Fuori

Le Risposte non sono dove ci hanno sempre insegnato tutti a cercarle.
Aprite la scatola, capovolgetela in riva a un burrone, scuotetela e, una volta vuota, fissatela per qualche istante e poi bruciatela.
Ecco, da quel momento potrete cominciare a cercare.

– – –

I veri, grandi cambiamenti nelle nostre vite partono sempre da una molla soggettiva che custodiamo dentro, ma in ogni caso non possono che passare (e arricchirsi) dalla partecipazione di altri. Da soli non combineremo mai niente, mettiamocelo bene in testa. L’unico segreto è affiancarsi in maniera propositiva a chi è già sintonizzato sulla nostra lunghezza d’onda: è lì che ci sono le giuste energie per iniziare qualcosa di nuovo.

Per intercettare queste energie, però, occorre appunto cercare… fuori da quella scatola. Ed è difficile, lo so bene. Perché nessuno ci ha mai insegnato a farlo. Sbarazzarsi di quella scatola è a volte un’impresa titanica, ma è l’unico modo per non ingannare noi stessi, affidandoci a presunte scappatoie di comodo o nascondendoci dietro a qualche maschera.

Ma attenzione: guai a farlo impulsivamente. A chi non si sarà preparato come avremo fatto noi, a chi non avrà saputo immaginare, o a chi da sempre pensa che al di fuori di quella scatola non esista nient’altro, potremmo dare l’impressione dell’impulsività, certo. Ma in fondo… chi se ne frega! La verità è che occorre studiare, spesso in silenzio. Occorre studiare, scontrarsi e prepararsi. Occorre fondere armoniosamente sogno e metodo. Perché affidandosi soltanto a uno dei due, quasi certamente andremo incontro alla disfatta.

Leggere libri e frequentare persone che la pensano come noi è già un ottimo inizio: procura benessere interiore e motivazione. E se, in queste occasioni, l’atteggiamento con cui ci predisponiamo fosse addirittura propositivo, potrebbero persino accadere cose interessanti…

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3 risposte a “Fuori

  1. Non conosco nulla di questo piano, ma scritta così, la soluzione mi sembra l’uovo di Colombo: ci vuol poco a capire che prevenire è sempre meglio che curare. E’ chiaro che il degrado delle opere d’arti è quasi sempre dovuto alle condizioni ambientali: la qualità dell’aria all’aperto, il numero di visitatori e l’illuminazione in interno…

    Il problema potrebbe essere piuttosto come superare gli interessi economici di chi ha puntato tutto sul degrado dell’ambiente per prosperare, quando si tenterà di realizzare le possibili soluzioni.

    • Il problema è dato da due fattori: il primo sviluppato da quanti (pur non praticandola) hanno ritenuto condivisibile l’economia del degrado ambientale; il secondo reso possibile dall’assenza delle valenze civili dell’arte, da vivere quale risorsa vitale da proteggere meglio di quanti si protegga la propria vita. Per la salute delle persone una volta c’erano i medici “condotti” (che, ora, sono diventati “di base”). Per la cura dell’arte ci sono le “soprintendenze”, che si limitano a mandare in “ospedale” (o da uno specialista di chirurgia: il restauratore) le opere ritenute più preziose perché se ne rivelino le forme originarie, pur senza mai rimuovere le cause delle malattie…
      Tutte condizioni che appaiono facili, ma per le quali non c’è la cultura per attivarle: finché non si capirà che si dovrebbe vivere d’arte come si vive di cibi ordinari… Il compito di quanti pensano è maturare nuovi pensieri: riportando l’arte e la cultura al primato che le spetta. Senza pretendere di fare il governo dei filosofi…

  2. Ho vuotato la scatola del restauro (che piace a tutti) e, dialogando con Giovani Urbani, ho imparato che la “conservazione programmata” (proposta con il “Piano Umbria” del 1976 e che sarà presto sul sito di Mnemosyne) è il processo più efficace che, curando le condizioni ambientali, fa durare nel tempo le opere d’arte senza l’urgenza di ripetitivi “ri-restauri”…

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