Il sale della terra è un film documento bellissimo. Sebastiao Salgado racconta attraverso la sua fotografia ciò che ha visto e vissuto in ventisei anni in giro per il mondo: dall’Africa all’America Latina al Medio Oriente.
Salgado è un fotografo brasiliano di eccezionale sensibilità e con l’incredibile dono di riuscire a immortalare quello che non si può vedere, quello che è dentro di noi: i nostri sentimenti, le nostre debolezze, le nostre paure, le nostre fragilità, i nostri lati più profondi e oscuri. E’ un film raccontato per scatti e immagini potentissimi, che tolgono il respiro per la loro immensa bellezza o per la loro durissima brutalità.
Così Salgado riesce a fotografare l’avidità degli uomini sprofondati come insetti nelle viscere della terra, metafora perfetta della loro bramosia, a cercare l’oro, in Brasile. Persi in una sorta di gigantesco formicaio che somiglia a un girone dantesco in cui dimenticarsi di se stessi fino a sembrare essi stessi ciò che cercano.
Salgado riesce a cogliere la fiducia di un bambino nel momento esatto in cui lo sguardo di sua madre lo accoglie, per terra, isolati nel loro abbraccio in un campo profughi immenso e desolato. E ancora lo sguardo intenso ed espressivo di una donna cieca che sembra svuotare il mondo intorno a sé. Si viene catturati, accerchiati ed emozionati dalle immagini che raccontano le vite, le morti e le sorti di centinaia di migliaia di esseri umani vittime dei genocidi, della furia cieca della guerra, vittime dell’uomo e della sua insensata follia.
Salgado racconta e testimonia il deserto dell’umanità, i confini della nostra terra sconosciuta, gli angoli più remoti e più vicini insieme di un pianeta allo stremo, di una stirpe umana verso l’autodistruzione, ignara e completamente lanciata a tutta velocità verso la negazione di se stessa.
E’ un film che non entra tutto in una sola visione e che chiede con forza di essere rivisto ancora e ancora perché una sola volta non basta e si sente la necessità di rifarsi male, di riemozionarsi, di reimbarcarsi in un viaggio così forte perché ci fa l’effetto della verità, quella che sappiamo e che non vogliamo vedere ma di cui abbiamo sempre più urgentemente bisogno.
E’ un film disperato e pieno di speranza nello stesso momento. Quella stessa fede che il fotografo brasiliano confessa di aver perso nell’uomo, viene recuperata alla fine. Ed è la terra a dare una lezione all’uomo: una terra che può rinascere ancora dal deserto che l’uomo ha creato. Perché è l’uomo che può farlo, con l’immenso potere che ha, scegliendo la vita, il rispetto e l’amore per sé e per ciò che lo circonda. E’ ancora possibile, sembra dire Salgado, ricostruirci, recuperare, tornare indietro.
Questo film straordinario è, infine e non di meno, una bellissima storia d’amore: quella di Sebastiao e di sua moglie, una donna che lo ha affiancato fin dall’inizio e che ha creduto profondamente in lui e nella sua arte a costo di lunghissime separazioni e difficoltà. Una donna che lo ha sostenuto in ogni momento permettendogli di esprimere il talento di saper magnificamente raccontare con la luce e col buio la profonda miseria umana, la perdita della ragione e del sentimento e, infine, la possibilità, nonostante tutto, di ritrovare uno spazio per sperare.