazione del programma Outright Monetary Transaction).

Impronta Ecologica (vedi anche “Biocapacità”). L’impronta ecologica, elaborata presso l’Università della British Columbia negli anni ’90 dai ricercatori canadesi Wackernagel e Rees, è un indice sintetico che stima la quantità totale di risorse naturali e servizi ecologici che una popolazione utilizza per vivere, calcolando l’area totale di ecosistemi terrestri e acquatici necessaria per fornire, in modo sostenibile, tutte le risorse utilizzate e per assorbire, sempre in modo sostenibile, tutte le emissioni prodotte. Il presupposto su cui si basa è che ad ogni unità materiale o di energia consumata corrisponde una certa estensione di territorio, appartenente ad uno o più ecosistemi, che garantiscono, tramite l’erogazione di servizi naturali, il relativo apporto per il consumo di risorse e/o per l’assorbimento delle emissioni. La metodologia di calcolo prende in considerazione le tipologie di territorio (terreno “utilizzato” per la produzione di energia o l’assorbimento di CO2, terreni arabili, terreni a pascolo, foreste, superficie degradata, superficie marina) e alcune categorie di consumo (consumi alimentari, abitazioni, trasporti, altri beni di consumo, servizi, rifiuti). Fonte: Iris.

Protocollo di Kyoto. Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale per contrastare il riscaldamento climatico, mediante la progressiva riduzione delle emissioni dei gas climalteranti: il trattato, di natura volontaria, è stato sottoscritto l’11 dicembre 1997 durante la Conferenza delle parti di Kyoto (la COP3) ma è entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005 grazie dalla ratifica del Protocollo da parte della Russia. I gas climalteranti oggetto degli obiettivi di riduzione sono: la CO2 (anidride carbonica), prodotta dall’impiego dei combustibili fossili in tutte le attività energetiche e industriali oltre che nei trasporti; il CH4 (metano), prodotto dalle discariche dei rifiuti, dagli allevamenti zootecnici e dalle coltivazioni di riso; l’N2O (protossido di azoto), prodotto nel settore agricolo e nelle industrie chimiche; gli HFC (idrofluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere; i PFC (perfluorocarburi), impiegati nelle industrie chimiche e manifatturiere; l’SF6 (esafluoruro di zolfo), impiegato nelle industrie chimiche e manifatturiere. Fonte: Rete Clima

Resilienza. La resilienza è la capacità di un sistema (in ogni sua forma: una specie vivente, un singolo organismo, una comunità, un’azienda…) di “ammortizzare” le sollecitazioni e i cambiamenti (anche traumatici) di natura esogena, senza degenerare o modificare permanentemente il suo stato originario. La società industrializzata è caratterizzata da un bassissimo livello di resilienza, in quanto viviamo tutti in un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun controllo: nelle nostre città consumiamo infatti gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di chilometri per raggiungerci e che sono afflitti da catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe, complesse e delicate. Il tutto è reso possibile dall’abbondanza di petrolio a basso prezzo che rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantità di merci da una parte all’altra del pianeta. Lo stesso Rob Hopkins qualifica la “resilienza” come la capacità di un sistema di assorbire i disturbi – provenienti dall’esterno – e di riorganizzarsi mentre è in atto il cambiamento, in modo da mantenere essenzialmente la stessa funzione, struttura, identità.

Transizione. Partendo dai due presupposti del picco del petrolio (imminente esaurimento delle fonti energetiche fossili) e degli squilibri planetari indotti dal cambiamento climatico, il movimento della “Transizione” rappresenta di fatto una declinazione pratica dei principi della Decrescita, concentrandosi sulla fase di passaggio tra due momenti dell’evoluzione umana. Partite in Inghilterra nel 2003 grazie ad una felice intuizione del suo fondatore Rob Hopkins, le Transition-Towns prevedono un cambiamento radicale degli stili di vita su base comunitaria, aumentandone la resilienza, tramite l’adozione di fonti energetiche rinnovabili, la riduzione dei consumi non necessari, la vocazione all’autoproduzione dei beni di primaria necessità e lo sviluppo di beni relazionali.