L’11 settembre della Chiesa? (parte 2)

Sarebbe per me ora facile, molto facile approfittarne! Come infatti qualcuno ha brillantemente e tempestivamente già fatto, sarebbe fin troppo semplice, proprio adesso, “capitalizzare” il gesto del Pontefice, “tirandolo per la giacchetta” e assoggettandolo così – più o meno ironicamente – al postulato centrale di questo stesso blog… (Ricordate infatti le recentissime e spigolose dissertazioni sulla costruttiva abitudine alla rinuncia?)

In altre parole, sarebbe fin troppo scontato, adesso, sfruttare la scelta del Pontefice per ascriverla ad una precisa volontà di “distacco” da alcuni, insostenibili e nocivi paradigmi esistenziali della contemporaneità, esattamente come ammoniscono le scuole di pensiero care ad LLHT, come quella della Decrescita o, più in generale, del “sapiente ritiro” (anche detto downshifting). Qualcuno ( che sicuramente mi sta leggendo e a cui vanno le mie congratulazioni 😉 ) ha commentato, a poche ore dall’evento, che il “Papa si era scollocato“! Credo che, al di là della drastica semplificazione, il paragone sia estremamente arguto e, in ogni caso, divertente. Ma non è della “vita low” che attende ora Joseph Ratzinger, che vorrei parlare. Mi preme invece di più, come dicevo, provare a capire con voi il significato che questo messaggio potrebbe rappresentare per la Cristianità e, indirettamente, per chi vi si confronta.

Proviamo a procedere per punti…

Primo. Nella sua pagina di benvenuto, LLHT si presenta citando un passo da un vangelo apocrifo. Già dal titolo, inoltre, questo stesso post insinua il sospetto che la rinuncia di Ratzinger al suo Pontificato possa equivalere, per la dirompente portata del messaggio, a un secondo “11 settembre” (in effetti, è stato un altro “undici”…). Credo che questi due aspetti siano sufficienti per dissipare ogni dubbio circa un mio cieco ed acritico appiattimento sulle posizioni della Chiesa: sono infatti io il primo a voler tenere ben distinto il messaggio cristiano (in cui ho sempre, profondamente creduto) dalla struttura terrena deputata a perpetuarlo e diffonderlo (la Chiesa, appunto).  Detto questo, devo però anche confessare che, proprio per il carisma intellettuale che Ratzinger ha sempre espresso, la sua decisione ha destato in me un disorientamento, momentaneo ma radicale, che non sperimentavo, appunto, da quando il volo UA175 si è interrotto in mondovisione dentro la Torre Sud del WTC.

Secondo. Trovo, sia nelle risposte dei lettori di LLHT che nel confronto diretto con amici e conoscenti, una tripartizione abbastanza netta delle possibili interpretazioni della scelta dell’ex-Papa. Provo a spiegarmi meglio. Tutto nasce da una domanda assai scontata: perché?

Mi sembra di capire che le posizioni di chi si è cimentato in un tentativo di risposta a questa domanda siano sostanzialmente riconducibili a tre:

  1. Teoria “complottista”: gli altri hanno deciso per Lui
  2. Teoria della “umanità” del Papa: Lui ha deciso per Lui
  3. Teoria del “messaggio” (o della evangelizzazione): Lui ha deciso per gli altri

Personalmente, escludendo sia dietrologie e improbabili speculazioni alla Dan Brown, sia semplificazioni che – sebbene suffragate dalla “ufficialità” e dai media – ascriverebbero tale scelta a fattori biologici, quali appunto la vecchiaia e la stanchezza, tendo a identificarmi (piuttosto nettamente) nella terza posizione. Quella cioè che attribuirebbe il gesto del Pontefice a un preciso intento provocatorio e, conseguentemente, evangelizzante.

Questa mia convinzione è anche e soprattutto riconducibile al fatto, assolutamente non trascurabile, che Benedetto XVI è stato, oltre che un (ex) Papa, un raffinatissimo teologo: mi riferivo proprio a questo, quando infatti parlavo del rischio che la Conoscenza, quando si sublima nell’Essenza, collassi e imploda.

Voglio anche naturalmente sperare che, come ho fatto io, i tanti (troppi?) detrattori di Benedetto XVI si siano presi la briga, prima di criticarlo, anche di… leggerlo. Non posso certo vantare una cultura su queste materie granché vasta. Ma la lettura – in questi anni – del saggio “Senza radici” (risalente al periodo cardinalizio) e della seconda enciclica “Spe Salvi” mi consentono di testimoniare con relativa tranquillità che l’intelligenza e la sapienza dottrinaria di Joseph Ratzinger non lo collocano “soltanto” nella ristrettissima schiera dei Pastori di Dio, ma lo iscrivono di fatto nelle fila dei più autorevoli esponenti di un pensiero critico, ragionato e tutto rivolto alla effettiva declinabilità terrena di un catechismo ormai sempre più avulso dalle prassi contemporanee.  Tutto questo giro di parole per dire, molto semplicemente, che Joseph Ratzinger è capace di incarnare – per chi ha l’ardire di spingersi oltre le apparenze e le semplificazioni imposte dal merchandising liturgico – la sintesi perfetta di Fede e Ragione, sapientemente incastonate in una ragnatela di criticismo dottrinario proiettato alla Conoscenza.

Joseph Aloisius Ratzinger è troppo colto, troppo intelligente e troppo lungimirante per “ridurre” la portata di questa sua scelta ad una dimensione esclusivamente contingente, terrena ed umana. C’è sicuramente dell’altro. Ma… che cosa?

Giovanna individua un possibile insegnamento di “umiltà”, virtù che – giustamente – ritiene sconosciuta e assai poco praticata. Paola apre le porte ad una fase di nuovo e radicale “ripensamento” dello stesso messaggio cristiano, all’insegna di una sacralità terrena ma comunque salvifica. Marica ribadisce il tema del Papa downshifter. Simone auspica e preannuncia una nuova rotta per la Chiesa, meno schiava di istanze conservatrici e più proiettata all’innovazione. Alberto, mosso da un razionale scetticismo, difende il “diritto della scelta”, puntando il dito contro la degenerazione temporale del paradigma cristiano. Michel, riproponendo la manifesta corruttibilità del clero, sancisce la fine della Chiesa. Marco infine, cogliendone la dimensione biologica, riprende il tema dell’umiltà e della laicità della scelta.

Terzo. Facendo tesoro di queste interpretazioni – che mi hanno aiutato tantissimo a farmi un quadro più chiaro e oggettivo della situazione – la mia personalissima interpretazione risulta… spietatamente iperbolica. Joseph Ratzinger, che ha impostato sia la sua missione dottrinaria che quella pastorale sulla condanna senza appello del relativismo etico, ha dissolto ogni ambizione assolutistica del suo sommo mandato nell’estremo, rassegnato e inevitabile ripiegamento verso il basso. La Via, la Verità e la Vita sembrano dunque risiedere, autenticamente, umilmente e definitivamente… qui.

La ricerca dell’infinito (addirittura la sua sfiorata sperimentazione) conduce inevitabilmente alla piacevole e rassicurante (ri)scoperta della nostra… finitezza. Cioè della sua irrisolta, ma rigenerante… relatività.

Buon cammino…

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9 risposte a “L’11 settembre della Chiesa? (parte 2)

  1. La tua interpretazione è particolarmente stimolante. Inutile dirti che è (teologicamente) particolarmente intelligente. Il paradosso fa parte integrante del credo cristiano: la terrenità, e il suo essere limitato, è una scelta divina, nel mistero stesso dell’incarnazione del Verbo eterno. La Chiesa Santa e peccatrice è la manifestazione di questa impossibile unità. Per questo non concordo sull’ultima tua affermazione: non si scioglie l’enigma. Rimane tragicamente ( vedi l’agonia di Giovanni Paolo II ) unità.

    • Grazie dei complimenti, ma mi sono limitato a fare ciò che ci distingue dagli animali: cioè… pensare (in effetti, molto “high” stavolta ;-)).

      Nel merito, tuttavia, il nostro rapidissimo confronto credo faccia emergere l’eterna contraddizione, nonché la reciproca inammissibilità, tra Fede e Ragione.
      Sforzandomi infatti di accettare quanto affermi (“non si scioglie l’enigma”), si dovrebbe allora ammettere che Joseph Ratzinger ha rappresentato (cosa che non credo) un drastico fallimento per la Chiesa, assai più dirompente del progressivo svuotamento delle chiese la domenica (tendenza empirica, terrena e quindi, volendo, del tutto reversibile).
      Qualcuno ha detto che, se la Chiesa fosse una Società per Azioni, il suo Amministratore Delegato avrebbe dovuto andarsene dopo poche settimane! Su un piano teologico, invece, credo che l’ex-Pontefice abbia imperdonabilmente violato il dogma (inconfessabile) che Fede e Ragione si debbano vicendevolmente escludere. Ratzinger aveva invece legittimato, testimoniandola con la sua vita, la possibilità di affidare (anche) alla Conoscenza l’avvicinamento a Dio. Poi, in extremis, è quasi come se avesse detto: “No, mi sono sbagliato. Invece non è possibile: o si crede senza pensarci, oppure, se ci si pensa troppo, si finisce per non crederci.” (perdonami la brutale semplificazione)
      Che, in altri termini, significa: o l’enigma non è sciolto (e allora Ratzinger è stato un intralcio), oppure l’enigma è invece stato sciolto (e allora Ratzinger è stato per la Chiesa una piccola, grande… disgrazia).

      Mi sbaglierò, ma – considerando la posta in gioco (e l’ovattato silenzio di questi giorni) – ho la sensazione che questa vicenda non sia finita qui.
      Sarà sufficiente una sbrigativa archiviazione della questione per cancellare il messaggio? Proprio oggi, Joseph Ratzinger sembra rassicurare tutti quanti: “Me ne starò nascosto al mondo“. Comunicazione di secondo livello per… garantire che non darà più alcun fastidio? E’ sufficiente una vita “low” per inibirsi dal pensare “high”? Ho qualche dubbio…

      Scusandomi infine con tutti i lettori che, diversamente da me, hanno reagito a questo evento in modo meno destabilizzante, direi – lasciando naturalmente a Giovanna il diritto di replica – di chiudere qui la discussione e di tornare al più presto ai temi “canonici” di LLHT! 😉

      A presto,
      Andrea

      • Esiste un piccolo libro che, credo, non legge più nessuno. Si chiama Timore e tremore, di Kierkegaard, e narra la vicenda di Abramo. L’autore si chiede cosa ha provato Abramo al comando di Dio. La conclusione di Kierkegaard è che la fede è impossibile. Umanamente parlando, se non fosse un dono, sarebbe irraggiungibile. Forse la risposta ai dubbi che hai espresso è tutta qui : sappiamo veramente cos’è la virtù teologale che ha nome “fede”? Tu proponi un serrato ragionamento cartesiano: ma siamo sicuri che sia adatto in questa materia? concordo sul fatto che questa vicenda non è finita qui: avrà tante e tali ripercussioni che, nella mia speranza, l’anno della fede ( così ha voluto il Sommo Pontefice: che quest’anno tutti noi riflettiamo su cosa significa, per la nostra vita, la fede) sarà veramente una presa di coscienza, forse, finalmente, chissà su cosa è Fede.

        • Hai ragione, non è una replica: è il MIGLIORE contributo che potessi attendermi!
          Non aggiungo altro: hai toccato la corda giusta (almeno per la mia mente così finitamente… razionale), individuando persino il “messaggio” che Ratzinger potrebbe davvero aver voluto lanciare.
          Grazie

      • Complimenti per il Blog e il dibattito.

        Sono abbastanza d’accordo con Giovanna (strano no?), ma aggiungerei comunque un’ipotesi “umana” (ancora una volta le due interpretazioni non sono incompatibili): cioé il fatto che Ratzinger ha vissuto fino in fondo la sofferenza (direi quasi il martirio) di Giovanni Paolo II e che quest’esperienza potrebbe aver lasciato delle tracce. Stanco e forse malato, potrebbe non aver desiderato (non solo per se stesso, ma forse anche nell’interesse della Chiesa) fare lo stesso cammino del suo predecessore

        • Grazie dei complimenti e benarrivato su LLHT!
          Quanto alla (non solo) tua interpretazione, credo che – sebbene convenga anch’io che le ipotesi 2 e 3 non siano fra loro incompatibili – Ratzinger sia persona troppo colta, intelligente e lungimirante per ascriverne la scelta alla sola “ipotesi 2”, ben sapendo a quali dirompenti effetti avrebbe comunque esposto la Chiesa con la sua decisione.
          Personalmente, trovo che la seconda interpretazione di Giovanna (difficile sopportabilità del dono della Fede, soprattutto al giorno d’oggi) sia la chiave di lettura più convincente.
          A presto, ciao.
          Andrea

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