Verso un’igiene naturale profonda e integrata
Qualche giorno fa, appena sedute e davanti a un bel bicchiere di birra appena servito, una mia amica mi chiede tra l’incuriosito e l’incredulo: ma tu non sgarri proprio mai?
Del resto con estrema disinvoltura avevo appena ordinato, alle otto di sera, una tisana tibetana. Sarebbe potuta essere una spremuta, un frutto, un centrifugato, un frullato. Ho cercato di spiegare in pochi secondi che cosa pensavo ma non c’era abbastanza tempo per farlo e non era probabilmente il momento giusto per parlare di qualcosa che sicuramente mi piacerebbe approfondire con lei. Quella domanda, però, ha continuato a frullarmi nella testa con insistenza. Se non altro era quel verbo “sgarrare” che mi faceva riflettere a fondo.
Sgarrare significa andare contro le regole, essere imprecisi, contravvenire a un sistema rigido e codificato. Insomma, significa trasgredire. Non che la trasgressione sia sempre negativa di per sé ma, sicuramente, si porta dietro, oltre a una bella soddisfazione nel momento in cui la si attua, anche una bella dose di frustrazione e sensi di colpa manifesti o latenti che siano, subito dopo averla attuata. Eppure sullo sgarrare e sul trasgredire alle regole alimentari che magari ci siamo imposti o a quelle della dieta ipocalorica che ci ha prescritto il dietologo, è basata gran parte della nostra cultura alimentare. Fino a quando, almeno, non ce la facciamo più e ci arrendiamo perché il sistema è troppo rigido e ci sentiamo aggrediti, frustrati, insoddisfatti e, ahimé, anche falliti.
Già, perché sentirsi dei falliti è un rischio sempre dietro l’angolo quando si parla di questi argomenti. “La prego, dottore, mi tolga tutto ma non il mio gelato del sabato sera”. O “posso rinunciare a tutto ma non allo zucchero nel caffè” o “mai potrei fare a meno del mio cappuccino e cornetto al bar la mattina con i colleghi dell’ufficio”.
Nella mia vita alimentare (diciamo così) questi due verbi non esistono più. Non perché io sia brava e consapevole più degli altri ma perché ho avuto la fortuna di fare delle scoperte che mi hanno aperto nuove strade che non avevo visto prima. Finché si ragiona in termini di sgarro e di trasgressione, secondo me non si esce da un sistema che ci tiene schiavi e da una cultura alimentare estremamente contraddittoria e contraria all’istinto naturale di alimentarsi bene. La mia amica sa che l’igiene naturale è per me un’ispirazione e una scoperta continua. E anche se rientrare in categorie ed etichette non mi fa sentire molto a mio agio, posso dire che, sicuramente, mi riconosco nei principi fondamentali di un’alimentazione di tipo igienista.

Un’immagine di Expo.
Che cos’è esattamente l’igiene naturale? Quando viene fuori il termine “igienista” la gente pensa subito a qualcosa di negativo, esagerato o addirittura stravagante, magari di moda e, in ogni caso, il pensiero va a qualche tipo di dieta restrittiva o strana. O magari qualche strana mania di lavare l’insalata col disinfettante o di lavarsi le mani duecento volte al giorno. Niente di più lontano dalla realtà.
Igiene significa essere sani. Ed essere sani significa stare bene, significa sentirsi in armonia con se stessi e con l’ambiente che ci circonda, significa raggiungere e riuscire a mantenere l’equilibrio che ricerchiamo, significa essere in contatto con ogni parte di noi stessi. Essere in contatto col proprio corpo e con tutte le sue parti non è affatto scontato nella nostra cultura e nella nostra società. O, almeno, non lo è per la maggioranza di noi.
L’igiene naturale non è un percorso a ostacoli, un rigido sistema di regole da seguire, una dieta dimagrante o disintossicante, non è un regime, non è un limite. L’igiene naturale è conoscenza, espansione. L’igiene naturale arriva quando tu stai già diventando un igienista da solo, quando sei già su quella strada per istinto, per aver riconosciuto un modo che ci riguarda, per aver intuito la strada di un ritorno alimentare e di salute da cui ci sentiamo irresistibilmente attratti.
Quindi, seguendo questo pensiero, questo modo di vivere non è certamente per tutti. Non perché sia una cerchia esclusiva di persone che si frequentano e si capiscono tra di loro ma perché per incontrarci dobbiamo metterci sulla strada che va verso noi stessi e non verso qualcosa che sentiamo estraneo, forzato, rigido, che ci fa stare male, che ci rende frustrati ed estremamente infelici, che mina la nostra autostima di esseri forti e dotati di volontà. La strada dell’igiene naturale è una strada di felicità, consapevolezza, gradualità e conoscenza continua. Conoscenza del cibo di cui ci nutriamo e conoscenza del nostro corpo, di noi stessi come una totalità, un qualcosa di unico e unito. Non è solo mangiare ma anche vivere, respirare, stare più a contatto con la natura, percepire noi stessi come parte di qualcosa di più grande.
E’ per questo che una birra o un gelato, all’interno di questo percorso, non possono essere classificati come sgarri o trasgressioni. Si tratta di un’evoluzione del tutto personale e diversa da individuo a individuo. Dipende dalla consapevolezza, dall’interesse, dalla convinzione. Il fatto che io non “sgarri” dipende dal fatto che non ho il desiderio di “sgarrare”.
Per essere più chiara: finché ho avuto il desiderio di latte ho assunto il latte. Quando ne avevo il desiderio ma ero consapevole di cosa fa il latte al mio corpo ho provato a sostituirlo con un latte vegetale. All’inizio a giorni alterni, poi sempre più spesso. Quando ho smesso anche con il latte vegetale (cosa che avrei potuto continuare) mi sono resa conto che non sentivo più il desiderio di latte, di origine animale o vegetale che fosse. Non ne sentivo più la necessità, non lo volevo più. E quindi non c’è stata rinuncia. E se non c’è rinuncia non può esserci sgarro o trasgressione che tenga. Semplicemente non mi interessava più: ero ritornata a me stessa. Alla mia essenza alimentare, diciamo così. D’altra parte se il latte non mi è necessario, non devo sostituirlo con niente.
Così è stato per lo zucchero, per la carne, gli insaccati, le farine bianche, i cereali raffinati, i formaggi. Se ne avessi voglia me ne nutrirei. Magari con moderazione vista la conoscenza di cosa rappresentano questi cibi, ma lo farei. L’essenza dell’igiene naturale è, tra le altre cose, riscoprire il gusto del cibo senza aggiunte di sali o zuccheri che ne alterano inevitabilmente il sapore, tornare a un gusto semplice, essenziale, a quello che era nostro.
Conoscere il cibo che ci fa bene e che ci fa male ci fa spostare l’attenzione dal nostro palato ai nostri organi tutti. Si iniziano a percepire nitidamente le necessità del nostro stomaco, del nostro intestino, dei nostri reni e se ne tiene conto come qualcosa di assolutamente prioritario. Si tratta di riscoprire di che cosa abbiamo davvero bisogno e realizzare che ciò di cui abbiamo bisogno non può non piacerci. Il punto è che ci siamo allontanati moltissimo da questo pensiero e tornare indietro è difficile, lento ma assolutamente possibile.
Se parliamo degli effetti di questo vero e proprio stile di vita ci accorgiamo che il nostro equilibrio è migliorato, che abbiamo bisogno di meno medicine, che abbiamo un diverso rapporto col dolore, che riusciamo a curarci, sempre più spesso, con il cibo, con la conoscenza, con la pazienza, con ciò che è naturale. Sentirci bene nel nostro corpo ci fa sentire bene, o almeno meglio, con ciò che è fuori di noi: la mente è più lucida, meno aggressiva, più aperta e disponibile agli altri. In altre parole cambiano molte delle nostre percezioni e ci accorgiamo quanto la nostra vita e il modo che abbiamo di intenderla e viverla dipenda dal cibo che mangiamo.
L’igiene naturale, di per sé, pensa all’individuo e a come può star bene alimentandosi in modo semplice e sano. Se invece volessimo fare un passo avanti pensando a questo stile di vita come completo, lungimirante e ancora più felice, allora dovremmo iniziare anche a chiederci da dove vengono i cibi che mangiamo, se sono a chilometro zero oppure no, se sono biologici oppure no, se produrli abbia significato sfruttamento di terra, di ambiente e di esseri umani oppure no. Significherebbe considerarci all’interno di un sistema che deve tenersi insieme, rispettarsi e conoscersi in ogni sua parte. Sarebbe un ulteriore e significativo passo avanti: quello verso un’igiene naturale autentica, completa, profonda e, finalmente, integrata.
La maggiorparte dei medici inizia soltanto a vietare questo e quello per precauzione, con una rigidità notevole, tanto che se come me sei seguito da più di uno specialista per diverse questioni ti trovi proprio in un percorso ad ostacoli che non tiene conto del tuo appetito, della tua soddisfazione, delle tue abitudini ma di un’astratta macchina-corpo-umano a prescindere da te-persona. Tanto a dover vivere come un asceta sei tu, mica il tuo medico che te lo dice (mio papà spesso diceva “un alcolista è uno che beve più del suo medico”, mentre ci sono gustosi aneddoti su psicologi che fanno discorsi sulla forza di volontà ai fumatori per poi stressarsi e fumare a fine colloquio. E i dentisti? Il mio ce l’ha coi cibi acidi e dice che vale solo per me perché ho i denti fragili. Sarà vero ma non mi piace che lui stesso si faccia due bicchieri di rosso a pasto e poi mi censuri la limonata…)
Il fatto è che, secondo me, finché si parla di forza di volontà ci sentiremo sempre frustrati e con un senso di insoddisfazione addosso. Quando non di fallimento vero e proprio che si ripercuote su tutto il resto. Sforzarsi significa che non è naturale per noi un certo determinato comportamento alimentare. Vivere come un asceta da come dici sembra come vivere in costante privazione di qualcosa che desideriamo. E’ proprio questo il punto che andrebbe superato. Si dovrebbe recuperare un equilibrio a monte, un’armonia tra tutti gli organi del corpo e una profonda conoscenza di ciò che personalmente ci fa bene e di ciò che ci fa male. Altri desideri, molto diversi, che si sostituiscono a quelli vecchi, un piacere differente, naturale, più vicino e più rispettoso del nostro corpo. Questo aiuterebbe molto a considerare quello che pensiamo sia privazione come semplicemente un’altra strada da percorrere, Ognuno, naturalmente, deve trovare la sua.
Ciao Marica, davvero un bellissimo articolo. Come dici tu alla fine la parola “rinuncia” non ha più senso. Io ad esempio non uso più lo zucchero ma per me non si tratta di una rinuncia. Io mi sento meglio e non ne sento il bisogno. Però a volte ad altre persone questo atteggiamento da’ fastidio…. A volte ti senti dire frasi del tipo: “Ma dai… goditi un po’ la vita… mangia questo… mangia quello……” E’ proprio qua l’errore… io mentre non mangio quella cosa che ritengo mi faccia male non è che vado in sofferenza ma sono contento e mi godo la vita. Detto questo anche io sono solo ad un punto del mio percorso… ogni tanto qualcosa che forse sarebbe meglio evitare la mangio…. ma il più delle volte lo evito e non è assolutamente un sacrificio…. anzi!
E’ bella la tua testimonianza, Roberto. Infatti sembra incredibile che ci si possa godere la vita senza farsi del male, quasi fosse una cosa assolutamente inevitabile. Invece io penso che non sia affatto così. Ci siamo molto allontanati dalla nostra alimentazione naturale, priva di cibi raffinati, senza cibo stracotto, fritto, elaborato, trasformato o trattato. E il nostro gusto è in un certo senso stato modificato tanto che qualsiasi cibo non ci piace più se non viene aggiunto di sale, zucchero o altro. Come se il nostro cibo, quello essenziale, quello per noi, quello adatto a noi non ci piacesse più, non lo riconoscessimo più.
Ci nutriamo solo secondo il gusto e il palato, difficilmente per noi, per stare bene e in salute, pensando non solo al palato ma anche al nostro organismo come qualcosa di intero, un insieme che si tiene e che deve essere preservato, mantenuto, considerato, tenuto con la massima cura.
Se non si fa un percorso di consapevolezza e di piacere in questo senso si considererà sempre la cosa in termini di rinuncia, gratificazione e godimento o non della vita.
Inoltre riscoprire i sapori dolci e salati della natura è qualcosa di incredibile. Ci si disintossica da tutto ciò che non è naturale e non c’è niente di più dolce e appagante di un piatto di frutta di stagione. Come Natura dice.
Tra l’altro, giusto per inciso, godere la vita non passa solo attraverso il cibo ma anche attraverso gli altri sensi. Non solo i 5 che conosciamo ma anche quelli interiori e profondi. E questo molti lo hanno dimenticato.
Ciao! Io, invece, direi che sei proprio sulla buona strada. Una strada tua di consapevolezza e conoscenza. Già arrivare a questo è un passo fondamentale. Tutte le strade personali sono diverse, difficilissime alcune all’inizio ma poi più semplici e piane. Altre piene di bivi e ostacoli. Non importa. Prendi la tua strada e mettiti in cammino.
🙂
Bellissimo articolo. GRAZIE. Corrisponde a un percorso interiore profondo che ha portato a modificare anche il rapporto col mondo. Provo una punta d’invidia perché personalmente mi sento “drogata” dello stile di vita assolutamente molto lontano dall’igiene alimentare che appare dalle tue parole così invitante e spontaneo. Purtroppo riesco a capire meglio ciò che ha provato la tua amica perché io mi sento “imprigionata” nelle abitudini di anni e anni di alimentazione sbagliata, godereccia, alcolica, carnivora….soltanto in questi ultimi 2 anni ho svoltato verso lo stile vegetariano perché non sopporto più il senso di colpa per le povere vittime animali. Ma anche qui mi è capitato di cadere e non saper resistere davanti ad una fetta di mortadella, sigh. Con conseguente senso di colpa! Non uso più zucchero bianco ma di canna a casa (ma mangio a volte gelati e dolci fuori). Al momento non riesco a fare di meglio perché effettivamente sono “intossicata” e il cambiamento mi appare inconsciamente come una rinuncia….