Eccolo, il perché

Buongiorno professor Strozzi,

sono Marco P., uno studente di quinta superiore che è venuto in contatto con il suo sito attraverso L.F., la mia professoressa di inglese.

La contatto perché a brave avrò gli esami di maturità e ho basato la mia tesina sulle responsabilità che ha l’uomo nei confronti del proprio pianeta e delle generazioni future, su come ha cambiato la situazione ambientale e come può risolverla. Ho deciso di affrontare questo tema perché ritengo che ancora troppo poche siano le conoscenze a riguardo, mentre molto alto è invece il livello di scetticismo. Siccome sono venuto in contatto con la sua filosofia di vita e la trovo pertinente, vorrei inserirla nella mia tesina. A tal proposito avrei alcune domande da porle:

  1. So che lei ha deciso di cambiare radicalmente il proprio stile di vita, per la poca fiducia nel sistema capitalistico che conduce la nostra società moderna, ma secondo lei come si potrebbe riuscire a sensibilizzare maggiormente il mondo intero riguardo a questo, soprattutto i poteri forti che detenendo il potere prediligono l’arricchimento alla sopravvivenza del loro pianeta e della loro specie?
  2. Come si può quindi cercare di diluire al massimo questo “negazionismo” molto diffuso che annebbia un problema alquanto importante?
  3. E infine, dal suo punto di vista, c’è la speranza che avvenga un cambiamento radicale del sistema economico e sociale, che ci permetta di fare un passo indietro per poi farne di più in avanti?

La ringrazio per l’attenzione e per la disponibilità e resto in attesa di una sua risposta.

Cordiali saluti

Separatore

Ciao Marco,

ti ringrazio innanzitutto per il “professore” (mi ha strappato un sorriso), ma… non lo sono! Più in generale, al di là dei titoli effettivamente accumulati nel corso della mia vita, sono sempre piuttosto refrattario alle etichette, in quanto esse comunicano “cosa” si è e non “chi” si è, che è la cosa che mi interessa di più. Se vuoi saperne qualcosa di più su di me, trovi alcune notizie sulla mia esperienza qui e qui.

Detto questo, ti ringrazio molto per i quesiti che mi poni e, soprattutto, per la sensibilità che già dimostri di avere: è confortante conoscere persone così giovani che già si interrogano su questioni così… alte.

Proverò quindi a rispondere alle tue domande, sperando di esserti utile:

  1. Questa domanda, magari con sfumature leggermente diverse, mi viene posta in tutti i miei interventi pubblici. Il consiglio che do è quello di scindere i due piani: quello del “controllo” dall’alto e quello delle “scelte” dal basso. Sono un radicale detrattore del sistema della “delega”, intendendo con ciò l’attitudine umana a lasciare che altri si occupino di ciò di cui potremmo occuparci noi in prima persona (magari, rischiando qualcosa). C’è una massima di Gandhi, che probabilmente conosci, che dice: “Sii tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Ecco, credo che il segreto sia tutto qui. Io, più umilmente, dico che “per cambiare i connotati al mondo, è sufficiente cambiarli a noi stessi”. Non sono motti, sono pratiche non semplici ma utilissime. Se noi per primi allarghiamo le maglie con cui interpretiamo questo bellissimo gioco chiamato Vita, se ci predisponiamo a relazionarci con gli altri abbandonando attitudini competitive, ecco che… magicamente, percepiamo il mondo in modo diverso! Ecco che, in altre parole, per la nostra percezione il mondo è già cambiato! Questo non per dire di non aver fiducia nelle istituzioni, ma per enfatizzare il fatto che le particelle “atomiche” che le compongono si chiamano PERSONE. Quindi, è da loro che si deve partire. Io sono partito, l’anno scorso, mollando tutto e ripartendo. Ti garantisco che il mio mondo è già cambiato: fuori dalle logiche politiche, retributive, istituzionali. E il fatto che la tua insegnante ti abbia condotto qui, tanto per fare un esempio, è una piccola dimostrazione che sta funzionando.
  2. Questa risposta dipende direttamente da quella precedente. Come? Con l’esempio. Con la testimonianza diretta. Il cambiamento è diventato ormai un mantra, un prezzemolo dialettico con cui insaporire ogni discorso pubblico, politico, industriale, sociale. Migliaia di persone dicono ormai di voler cambiare vita, adottando stili comportamentali rispettosi dell’habitat. Ma molto spesso si limitano poi a fare la raccolta differenziata. E la loro coscienza è già in pace con la biosfera! Troppo poco, Marco. Occorre staccare la spina al modello sbagliato, contribuendo (ognuno a suo modo) a quello giusto. E, altrettanto importante, occorre comunicarlo. Occorre dimostrare che… non si muore di fame. Perché, attenendoci ai bisogni “primari” e a quelli “spirituali” (quelli che stimolano le relazioni, il nostro significato, il nostro bisogno di reciprocità), ci accorgiamo che non è importante avere l’ultimo modello di iPhone per realizzarsi. Se vuoi una riposta meno “impegnativa”, posso dirti che, sebbene io non creda assolutamente che le risposte agli auspici che trasmetti nelle tue domande possano arrivare dalla politica tradizionale, occorre tenere le antenne dritte e cercare di individuare – tra le proposte che ci giungono dai nostri rappresentanti – quelle che realmente si ispirano a un cambiamento “dal basso”, che prescindano cioè da ogni connubio (presente, passato e futuro) con quei poteri – istituzionali, economici e culturali – che ci hanno trascinato a questo punto. Come disse una volta Einstein, un problema non può essere risolto dallo stesso livello di conoscenza che lo ha generato.
  3. Il cambiamento? Non solo ho la speranza che avvenga, ma ne ho praticamente la certezza. Soprattutto perché, almeno dal basso, sta già avvenendo! A livello sistemico, invece, dipenderà solo da chi sarà più bravo a far partire l’onda e quale ne sarà l’intensità. La storia biologica procede a cicli: stiamo uscendo dal cosiddetto “antropocene” e dobbiamo prepararci all’ingresso in un mondo con meno disponibilità energetiche a basso costo e più disponibilità a collaborare. I comportamenti umani si modificheranno di conseguenza e diventeranno più virtuosi. Dipende con quale gradualità e quale intensità, ma è inevitabile che ciò accada. Come dico sempre: a vivere basso e pensare alto saremo prima o poi costretti tutti, dipende se per volontà o per necessità. Ti suggerisco a tal proposito anche il mio ultimo articolo sul Fatto Quotidiano: provocatorio, ma… non troppo!

Ti indico infine un paio di riferimenti che potresti trovare interessanti:

  • Il trailer del film “Last Call”
  • Più funzionale all’oggetto della tua tesina (che – se vorrai – leggerò molto volentieri), posso suggerirti il nono capitolo (“Il nuovo modello”) del mio libro, in cui propongo un modello molto semplificato sulla disciplina che credo possa in futuro darci una mano: la bioeconomia. E’ un modello intuitivo e schematico, in cui uso delle conchiglie come simbolo delle risorse naturali e monetarie di un sistema economico: credo sia molto efficace nel trasferire i concetti a me cari. Se pensi di usarlo e ti sorgono dei dubbi, non esitare a contattarmi di nuovo.

Fammi sapere com’è andata: sono con te.

Andrea

PS. Saluta e ringrazia anche la tua insegnante di inglese!

Separatore

Buongiorno,

la ringrazio davvero per la disponibilità e la gentilezza con cui ha risposto alle mie domande, devo dire che mi ha colpito molto, la ammiro davvero. Adesso mi metterò a lavorare sul materiale da lei inviatomi per portare a termine la mia tesina. Appena sarà completa sarebbe un piacere per me se lei potesse prenderne visione. Mi sta dando una grande carica per la mia maturità, persone come lei andrebbero clonate.

Grazie davvero, buon lavoro a risentirci.

Marco

Domino

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6 risposte a “Eccolo, il perché

  1. Il mondo ha bisogno di giovani svegli, curiosi, creativi, responsabili, partecipi, eretici. Ce ne sono tanti, graças a Deus!
    Grazie per il tuo impegno Marco, sarà una grande tesina. 🙂

    • Io credo che, considerando che coloro a cui è indirizzata questa protesta hanno già preso le loro decisioni; e che non saranno decine o centinaia di persone, più o meno incazzate, a far cambiare loro idea, che iniziative come queste servano a ben poco. Più che altro a soddisfare l’ego di chi ci va e a far loro credere di contare qualcosa e di aver fatto la loro parte.

      Qui non si tratta di un incontro su base democratica secca, tipo “vediamo chi è in maggioranza numerica e decidiamo di conseguenza”: qui ci sono decisioni prese a monte (molto a monte), che incideranno in maniera negativa sulla qualità della vita dei più; e persone – tante o poche non importa – che hanno capito i giochi, che ci stanno dietro; e che cercano di opporvisi, organizzando e mettendo in pratica strategie alternative. Soprattutto “mettendo in pratica”.

      Certo, se uno vuole, può anche andare. Specie se oltre ad andare, come ho appena scritto, fa: magari riesce a fare un po’ di pubblicità proprio alle soluzioni che sta sperimentando. Però non sono queste iniziative che, a mio parere, cambieranno le cose: can che abbia, non morde.

  2. Da insegnante e per come è orientata la scuola italiana (paladina della meritocrazia all’incontrario), secondo me… lo bocciano! 😉
    Scherzi a parte, in bocca al lupo. A lui e a tutti quelli che si pongono la domanda di come cambiare le cose: per come vanno, porsi il problema è già un buon segno.
    Su come cambiare le cose, suggerisco infine un’altra massima, pure indiana, che fa più o meno così: “Se vuoi cambiare la tua nazione, cambia la tua città; se vuoi cambiare la tua città, cambia la tua casa; se vuoi cambiare la tua casa, cambia te stesso.”

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