Ciao Tiziana, ciao Matteo. Grazie innanzitutto per aver accettato questa intervista.
DOMANDA. Nel post che ho scritto a caldo per commentare la mattinata dello scorso 20 febbraio, in cui avete organizzato per le scuole superiori di Pavullo (Modena) la proiezione del docu-film “Domani” corredata da un mio intervento e dalla testimonianza di due produttori locali, vi ho definito “eroi”. Vi sentite tali?
MATTEO GUALMINI. No, eroe proprio no. Quando penso ai miei eroi penso a Goldrake e Mazinga, a qualcuno che ha dei poteri straordinari… e in questo non mi ci ritrovo. Figurarsi poi se mi dovessi sentire tale solo per aver organizzato un evento di approfondimento/dibattito per i miei ragazzi. Anche se la domanda volesse più precisamente intendere se mi sento un eroe nell’ aver proposto un’attività del genere nella scuola, risponderei comunque di no, perché conosco diversi colleghi che a modo loro e con grande passione cercano di sviluppare con i ragazzi temi come i cambiamenti climatici e il risparmio energetico. Non credo di aver fatto pertanto nulla di straordinario… quindi, almeno per questa volta, niente “eroe”.
TIZIANA TAGLIAZUCCHI. Per niente. Eroi sono i genitori che attraversano il mare su un gommone in fuga dalla guerra e in cerca di una speranza di futuro, i medici che operano sotto i bombardamenti… Loro sono eroi. Io sono una persona fortunata. Lo so bene. E l’ho capito bene durante il tuo intervento, davanti a quelle quattro domande su quello che faccio ogni giorno: Mi piace? Sono brava a farlo? Vengo pagata per farlo? Serve al mondo? Le mie risposte sono state: Sì! Sì! Sì! Sì! Sì, perché le mie molteplici passioni – la letteratura, lo yoga, solo per citarne alcune – mi danno da vivere. Cioè, io ogni giorno, a scuola o nella mia associazione culturale, faccio proprio quello che mi piace. In più, e questo è il bello, quello che faccio non me lo tengo per me, ma sento che serve ad aumentare il livello di consapevolezza e di benessere delle persone. E, alla fine, quello che ho dato mi torna indietro moltiplicato. Ti pare poco? Quindi non sono un’eroe o un’eroina che dir si voglia. Sono una persona fortunata. Molto fortunata.
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Qual è il maggiore ostacolo che impedisce oggi alla scuola di scardinare i paradigmi di pensiero che ci stanno ingabbiando da oltre due secoli? Sto pensando a dogmi come quello della crescita ad ogni costo, a quello del libero mercato come panacea di tutti i mali, all’omologazione culturale…
Onestamente avrei preferito una domanda meno impegnativa, devo fermarmi un attimo a riflettere, beh… forse alla scuola di oggi manca la capacità di attuare una “didattica dello stupore”, cioè di riuscire a trasmettere non solo saperi destinati ad essere riprodotti ma piuttosto saperi che possano rispondere alle domande degli studenti, alle domande del loro tempo, e pertanto stupirli, coinvolgerli e generare in loro nuovi desideri di scoperta. Il piacere della scoperta credo possa essere una fantastica terapia al nichilismo serpeggiante, in primo luogo perché è un modo per ri-scoprirsi come persone, individuare ciò che ci fa star bene e per cui valga la pena spendersi, in secondo luogo perché è gratuito e pertanto sradica la logica moderna che possa produrre piacere solo ciò che possiede un valore economico. Queste mi sembrano poi buone basi su cui fondare scelte importanti e coraggiose per sé stessi e contro logiche condizionate, per riuscire a decostruire stereotipi e sviluppare il proprio senso critico.
Guarda, la scuola in sè come istituzione – con la sua burocrazia, le sue riforme, i programmi ministeriali… – è un contenitore vuoto. Quello che conta sono le persone che ci metti dentro. Quello che conta veramente è che io ogni mattina ho davanti a me gli occhi, il cervello, il cuore di settanta ragazzi. Qualcuno dorme e dormirà per sempre, ma qualcuno si sveglia e tanti lo sono già svegli, con le loro domande, i loro entusiasmi, le insicurezze, le paure. L’importante è non tradirli e non deluderli, perché in quel momento è come se ci fosse un varco aperto e può accadere di tutto: non hai idea di quanto possa essere rivoluzionaria un’ora di lezione. Può letteralmente cambiarti la vita. Quindi, se io, come insegnante, sono una persona omologata che vive la scuola come una sequenza di adempimenti burocratici e considera gli studenti pappagallini da ammaestrare, contribuirò a creare studenti, cioè futuri cittadini, omologati. Ma se coltivo la loro curiosità, fino a renderla insaziabile, se li abituo a non accontentarsi delle risposte di chi non si pone domande, se li educo a vedere il mondo da punti di vista inconsueti, scomodi e pure faticosi, ecco che avviene il miracolo. L’hai visto tu stesso, lunedì. L’hai sentito nelle parole di chi ti ha detto: “Cosa posso fare, io? Mi dicono di aspettare e diventare grande, ma io voglio farlo adesso!” Questi sono ragazzi che non cascano nella prigione comoda e rassicurante dei dogmi. Questi sono ragazzi affamati di verità, tutti intenti a succhiare il midollo della vita, come diceva qualcuno che ben conosciamo.
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Come hanno reagito i ragazzi, la mattina dopo? Personalmente, durante la mattinata ho registrato tre sentimenti sopra a tutti gli altri: apprensione, impazienza, entusiasmo. Un mix affascinante e capace di infondere molto, molto ottimismo. Che idea vi siete fatti, parlando con loro?
Come spesso accade nel nostro lavoro sono i ragazzi a stupirci. Il giorno seguente alla mia più banale domanda “Come vi è sembrata la giornata di ieri?” ho avuto la piacevole sorpresa di non sentirmi rispondere mai “bella”, espressione che avrei ritenuto banale e di scarso significato. Le risposte sono invece state “Interessante”, “Mi ha aiutato a riflettere”, “Non immaginavo che…”, “Ma è proprio vero che…”, “Ma secondo lei…”. Da insegnante non potevo pretendere di più, aver proposto una attività impegnativa, su temi non certo accattivanti, ma che ha colto nel segno. Non so se ha fornito risposte, ma certamente ha posto problemi e attivato domande. I ragazzi mi sono sembrati molto più capaci di mettersi in discussione di quanto non lo facciamo noi adulti, e in questo concordo con te nel vederci un grande segno di speranza.
I feedback dei ragazzi sono stati fantastici! Abbiamo passato la mattina del giorno dopo a rielaborare l’esperienza. Quante domande! Ma quante azioni! C’è un gran subbuglio nelle loro vite: chi ha passato il pomeriggio a documentarsi sulla bioeconomia e ha capito cosa vorrà fare, e essere, da grande; chi non è più così sicuro di iscriversi a ingegneria; chi ha comprato bidoni colorati per fare la raccolta differenziata, chi a cena ha indetto una riunione familiare per cambiare stili di vita; chi (e sono tanti) vuole coltivare un orto, fare compostaggio, mangiare bio, bere acqua di rubinetto, diventare vegetariano… Pensa, una ragazza di sedici anni mi ha detto: “Non mangerò più carne di bovini, perché il loro allevamento produce troppa CO2:” Capisci? Sono già andati avanti da soli, hanno già autonomamente rielaborato gli input ricevuti. Noi siamo qui a parlare e loro fanno.
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Come intendete dare continuità a questa sacrosanta opera di sensibilizzazione sociale, ecologica ed economica?
A dire il vero le idee sono tante, come dalla più banale di cambiare in corso d’opera un pezzo della mia programmazione didattica per potere sviluppare meglio alcuni temi affrontati insieme, oppure dal tentativo di portare a scuola un evento del Green Social Festival o dal proporre una lettura estiva ai ragazzi su queste tematiche al posto dei soliti compiti estivi mal digeriti. La cosa bella però è che non mi sento solo in questa opera di sensibilizzazione. L’iniziativa ha attivato anche altri insegnanti sensibili alle tematiche trattate è proprio da loro sono arrivate in questi giorni alcune proposte innovative e affascinanti, come quella di realizzare un prototipo di “orto urbano”. Dov’è? Sfruttando le fioriere e aiuole spoglie all’ingresso della scuola e magari realizzandone altre con cassette o contenitori riciclati da disporre sui gradoni esterni alla scuola così da renderli visibili anche ai genitori e alla cittadinanza che, speriamo incuriosita, si fermi a leggere qualche cartello opportunamente predisposto. Vedremo se riusciremo a realizzarlo… e mi vien da dire che se son cipolle… cresceranno!
Il fermento dei ragazzi aleggia nella scuola, anche tra i professori. Si sta pensando di trasformare in orti le fioriere all’ingresso della scuola e Matteo sta lavorando al progetto di una serra alimentata col fotovoltaico. Io vorrei finalmente riuscire a far rifornire i distributori automatici con prodotti Fair Trade, anziché con il solito junk food prodotto dalle solite multinazionali. Per questo lunedì, durante la pausa, abbiamo distribuito come merenda ai ragazzi cioccolate del Commercio Equo e Solidale: un modo concreto per dire che mangiare bio e etico è facile e buono. Perché, come diceva Galeno, siamo quello che mangiamo. E se mangiamo schifezze, siamo schifezze, a tutti i livelli. Sono tutti piccoli gesti, ma, lo sappiamo, la somma di piccoli gesti produce grandi risultati. L’importante, come dice Alessandro Bergonzoni, è “fare nesso”, perché… quando mi inginocchio per allacciarmi una scarpa per strada, sto facendo nesso con un siriano che si inginocchia per evitare i colpi di un cecchino“. In altre parole, è la forza della “umana catena” di cui parlava Leopardi, come ben sanno i miei studenti. Insomma, bisogna sentire che anche la più piccola e insignificante azione è parte di un sistema complesso e per questo gravida di conseguenze. E poi… è sempre meglio accendere una candela, piuttosto che maledire le tenebre!
Grazie di cuore, alla prossima!
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