La mia vera natura è strisciare. Strisciare, sì. Strisciare per me non è come per voi. Strisciare è bello perché significa stare a contatto con la terra. Essere accarezzati dall’erba soffice che la ricopre, riparare i miei frutti dal sole troppo forte, rimanere al fresco, riposare finché ne ho voglia… Insomma, strisciare per me significa seguire il mio istinto, assecondare la mia vera natura.
La mia vera natura è spingermi fin dove si spingono i miei rami e le mie foglie, cercare il fresco della terra o il calore del sole. Io sono un pomodoro.
Ho deciso di trattare le piante ospiti del mio orto come esseri viventi degni di rispetto. Ho deciso di non fare operazioni chirurgiche per sfemminellare i rami figli accusati di togliere il nutrimento alla pianta madre. Ho deciso di non ferire le mie piante per poi curarne artificialmente le ferite con medicine o rimedi che servirebbero a impedire ai funghi e ai parassiti di attaccarsi alle lesioni. Lesioni che abbiamo causato noi.
Ho deciso di lasciare andare i pomodori a terra. Quasi tutti. Ho deciso di assecondare la loro natura e di farli sdraiare tra l’erba e la paglia che la ricopre. Non voglio impiccarli alle canne dopo averli feriti, tagliati, strappati alla terra. E l’ho fatto. Ho lasciato le canne e i supporti a piante la cui vera natura è arrampicarsi, non strisciare.
Non voglio trasformare il mio orto in un campo dove la coercizione, la forza e la superficialità siano l’unica strada per avere un buon raccolto.
Le piante di pomodoro si sono adagiate sulla paglia, hanno preso lo spazio necessario, i frutti non hanno tardato ad arrivare: ci sono, sono belli, grandi e stanno crescendo circondati dal basilico, dal sedano, dai piselli, dai nasturzi e dai fagiolini in un ambiente accogliente, caldo e fresco dove è necessario. I frutti hanno bisogno di sole ma anche di foglie e di fresco, di piante intorno. Sanno da soli se esporsi al sole o nascondersi all’ombra del fogliame. Sanno già dove spingersi, da che parte andare.
La strada del “non”
Li ho osservati tutti, uno per uno. Qualche pianta l’ho legata alle canne. E tra I primi e I secondi non ci sono differenze di grandezza o di numero di frutti se non insignificanti. Fino ad ora non arare, non arieggiare, non concimare, non zappare, non sfemminellare, non scacchiare, non legare, non costringere, non sradicare, non diserbare, non eliminare, non ferire è stata la strada che ho percorso con fiducia e intima convinzione.
Non ho scelto di non fare. Ho scelto la strada del fare altro e in un altro modo. Ho scelto di accogliere, di osservare, controllare, lasciare andare, rispettare.
Non ho scelto solo la consociazione tra le piante. Ho deciso di consociarmi anch’io con loro. Ho deciso di far parte della sinergia, di esserci dentro.
Quanta acqua
Quasi niente. Ho la possibilità di andare nel mio orto solo una volta alla settimana. Il mio impianto di irrigazione è finalmente funzionante ma l’orologio non l’ho ancora montato.
Do un po’ di acqua. Poca perché non voglio dilavare il terreno non essendo ancora attivato l’orario di gocciolamento. Poca. Pochissima eppure è sufficiente. I miei ortaggi sono grandi, buoni, saporiti. La terra sotto la paglia è fresca, ombrosa, piena di animali e insetti di ogni genere.
Basta sollevare le foglie delle piante per guardare sotto: c’è una vita tranquilla e attiva. E’ pieno di ragni di ogni tipo, ragnatele nascoste e improvvise che sembrano capolavori d’arte, coleotteri intenti a pasteggiare a base degli afidi che avevano attaccato i fagiolini. lumache generose a mangiare le erbe spontanee e non le mie insalate, farfalle, api, lombrichi, gechi e lucertole che vivono lì in pianta stabile, insetti che non avevo mai visto e a me sconosciuti…
Si può solo osservare, in silenzio, ed essere grati.
A quest’ora, mentre tutti dormono e in TV mandano il film di Verdone,Perdiamoci di vista,penso che anche il mio orto stia riposando…o forse no. Domattina al mio risveglio la vita stara`pullulando gia’ da un pezzo: le cavolaie danzeranno leggere e deporranno le loro uova sulle verdure ignare; gli uccellini richiameranno i loro simili invitandoli a degustare semini ed insetti; i pomodori ancora verdi saranno maturi…
Leggere il tuo articolo, Marica, mi fa sentire parte del microcosmo _orto e in pace ed in armonia con il mondo. Grazie!
Ciao Mirella! Sì,è vero. L’orto aiuta l’incontro con se stessi. Ci riavvicina alla nostra sorgente, da dove veniamo e dove torneremo. E questo, di solito, è semplice se riusciamo a sentircene davvero parte. In armonia.
🙂
Ciao Alberto,
io credo, invece, che non sia affatto la natura a fregarsene dei nostri bisogni ma che sia l’uomo a fregarsene di lei. E questo è il risultato: terra violata, sporcata, inquinata, distrutta. Siamo noi che non abbiamo avuto rispetto per lei, (cosa che impunemente e stupidamente continuiamo a fare) non viceversa. E abbiamo dimenticato che cosa siamo: qualcosa che fa integralmente parte della natura in cui viviamo, non qualcosa da cui difendersi perché cattivo, antidemocratico e spietato. Questa separazione, per me, è all’origine dei nostri problemi.
L’orto non è una cosa naturale. E’ chiaro e ovvio. Il mio ruolo è fondamentale, certo. Io ho lavorato quella terra per modificarla (meno possibile) e per farne crescere frutti che posso mangiare. Questo ho fatto e ne sono perfettamente consapevole.
L’ho fatto, però, chiedendo, non pretendendo. L’ho fatto con tutta la delicatezza di cui sono capace, cercando di rispettarla, di rispettarne i ritmi, i cicli, i frutti, le piante, gli animali che ci sono. Il più possibile.
E l’agricoltura sinergica ha esattamente questo scopo: usare rispettando. Prendere chiedendo e ringraziando se c’è. Non forzare se non c’è. Le mie sono state proposte alla terra e cerco di ricordarmi che quello che dà sono regali.
Cerco di osservare, Alberto. E quello che vedo mi piace. Mi piace molto anche quando dai miei semi non nasce niente. Non sono io che decido.
Guardo, osservo, imparo, chiedo. Non mi sono creata un’attitudine mentale ad hoc. Sono solo riuscita a vedere cose che prima non vedevo anche se erano davanti ai miei occhi.
Dopo quel che hai scritto, ci ho pensato su per un bel po’ di giorni (come vedi) e, forse perché son molto lontano dalla mentalità contadina, sai qual è la mia impressione? Alchimia.
Non ci credo molto che se lasci andare le cose come vanno, ti crescano i pomodori e le zucchine in mano: la Natura è il posto meno democratico che ci sia e se ne strafrega dei nostri bisogni; la democrazia ce la siamo inventata noi umani, per sentirci superiori ad essa.
L’Alchimia, invece – che è una scienza un po’ più seria di tutto quello che correntemente ci siamo convinti sia “scienza” – parte dall’assunto, che lo stato dello sperimentatore è il primo fattore, che condiziona l’andamento di ciò che si sperimenta.
In altre parole il “valore aggiunto” all’orto che stai coltivando, sei semplicemente tu: con l’attitudine mentale che ti sei creata.