Quando si parla di cambiare, di prendere una nuova strada, di sviluppare attenzione, di scalare la marcia, di decrescere, di eliminare l’inutile, di essere più autentici, più onesti, più se stessi, di non pensare solo a noi ma anche a cosa o a chi possiamo fare male con le nostre azioni, si pensa sempre a qualcosa di economico, di pratico, di tangibile: il lavoro, la terra, un’altra economia possibile, la bioeconomia, l’energia, l’uso attento delle nostre risorse rispettando ciò che abbiamo intorno.
Non pensiamo mai, però, ai sentimenti, a una sorta di decrescita anche nelle relazioni, a sviluppare attenzione, a curarle con il massimo rispetto fin dai semi che piantiamo nella nostra testa e nel nostro cuore. Eppure quell’aspetto è parte del tutto e, mi viene da dire, ne è quasi il centro, il nucleo essenziale da cui tutto parte.
Il cambiamento che inizia a nascere comprende tutto, prima di tutto proprio te stesso, mettendo in discussione proprio tutto ciò di cui ti vuoi finalmente e una volta per sempre liberare: certe strategie, certi dolori gratuiti, certi atteggiamenti violenti, insani e, qualche volta, persino malati, certe indifferenze, certe abitudini.
Tutto inutile, superfluo, doloroso, dannoso. E fa sprecare energia preziosa che non ritornerà più.
Perché pensi che per stare bene non si debbano pagare pedaggi e che le cose sono, in fondo, più semplici di quanto le complichiamo noi. Abbiamo raffinato insieme ai cibi anche le nostre relazioni, trattandole e rendendole quello che spesso non sono. Ce ne siamo allontanati così tanto che ne abbiamo paura, non riconosciamo i nostri sentimenti, non sappiamo individuarli né accettarli con semplicità. Sempre paurosi del nostro stesso giudizio, sempre alla ricerca di un risultato o di deduzioni e aspettative basate su quello che ci hanno insegnato o su modelli all’altezza dei quali non possiamo arrivare. Perché non ci appartengono e mai ci sono appartenuti.
Siamo capaci di infliggere dolore, quasi avessimo perso quel dono di essere senzienti o la memoria, a chi sentiamo più vicino, a chi dice di amarci, magari solo per ottenere qualche risultato, per sentirci più forti e, qualche volta, anche per sentirci più sereni. O solo, terribilmente, perché siamo distratti, perché abbiamo dimenticato di fare attenzione. Perché anche noi siamo presi da un dolore forte da maneggiare con cautela, di cui abbiamo paura e che non ci ha ancora lasciato.
Senza pensare che quel dolore è tra i semi più potenti e mette radici fortissime e profonde. Che avranno effetti nel tempo e su altre persone a venire. Una volta che il dolore è germinato, farà la sua crescita, il suo corso naturale. E bisognerà aspettare la sua fine senza poterla in alcun modo accelerare. Dovremo, al contrario, prendercene cura ed assisterlo fino al suo ultimo respiro.
E’ come se le nostre stesse relazioni e i nostri stessi sentimenti fossero sottoposti a una crescita esponenziale e sempre più dolorosa che non potrà essere sostenuta, come se dovessero rispondere a leggi assurde e contrarie a ogni natura. Leggi che abbiamo deciso noi.
E invece ci si può scollocare anche da questo. Si può diventare più attenti ed essere più onesti con noi, la cosa più difficile. Si può scegliere di cambiare fino a diventare quello che più ci assomiglia.
Prima di scegliere cosa fare, prima di avere paura, prima di fare male, è possibile un’altra strada: quella di pensare all’altro come se l’altro fossimo noi.
L’attenzione ha bisogno di allenamento. Non abbiamo il tempo per l’attenzione, per guardare gli altri negli occhi, per ascoltarli, per stabilire un contatto meno superficiale. Siamo continuamente distratti e, questo, anche nei sentimenti più profondi e delicati.
Dovremmo prendercene cura. Di più. Dei nostri e, ancora di più, di quelli degli altri. Perché questo ci rende più essenzialmente umani, veri e, senza dubbio, più felici.
Sulla strada del nostro cambiamento, del nostro ritorno, della nostra consapevolezza ci deve essere una parte centrale che riguarda questa parte di noi, integrata dentro i nostri progetti, desideri e sogni. L’ambiente in cui viviamo condiziona il nostro lavoro, i nostri valori, le nostre priorità e perfino i nostri sentimenti più profondi. Cambiare strada non deve farci dimenticare le persone, l’immensa fortuna di incontrarne alcune e l’opportunità di lasciarne andare delle altre che scelgono di essere solo di passaggio. Anche il dolore ha un senso se vissuto con amore. E l’amore è il centro e il motore del cambiamento.
Un percorso diverso, una nuova prospettiva per questo blog, un’ intero nuovo filone, estensione dei principi ben noti, si apre con questo articolo. Aspetto i seguiti
La semplicità e la profondità di questo articolo meritano una lettura attenta e ripetuta nel tempo, più volte. Quando spesso si legge che la rivoluzione nasce per prima cosa in noi, significa realmente cambiare il rapporto con l’ambiente e con l’altro partendo dal rispetto che ogni cosa merita. Bisogna fare attenzione, perché per quanto ci sentiamo a volte comprensivi del mondo, coscienti dei suoi equilibri naturali e sociali, viviamo immersi in una società malata, volgare che non ci è indifferente e senza che ce ne accorgiamo ci inquina anche nei rapporti, nei gesti, nel pensiero. Thoreau disse che frequentare ambienti con pensieri volgari, ci rende volgari. Ognuno con i suoi difetti può osservarsi, a volte anche parole o atteggiamenti che ci sembrano innocui non lo sono per chi si ha di fronte nella vita. Vivere è imparare e se c’è volontà: migliorare.
Questo articolo uscendo dalla superficie che condanna e mostra alcuni aspetti del mondo e arriva fino alla radice, con grandissimo acume e luminosità. Tra le cose più belle che abbia mai letto.