Scatole di cioccolatini

Non esiste la versione migliore di sé, né la scelta giusta. Non siamo equazioni da risolvere, ma esseri umani in grado di fare esperienze. La chiave è provare a pianificare non il futuro, ma i futuri. Al plurale. Tentare una sintesi per ridurli a delle alternative. Una delle quali sia la più selvaggia: bisogna domandarsi cosa si farebbe se nessuno ci giudicasse, se nessuno ridesse di noi. (Dave Evans)

Ben oltre le idee di Giusto e Sbagliato c’è un campo: ti aspetterò laggiù. (Rumi)

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LLHT non è mai morto perché forse, tecnicamente, non è nemmeno mai nato. Di fatto, LLHT altro non è stato che la emulsione cognitiva ed emotiva di una variegata insofferenza del suo autore per la deriva sociale, professionale ed economica che stava prendendo (e ha poi definitivamente preso) la modernità.

L’ultimo post di LLHT, risalente al dicembre 2018 (quindi oltre due anni e mezzo fa), è stato un commiato… tiepido. Come se mancasse ancora qualcosa. In quel post – ricordo come se lo avessi scritto stamattina – richiamavo con affetto essenzialmente due cose:

  • Le dodici persone che, durante gli anni di vita del blog, e dopo avermi incontrato in uno dei miei tanti interventi pubblici che ne erano scaturiti (presentazioni, workshop o seminari), avevano Scelto di afferrare con entrambe le mani la propria vita e – assumendosi in molti casi qualche rischio – avevano deciso di imboccare il sentiero meno battuto, smettendo di essere quello che facevano e cominciando a fare quello che erano (e riconoscendomi, per questo, qualche merito). Quelle persone, in sostanza, avevano capito che il successo, in fondo, è soltanto un participio passato.
  • ll profondo Significato che – per me e per altri come me – nel 2017 aveva rappresentato un’esperienza come RICERCATI. Al di là di quello che RICERCATI era stato e (fortunatamente) è recentemente tornato ad essere, nella mia storia personale quel weekend ha rappresentato la più grande e pesante “pagina svoltata” di tutta la mia vita. Non è esagerato, come cercherò di spiegare fra un attimo, affermare che la mia vita si sia divisa in due parti: quella prima e quella dopo quel weekend del 13-14 maggio 2017. Anche per questo motivo, in quell’ultimo post di LLHT avevo scolpito – di getto – queste parole:

Alcuni ci sono ancora, ma non si vedono.
Qualcuno si vede, ma non c’è ancora.
I più tenaci ci sono, si vedono e si sentono.

In quel maledetto e benedetto weekend di plenilunio, abbiamo attivato connessioni profonde, oltre gli oceani del tempo.

Ma noi siamo adesso capaci di ostentare cicatrici esibendo un sorriso. Siamo capaci, all’occorrenza, di trasformarci in lupi. Siamo persino capaci di fiutare e riferire, dietro lo sguardo silenzioso di una commensale, mari in tempesta che nessun altro vedeva. Siamo capaci di sincronizzare inquietudini affini. Siamo capaci di carezze e di artigli. Siamo capaci di tremare per l’ebbrezza di prospettive inconfessabilmente possibilitanti.

Noi oscilliamo da allora tra una condizione di fuggitivi e una di esploratori. Le paure dei fantasmi, o di ciò che potremmo trovare, sono sedate da cuscini di muschio. Perché le risposte, domani come sempre, arriveranno solo da quel bosco.

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Nei suoi quasi sette anni di vita, il progetto editoriale e divulgativo Low Living High Thinking ha co-generato:

  • 385 post.
  • 2’540 commenti. Una media – impressionante! – di oltre 6 commenti per ogni post: ricordo ancora oggi dei thread incredibilmente articolati e non leggibili (per profondità e speculazione intellettuale) in nessun’altra testata editoriale italiana, salvo qualche red-pill blog che ogni tanto sbucava qua e là.
  • Due libri.
  • L’apertura del mio blog su Il Fatto Quotidiano.
  • Nell’arco di tre anni, un centinaio di eventi pubblici in tutto il Centro-Nord.
  • Tre collaboratori fissi (Cristiana, Enrico e Marìca), più altri che andavano e venivano.
  • Il post più letto di sempre (furono stimate 2.7 milioni di letture), sul tema delle scelte di vita a fronte della follia del modello di vita-lavoro contemporaneo: Due terzi schiavo, poi confluito anche nel mio secondo libro, a cui ancora oggi molti sedicenti downshifter si ispirano (ovviamente senza citarne l’autore).

Sala Truffaut (Marzo 2017)

Ma perché, dopo due anni e mezzo di totale letargo, LLHT produce ancora questo ultimo sussulto?

Per due motivi.

Il primo motivo, tutto sommato didascalico, è che in questi due anni e mezzo il blog ha comunque continuato a polarizzare interesse: proprio poco fa, guardando distrattamente le statistiche di WordPress, ho scoperto che in questi trenta mesi il blog ha comunque accolto una media di circa 300 visite e 200 visitatori unici mensili, registrando circa un nuovo follower al mese. Non sono un esperto di web-analytics, ma il mio fiuto mi induce a ritenere che un po’ di passaparola, comunque, ci sia sempre stato.

Esemplare femmina di lupo

Il secondo motivo, invece, è quello importante. Ed è quello che, proprio come accadeva nel 2012, mi porterà a una piccola fibrillazione dell’indice, quando si tratterà di cliccare Pubblica. La sincerità, si sa, non sempre paga interessi. Fino a quel weekend del 2017, infatti, LLHT si era sempre nutrito di una totale e disinteressata trasparenza. Da parte mia nei confronti dei lettori (che erano arrivati a superare le 5’000 unità) e viceversa. Ebbene. I più perspicaci di quei lettori si saranno accorti, tra la metà del 2016 e la metà del 2017, di uno strutturale… cambio di passo, sia in termini di registro stilistico, che di contenuti veri e propri. Pur nella (per me) sorprendente sequenza, proprio in quei mesi, di quelli che sarebbero diventati i post più profondi e apprezzati di sempre (che si trovano alle voci 2016 e 2017 del menu Best Of), il blog ha progressivamente smesso di parlare di me in prima persona, per traslare da una dimensione introspettiva all’analisi fenomenologica del cambiamento in termini sistemici e impersonali. Abbandonavo insomma la testimonianza, per disimpegnarmi nella diagnosi sociologica.

In altre parole, senza dirlo a nessuno (e forse nemmeno a me stesso), avevo cominciato a indossare la maschera del sedicente intellettuale, col vero e inconfessabile scopo di camuffare il mio vero volto e la mia vera anima, in quanto scavati e lacerati dal dolore di quegli ultimi dodici mesi. Tuttavia, nel mio cuore sentivo di avere interrotto un rapporto, quello con il mio “piccolo grande pubblico” a cui, fino a quel momento, avevo sempre detto più o meno tutto. Un pubblico composto spesso da eroi, sconosciuti e lontani, che però mi raggiungevano – spesso macinando decine o centinaia di chilometri – alle presentazioni dei miei libri, ai miei workshop di bioeconomia, ai miei Uffici di Scollocamento. Piccoli grandi eroi che però, a un certo punto, e senza alcun preavviso o spiegazione, sono stati improvvisamente tenuti all’oscuro del perché di quel “cambio di passo” e – di lì a qualche mese – addirittura dello spegnimento del blog. Ora cerco di rimediare, anche se – ripeto – non è facile.

Fui invitato a parlare al SANA di Bologna, ricordo, nel settembre del 2016. La sala era gremita. Di fianco a me, fortunatamente, c’era il mio Amico (e coautore del libro che presentavamo) Paolo Ermani. Che – sperando di scuotermi e aiutarmi – mi ci aveva quasi trascinato per i capelli. Mio padre era morto improvvisamente poche settimane prima. Se n’era andato ad appena 66 anni, nell’arco di una settimana, tra il 12 luglio e il 19 luglio di quell’anno maledetto. All’epoca ero disoccupato, avevo una moglie e una figlia di diciotto mesi e una voragine che si stava squarciando sotto di me. Alcuni mesi dopo, mia madre ebbe il primo ictus. E poi, proprio il lunedì successivo a quell’unica edizione di RICERCATI, il secondo (ben più serio). Si è salvata, per fortuna. Ma non mi sono salvato del tutto io. Nel senso che, dopo una manciata di settimane, ci fu anche la separazione. Il tutto, in poco più di dodici mesi.

Rimasi in piedi solo grazie a un paio di persone, che non intendo nominare.

Piuma nel vento

In quei mesi del 2017 successe un’altra cosa, che avrebbe impresso alla mia vita una nuova e profondissima svolta per i successivi quattro anni e che, insieme a quelle persone che mi tesero una mano, mi ha consentito di restare dignitosamente a galla: obbedendo a un istinto sconosciuto, contattai il MoVimento 5 Stelle per mettermi a disposizione di quel progetto, che avevo sempre considerato prepolitico e in cui avevo creduto dall’inizio. Grazie a un cv e alle mie intuizioni sul futuro oggettivamente non ordinarie, fui mandato prima al Parlamento Europeo di Bruxelles e poi, dopo la strepitosa vittoria elettorale alle Politiche del 2018, fui richiamato a Roma.

Moon Patrol | Retro Gamer

Moon Patrol

Non ho mai parlato di questo periodo. Né lo farò ora. Innanzitutto, per rispetto del MoVimento, che aveva creduto in me al punto da affidarmi un incarico piuttosto delicato. E poi perché la persona che – vestendo le mie sembianze – si era insinuata nelle pieghe del palazzo non era più la stessa persona di metà 2016: quella persona conservava ovviamente un’integrità morale e un furore visionario certamente fuori dal comune, ma la sua lucidità di intenti, scarnificata dal dolore che stavo elaborando, si aggrappava soltanto a un esoscheletro di competenze specialistiche che tuttavia, in quell’ambiente, erano necessarie ma non sufficienti. In altre parole, mi ero consapevolmente ridotto a un qualificatissimo ingranaggio del motore, ma sentivo di non essere più quel propellente del suo carburante che avrei potuto essere solo dodici mesi prima. Per chi ha visto Top Gun, l’immagine è quella di Pete Mithcell (Maverick) dopo la morte dell’amico Goose…

Top Gun 2: ecco chi sarà il figlio di Goose - NewsCinema

Anthony Edwards (Goose) e Tom Cruise (Maverick)

La vita è questa. E, quando meno te l’aspetti, ti insegna che la scelta di dove muovere il segnalino la fai certamente tu, ma i dadi li lancia sempre qualcun altro.

Ecco. Questo post è davvero l’ultimo del blog. Che, adesso, può finalmente morire in pace.

Ora il mio cuore tornerà leggero. Parlavo di questa pesantezza, in questi giorni, con una persona che sa leggermi più di chiunque altra. Sentivo il bisogno di “vuotare il sacco”. Lo avvertivo come un debito di riconoscenza. Sei improvvisamente sparito, dicevo a me stesso, senza aver detto niente a nessuno: questo – ora posso confidarlo – mi pesava parecchio. Ma lo so bene: questa potrebbe forse essere letta solo come la fottutissima presunzione, da parte mia, che a qualcuno interessi qualcosa dei fatti miei. Ma la lettura non è così semplice: come ho scritto prima, LLHT si era sempre nutrito di trasparenza, restituendo trasparenza a tutte le persone che negli anni gli si erano avvicinate, condividendo – con me e con i suoi coautori – emozioni, intenzioni e progettualità. Ebbene, questa (enorme) zona d’ombra si era progressivamente trasformata in una pesantissima zavorra. Se servono a qualcosa, vi faccio anche le mie scuse. Ma adesso siamo nuovamente qui per voltare pagina! 🙂

Perché oggi, lo sapete, c’è RICERCATI ®. Che di LLHT è la naturale, luminosa e inevitabile evoluzione. Insieme a un gruppo di vecchi e nuovi compagni di strada, vi aspetteremo laggiù. Ma non semplicemente per parlare di trasformazioni. No. Per trasformarci.

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