Partecipa al primo quiz in cui non si vince niente! Tranne, forse, il gusto di chiarirsi un pò le idee.
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2 risposte a “QUIZ: Distorsioni positive”
Le frasi in questione sono chiaramente riferibili, anche a quanto sta accadendo in questi giorni in Grecia. Che considero in sostanza un grande test non tanto sul futuro dell’Unione, ma su come possono comportarsi i grandi poteri economici transnazionali, che governano l’Europa, nei confronti di quei popoli che ancora pretendono(!) di decidere in qualche modo il loro destino da soli.
Non dubito che chi frequenta questo sito, abbia le idee sufficientemente chiare dal punto di vista economico; e che semmai a fargliele venire ci pensa di continuo il buon Andrea. Così che vorrei far riflettere i lettori su alcune cose, per capire come mai i gestori delle nostre Nazioni abbiano scelto di andare allo scontro frontale con la Grecia.
In primo luogo, anche chi sta pianificando a scala europea i destini dei popoli, ha bisogno di tanto in tanto di trovare cavie “per vedere l’effetto che fa”; e sceglie per questo, come logico, quei Paesi nei quali le capacità critiche dell’opinione pubblica sono meno formate; o quelli nei quali l’intera struttura sociale presenta delle frammentazioni condizionanti. In questo senso l’Italia c’è già passata, perché su di essa è stata applicata (con successo) la “strategia della rana bollita”: strategia che permette, anche se su tempi molto lunghi, di far passare qualsiasi cambiamento in negativo, in presenza di un’opinione pubblica distratta da falsi problemi, se non addirittura narcotizzata.
Ora è il turno della Grecia, coinvolta in maniera più brutale e cinica, perché più alta la posta in gioco: si vuol capire come reagisca un popolo gettato nel baratro di una povertà apparentemente senza ritorno, per piegarlo; usandolo al contempo come monito nei confronti degli altri popoli, se servisse anche extraeuropei.
Il primo messaggio che deve passare è: “Nessuno, nemmeno un popolo apparentemente sovrano, deve opporsi al volere dei gruppi di potere economico e finanziario transnazionali. Costi quello che costi e dovesse un intero Paese morire di fame, ciò non deve assolutamente accadere”.
Il secondo, strettamente correlato al primo, è più subdolo, relativo alla manipolazione politica dell’elettorato “in democrazia” e secondo me è forse il vero esperimento che stanno facendo sulla pelle dei Greci: il limite della democrazia rappresentativa – anche fuori dall’Italia – è il suo favorire l’irresponsabilità: nel senso che la colpa di una situazione negativa è sempre del Governo in carica; ed è noto come, all’interno di questo sistema, sia più facile il lavoro dell’opposizione: proprio perché può sfruttare “di rimessa” questo modo di pensare contro i Partiti al governo.
Ora, comunque vadano le cose, la Grecia uscirà molto impoverita da questa lotta; e non sarà quella che noi definiamo una “decrescita felice” – cioè un’uscita pilotata e in qualche modo serena dagli attuali modelli di consumo – ma povertà “dura e pura”: purtroppo la società ellenica mi sembra impreparata, ad affrontare il problema secondo logiche partecipative e alternative a questa economia.
Dunque, fermo restando che mantenendo al governo Samaras e le forze politiche europeiste, la Grecia non starebbe molto meglio di come starà in futuro, i gruppi di potere transnazionali sperano che la definitiva caduta nella povertà, avvenendo sotto il governo Tsipras, si ritorca contro quest’ultimo: spingendo i Greci non solo a votare per paura “sì” al prossimo referendum (questo risolverebbe in maniera molto più elegante il problema), ma in caso contrario a rivolgersi poi, per disperazione, a quelle formazioni politiche che riporterebbero questo Stato sotto il giogo Europeo.
Un meccanismo che vale assolutamente la pena di testare: per avere un’arma pronta nei confronti di tutte quelle altre aree europee che (per quanto in maniera disorganizzata e non senza cadere a volte in un nazionalismo basato su quelle stesse logiche consumistiche, che hanno prodotto l’attuale situazione), stanno provando a rialzare la testa contro questo progetto di “nuova servitù della gleba”, che l’Europa sta mettendo in atto già da due o tre decenni.
Me lo ricordo benissimo chi. E anche che lo disse con l’espressione più candida del mondo come se fosse una cosa semplice, normalissima e naturale… Come a convincerci che è giusto…
Le frasi in questione sono chiaramente riferibili, anche a quanto sta accadendo in questi giorni in Grecia. Che considero in sostanza un grande test non tanto sul futuro dell’Unione, ma su come possono comportarsi i grandi poteri economici transnazionali, che governano l’Europa, nei confronti di quei popoli che ancora pretendono(!) di decidere in qualche modo il loro destino da soli.
Non dubito che chi frequenta questo sito, abbia le idee sufficientemente chiare dal punto di vista economico; e che semmai a fargliele venire ci pensa di continuo il buon Andrea. Così che vorrei far riflettere i lettori su alcune cose, per capire come mai i gestori delle nostre Nazioni abbiano scelto di andare allo scontro frontale con la Grecia.
In primo luogo, anche chi sta pianificando a scala europea i destini dei popoli, ha bisogno di tanto in tanto di trovare cavie “per vedere l’effetto che fa”; e sceglie per questo, come logico, quei Paesi nei quali le capacità critiche dell’opinione pubblica sono meno formate; o quelli nei quali l’intera struttura sociale presenta delle frammentazioni condizionanti. In questo senso l’Italia c’è già passata, perché su di essa è stata applicata (con successo) la “strategia della rana bollita”: strategia che permette, anche se su tempi molto lunghi, di far passare qualsiasi cambiamento in negativo, in presenza di un’opinione pubblica distratta da falsi problemi, se non addirittura narcotizzata.
Ora è il turno della Grecia, coinvolta in maniera più brutale e cinica, perché più alta la posta in gioco: si vuol capire come reagisca un popolo gettato nel baratro di una povertà apparentemente senza ritorno, per piegarlo; usandolo al contempo come monito nei confronti degli altri popoli, se servisse anche extraeuropei.
Il primo messaggio che deve passare è: “Nessuno, nemmeno un popolo apparentemente sovrano, deve opporsi al volere dei gruppi di potere economico e finanziario transnazionali. Costi quello che costi e dovesse un intero Paese morire di fame, ciò non deve assolutamente accadere”.
Il secondo, strettamente correlato al primo, è più subdolo, relativo alla manipolazione politica dell’elettorato “in democrazia” e secondo me è forse il vero esperimento che stanno facendo sulla pelle dei Greci: il limite della democrazia rappresentativa – anche fuori dall’Italia – è il suo favorire l’irresponsabilità: nel senso che la colpa di una situazione negativa è sempre del Governo in carica; ed è noto come, all’interno di questo sistema, sia più facile il lavoro dell’opposizione: proprio perché può sfruttare “di rimessa” questo modo di pensare contro i Partiti al governo.
Ora, comunque vadano le cose, la Grecia uscirà molto impoverita da questa lotta; e non sarà quella che noi definiamo una “decrescita felice” – cioè un’uscita pilotata e in qualche modo serena dagli attuali modelli di consumo – ma povertà “dura e pura”: purtroppo la società ellenica mi sembra impreparata, ad affrontare il problema secondo logiche partecipative e alternative a questa economia.
Dunque, fermo restando che mantenendo al governo Samaras e le forze politiche europeiste, la Grecia non starebbe molto meglio di come starà in futuro, i gruppi di potere transnazionali sperano che la definitiva caduta nella povertà, avvenendo sotto il governo Tsipras, si ritorca contro quest’ultimo: spingendo i Greci non solo a votare per paura “sì” al prossimo referendum (questo risolverebbe in maniera molto più elegante il problema), ma in caso contrario a rivolgersi poi, per disperazione, a quelle formazioni politiche che riporterebbero questo Stato sotto il giogo Europeo.
Un meccanismo che vale assolutamente la pena di testare: per avere un’arma pronta nei confronti di tutte quelle altre aree europee che (per quanto in maniera disorganizzata e non senza cadere a volte in un nazionalismo basato su quelle stesse logiche consumistiche, che hanno prodotto l’attuale situazione), stanno provando a rialzare la testa contro questo progetto di “nuova servitù della gleba”, che l’Europa sta mettendo in atto già da due o tre decenni.
Me lo ricordo benissimo chi. E anche che lo disse con l’espressione più candida del mondo come se fosse una cosa semplice, normalissima e naturale… Come a convincerci che è giusto…