I bambini grandi

Ogni tanto, ce lo ricordiamo? Quel dono stupendo che ci è stato fatto. Quella cosa scontata, che ci appare tutte le volte che apriamo gli occhi.

Forse non ce ne siamo mai resi conto, ma al tempo è stata una vittoria epocale! Abbiamo avuto la meglio su milioni di aspiranti spermatozoi.

In seguito, abbiamo fatto un viaggio in una navicella accogliente. Cibo gratis, durata intorno ai 9 mesi. Ci è piaciuto così tanto, che quando siamo dovuti uscire eravamo parecchio scocciati.

°

Da lì in poi siamo stati innocenza, purezza, incanto, dolcezza, gioia. E molte altre cose, tutte insieme. Lo siamo stati per alcuni anni.

Poi, però, il dramma. Siamo cresciuti.

Cioè abbiamo iniziato ufficialmente a diventare grandi, che è la peggior sorte che poteva capitarci.

Beh è successo a tutti, comunque. Anzi, in verità, uno si è fermato. Un folle unico. Ma dicono che viva su un’isola che non c’è (figuriamoci!).

°

Ecco, io ve lo devo dire. Scusatemi, ma me le sono perse. Tutte quante!

Non riesco più a trovare la gioia nel vivere, nell’emozionarmi, nell’essere grato, nello stupirmi, nel donare agli altri. Non le trovo più, non le vivo più.

Ormai io sono un bambino grande.

Voi le provate ancora? Sapete dove posso ritrovarle? Me le potete indicare? Vi prego perché è di fondamentale importanza.

°

Mi hanno detto una cosa, infatti. Chi perde questi tipi di gioia, cioè chi si dimentica di averli, muore dentro. Muore anche se continua a vivere, capite? Cioè, mi spiego: biologicamente parlando, è vivo. Ma per il resto, no! Non c’è più vita dentro.

Scompare il senso del “viaggio”. E se non c’è il “senso”, per Dio, il viaggio stesso che senso ha?

°

Devo essermi perso anche la gioia che risiede nel creare. Voi l’avete vista? No, non intendo tra i bambini. Loro ce l’hanno in qualsiasi cosa facciano.

Tra noi adulti, invece, dove sta? Dov’è la bellezza di creare quello che ancora non c’è?

Possibile che mi sia rimasto soltanto il senso del mantenere, del conservare, del ripetere, del delegare, del lasciare intatto ciò che ho trovato?

°

Noi bambini grandi, a un certo punto abbiamo creduto. E credendo, abbiamo deciso di non essere più bambini.

Abbiamo smesso di scherzare, accogliendo il lavoro come fosse una religione. Però alla lunga siamo diventati dei fondamentalisti. Per di più, socialmente “normali”.

Fanatici che dedicano il tempo della loro vita a credenze cicliche (lavorare duro – guadagnare – comprare – procreare – riposare SOLO SE rimane tempo).

Fanatici talmente fedeli, da considerare stress, ansia e invidia dei normali fattori del gioco.

Fanatici che si concentrano unicamente sui modi per procurarsi denaro, ma non imparano MAI come saperlo gestire.

°

Good news: io non ti dirò che le cose non cambieranno in meglio. E non verrò mai a raccontarti che non torneremo bambini. Ma io, come sempre, scelgo solo per me.

°

“Non sono le situazioni a renderti infelice. Le situazioni possono procurarti dolore fisico, ma non ti fanno sentire infelice. Sono i tuoi pensieri che ti rendono infelice. Le tue interpretazioni e le storie che racconti a te stess*. Questo ti rende infelice.” (Eckhart Tolle)

Adams_Peter_Pan

Maude Adams nei panni di Peter Pan (Broadway, 1905)

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12 risposte a “I bambini grandi

  1. La gioia di vivere dei bambini si può ritrovare ma sarà necessario essere consapevoli che ogni cambiamento da assuefazione. …
    dopo un po il cambiamento diveta rutin e ti spegne, quello che all’inizio era entusiasmante diventa quotidianità ….esattamente come il lavoro che facevamo prima …non illudetevi tutto diventa rutin!
    Allora per esperienza vi dico che la gioia del cambiamento dovete ritrovarla ogni mattina proprio nelle piccole cose come fanno i bambini. ….e che il cambiamento deve essere un evoluzione continua,che ogni giorno vi porterà un nuovo traguardo!

    • Grazie per il tuo commento, Antonella. A me pare di percepire che il cambiamento sia un tabù, per cui penso che ci voglia un grande impegno verso comprensione e accettazione (partendo dalle piccole nostre cose, appunto).
      La realtà cambia continuamente. NOI cambiamo continuamente. Nell’incertezza del “dopo”, siamo impauriti e vulnerabili.
      Dovremmo abbracciarla questa incertezza. Benedirla. E tenerla stretta a noi.

  2. “Non riesco più a trovare la gioia nel vivere, nell’emozionarmi, nell’essere grato, nello stupirmi, nel donare agli altri. Non le trovo più, non le vivo più.”

    Penso che queste sensazioni siano spesso dovute al fatto che ci sentiamo soli. Non soli perché non abbiamo nessuno vicino. Anzi. Siamo spesso, anche troppo, in mezzo alla gente. Soli perché è difficile condividere e riuscire ad essere consapevoli, ad approfondire e individuare questi pensieri per molta gente che ci circonda. Chi si pone queste domande ha rallentato e vive in una sorta di slow motion (almeno questo capita a me) in cui si ha più tempo per guardare attentamente le cose che ci circondano. E vederle, analizzarle, approfondirle, osservarle. Mentre chi ci è intorno vive di fretta anestetizzata dalle distrazioni e dalla velocità. Per non pensare. Non riuscire più a trovare la gioia è una fase, un tempo di passaggio, un momento che può durare più o meno a lungo e riproporsi ciclicamente. E’, secondo me, una spinta a cercare e a cercarsi. Abbiamo bisogno di trovare un senso alla nostra vita. Quando ci siamo vicini è più facile sentirsi felici. Personalmente non so quale sia il senso ma mi rende felice avere smesso di cercarlo. Se sfoglio i miei petali e vado al centro sento che lì la gioia c’è. Ed è naturale, semplice, istintiva. E’ la fatica che fa disperdere la gioia. E l’aspettativa. E il dolore. Ma è un momento che serve per andare più a fondo e scoprire un altro cambiamento. Ti stai rinnovando secondo me. E il cambiamento non è mai indolore.

    • ma cos’è? telepatia? abbiamo risposto insieme e ti ho citato come esempio (da quello che traspare dalle esperienze che condividi) di chi riesce ad emzionarsi, stupirsi, a provare gratitudine, a gioire per il dono. Una gioia naturale, semplice ed istintiva dici, ed io condivido.
      Mi piace anche la riflessione che leggo qui sotto, di Ignazio, e la risposta di Andrea. Anche io qualche tempo fa ho riflettuto sul fatto che gli unici “liberi di fischiare, ridere e cantare in mezzo alla strada” sono (pochi) bambini ed i matti (quando non sono imbottiti di psicofarmaci …), ma da oggi, speriamo, anche noi.

      • Ciao Claudio. Sì, io credo profondamente nei sincronismi e nelle connessioni. Quindi, sì, può essere telepatia. Condivido molto quello che dici. La Natura può aiutare avvicinarci al nostro centro e al nostro senso (almeno funziona per me). L’attenzione al nostro centro, l’ascolto al nostro e al centro degli altri può aiutare. Siamo distratti e in velocità. Tutti. Quelli che staccano si ritrovano spesso controcorrente ed è faticosissimo. Io stessa più di una volta ho detto qui di non sapere più dove sono. Troppo lontano ormai dal punto di partenza e ancora lontanissima (se mai esiste) da un arrivo. E per la strada mi faccio milioni di domande mai fatte prima, sento malesseri mai sentiti prima e incontro persone che non riconosco. Ma la straniera sono io. Il rischio di non entusiasmarsi più e di sentirsi come “fuori” c’è. Ed è ciclico. Passa e poi si ripresenta. Prima cercavo di far uscire il dolore. Diluendolo. Adesso anche ma ho iniziato a far entrare tutto quello che è bello, che mi piace e che mi fa sentire libera e “in connessione”. So che la strada è difficile ma la preferisco a quella di prima. Una maggiore consapevolezza ha un prezzo. La sensibilità ha un prezzo. Le scelte hanno un prezzo. Penso di capire quello che dice Enrico ma credo che un uomo che ha perso l’entusiasmo e la gioia spesso stia solo erigendo avamposti di difesa per qualche ferita, qualche delusione o qualche “lunitudine” come dice il mio amico poeta Fabio Di Rosa. In questi casi, parlo per me naturalmente, funziona la concentrazione sulle piccole (grandi) cose autentiche. Si ricomincia tutto daccapo se è necessario. Cioè, faccio un atto di volontà. E aspetto.

    • Marica, grazie davvero per il tuo commento. Rispondo così: per me c’è il RALLENTARE ma anche l’ACCELERARE. Sono diversi, ma in me coesistono. Rallento per riflettere realmente. Accelero per scrivere idee, quando rischiano di volarmi via. Rallento per osservare i tramonti di fine giugno e ricordarmi perchè amo l’estate. Accelero quando corro in bicicletta su rettilinei senza un traguardo. Rallento e accelero. Ho bisogno dell’uno e dell’altro. Sono loro che vengono a trovarmi…

  3. Non voglio dire di esserne uscito, dal circolo dei grandi, e di non correre mai a vuoto nella ruota del criceto, ma la gioia di vivere, le emozioni, la gratitudine, il dono, li ritrovo facilmente nella Natura. Chiedi anche a persone come Marica, la sensazione che si ha osservando la vita di un orto, i cuccioli della gatta che imparano a cavarsela nella vita, nel raccogliere i frutti che generosamente ci vengono donati da un albero, nel coltivare a volte anche per nutrire cinghiali, o lumache che apparentemente devastano il nostro campetto. Io queste sensazioni le provo intensamente, condite ancora da un senso di nostalgia per loro che sono ancora “liberi di essere spontanei”, e che spero presto di poter imitare, scrollandomi di dosso quelle convenzioni sociali che ancora mi imprigionano. Claudio

  4. Andrea, non so se hai notato che non si vede più uno che canta o fischietta, è una tristezza infinita, ci sarà un virus? che tristezza!
    è morta l’allegria, è morta la voglia (vera) di vivere, è morta l’umanità,
    siam diventati degli zombi.

    • Ciao Ignazio, è vero. Me ne sono improvvisamente accorto anch’io qualche mattina fa: pedalavo come mio solito attraverso un parco della mia zona, con mia figlia davanti a me, sul seggiolino del manubrio.
      Fischiettavo. Motivetti semplici, canzoni da bimbi. Lei già quasi dormiva. Fischiettavo quindi più per me che per lei. Intorno a me, bar, panchine, aree di sosta. Persone ovunque. Molte erano sole. Ma… silenzio totale. E proprio in quel momento, folgorato come da una rivelazione, ho pensato: ma qui nessuno fischia più!
      Pedalando via ho continuato a fischiettare. Ma, mi sono accorto, con minore intensità…

      PS. Il post, avrai visto, è di Enrico.

    • Sì Ignazio, c’è una tendenza a guardare storto chiunque abbia “comportamenti strani” (come canticchiare, ballare, o anche semplicemente camminare piano). Ci vorrebbe più di un viaggetto all’Isola che non c’è…

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