L’onestà è sensuale? Esercita più fascino una persona che è onesta o una che imbroglia? E se, nel caso specifico, la persona onesta ci rimette e quella che imbroglia la fa franca, chi è più attraente? La risposta è estremamente facile, tanto che la domanda stessa fa quasi imbarazzo. L’onestà annoia! Senza ombra di dubbio, non ha nulla di seducente. Essere scorretti invece, trovare scorciatoie sleali, cambiare le regole in corsa, truffare, ingannare, millantare è estremamente più affascinante.
Il fatto è che quando il gatto non c’è, i topi ballano. E sciaguratamente per noi, nella pièce teatrale il gatto interpreta due personaggi: l’etica e la vergogna. Già da parecchio tempo l’etica si è praticamente estinta, tanto che le nuove generazioni neanche sanno cosa sia. “Etica? Ma come parli fratello?”. Il senso di vergogna invece è proprio defunto. Game over. Ma perché si sono chiusi gli occhi che lo dovrebbero tenere acceso, che dovrebbero farlo pulsare. La stessa parola “vergogna” non ha più consistenza nel linguaggio generale. Sono solamente otto lettere, affogate nel marasma di un’inciviltà dominante.
Quindi non c’è affatto da meravigliarsi se i topi se la passano benissimo.
Ritengo però che le scintille del cambiamento siano come l’energia latente di un vulcano. In quell’energia c’è la nostra mentalità, che non è sempre un’amica fidata. È infatti la stessa che ci porta a considerare attraenti furbizia, disonestà e inganno. Ad ogni modo, conserva sempre un piccolo “difetto” strutturale. Può essere cambiata. In meglio.
Di sicuro lo sforzo non è di poco conto, però non possiamo lasciare il ruolo di giustificante alla frase “da soli non si cambiano le cose”. Io propongo di riscrivere quest’opera, di cominciare a spegnere la musica ai topi e di riseminare pazientemente etica e morale. E restando linguisticamente giovani, cominciamo a dire ad alta voce chi al giorno d’oggi è veramente uno “sfigato”.
Per esempio:
Chi picchia o uccide le donne.
Chi è razzista (ancora?).
Chi butta via il cibo. Per ricomprarlo.
Chi non saluta, non ringrazia e insulta gratuitamente.
Chi ruba cose che non gli appartengono.
Chi è omofobo (ancora?).
Chi denigra gli anziani.
Chi discrimina le persone socialmente svantaggiate.
Chi getta i mozziconi di sigarette per terra.
Chi è disonesto, falso, ipocrita.
Chi evade le tasse per aumentare il proprio lusso.
Chi valuta gli altri in base ai beni che possiedono (ancora?).
Et cetera.
Per fortuna c’è anche chi è incontestabilmente “figo”.
Per esempio:
Chi aiuta gli altri, per il solo piacere di farlo.
Chi rispetta il silenzio.
Chi si accontenta e non si lamenta di quello che non ha.
Chi si ricorda da dove viene, senza nutrire sentimenti di ostilità verso persone di luoghi diversi.
Chi sorride agli altri spontaneamente.
Chi ama la propria comunità e si impegna per renderla migliore.
Chi preferisce un libro a una televisione.
Chi sa distinguere la cultura dalla volgarità.
Chi si ferma per guardare i tramonti o ascoltare i grilli d’estate.
Chi sa ascoltare gli altri e riesce a non interromperli.
Chi vuole testardamente condividere la propria allegria.
Chi accetta i propri limiti e affronta le proprie paure.
Et cetera.
I pirati, bucanieri ecc. di quei tempi erano per la maggior parte più onesti di chi governava: sia allora che adesso… lascio ad altri decidere se sia più onesto un rapinatore di banche e un banchiere.
Già Alberto, questo è sicuro. Solo che non se la prendevano solo coi prepotenti.
Vorrei essere ottimista come te. Uno che per onestà vive con poco o uno che a certe cose non si piega quando gli converrebbe non risultano vincenti, anzi spesso sono messi fra parentesi. E essere messi da parte non è e non sarà mai figo. Migliaia di grandi personaggi osannati secoli dopo non erano fighi (non Ghandi se non da vecchio, non Gesù se non da morto, non Lao Tze se non ci fossero stati suoi studenti, non Socrate se non per i quattro gatti che lo conoscevano bene, sicuramente non per sua moglie per dire) e non lo sarebbero neanche se fossero nati ieri. Oggi sarò io ad essere pessimista ma la vedo così
Non è questione di ottimismo o pessimismo, credo. Il tema che vedo centrale, sia nel post di Enrico che nel tuo intervento, mi sembra legato alla titolarità di chi può emettere il giudizio di “figo” (in riferimento all’uomo onesto). Se attribuiamo questa titolarità ad altri, ovvio che combatteremo sempre contro i mulini a vento, in quanto quasi mai troveremo qualcuno disposto a riconoscerci ciò che crediamo di meritare. Se invece riserviamo questa facoltà a noi stessi (come credo debba essere), ecco che il giudizio degli altri perde subito tutta la sua importanza. In altre parole: si è onesti o disonesti per se stessi.
Sto rileggendo un libro assai pericoloso e che sconsiglio vivamente (nonostante sia la proposta del mese di LLHT), a un certo punto si dice:
Ma ammetterai che non venire apprezzato da chi apprezziamo, da chi amiamo, dalla nostra comunità (sempre che ne esista ancora una in senso forte) sia, essendo l’uomo un animale sociale, altamente nocivo per il benessere dello spirito (senza contare quello del corpo, minato dall’esclusione e dallo scarso accesso ai beni materiali)!
Certo che lo ammetto, Marco. Ci mancherebbe! Ma sono anche dell’idea che, nel momento in cui piacciamo (molto) a noi stessi, inevitabilmente piaceremo anche a qualcun altro. Poi… ovvio che ci sono fasi alterne, alti e bassi. Il senso del mio intervento era che l’importante è cercare di piacere innanzitutto a noi stessi.
Ho comprato quel libro prima ancora che fosse nei consigli (era pure in offerta). Il tema di se e quando un sistema diventi tanto opprimente col dissenso da giustificare se non la violenza almeno la forzatura delle regole da parte del manifestante incapacitato dallo stesso sistema è sempre stato un punto dolente e una “questione dimenticata” per i ghandiani a tutti i costi. Il fatto poi che Thoreau si sia risposto rispettivamente “Sì, certe situazioni legittimano una forzatura” e “Il tempo è ora” rendono un potenziale reato (almeno in via puramente teorica) persino discutere seriamente senza censure di questo libro. Sarà sicuramente indigesto agli amanti di facili schemi, di black block caricaturali contro innocue ed inefficaci manifestazioni d’arcobaleni gialli e rosa.
Ricordo che anche Kennedy disse, riferendosi mi pare alle dittature comuniste, che negare una manifestazione pacifica legittima una manifestazione violenta. Ma come al solito non applicava l’eversivo ragionamento alla propria realtà, riservandolo piuttosto a quella di “quegli altri là, brutti e cattivi” il ché è una pecca notevole, persino tenendo conto che quelli là erano effettivamente brutti e cattivi
Questo bel post, il primo interamente di Enrico per LLHT (a cui va quindi il mio più grande in bocca al lupo), merita assolutamente il ricordo di un detto che spesso ricorre clandestinamente nel mondo del lavoro:
Dando ovviamente per scontato che i competenti onesti non esistano più. Tranne, naturalmente, che… su LLHT. 😉
Mi veniva in mente, mentre leggevo, che siamo abituati fin da bambini a quel tipo di cultura. Del resto le storie di pirati non sono forse storie di ladri, furfanti e delinquenti? Eppure ci affascinano, no? Ce le raccontano quasi fossero modelli da imitare.
E, sempre fin da bambini, non si biasima chi racconta, dice, denuncia magari episodi di piccole violenze tra ragazzini, perché viene considerato una spia? E’ tutta la nostra cultura permeata di questi principi purtroppo. Dal fascino del dritto, del furbo che non si fa prendere, dalle radici della nostra civiltà fino ai giorni nostri (con splendidi e facilissimi esempi anche nella politica dei nostri tempi).
Personalmente considero l’onestà molto sexy in un uomo e cosa da ammirare in una donna.
Bellissimo decalogo, comunque.