Domanda:
Come si sente ad essere descritto come il più povero presidente al mondo?
Risposta:
No. Poveri sono quelli che mi descrivono così. La mia definizione è quella di Seneca: povero è chi necessita di tanto. Perché chi vuole troppo non è mai soddisfatto. Io sono sobrio, non povero. Sobrio. Vivo con poco, solo di quel che è necessario. Non troppo legato alle cose materiali. Perché? Per avere più tempo! Per fare cosa? Quello che mi piace! La libertà è avere tempo per vivere.
Questa faccenda del cosa si può o non si può fare (a livello di grandi numeri, cioè di Stati, regioni o macroregioni ecc.) per liberarci di questi criminali, mi ricorda quanto sta avvenendo in questi giorni in Grecia: Tsipras ha dovuto mercanteggiare, perché di meglio al momento non si poteva ottenere (alla faccia dei programmi elettorali), o ha gettato la maschera, dimostrandosi solo “meno peggio degli altri” almeno per ora?
La domanda non richiede una risposta: è solo un modo per interrogarci su cosa possiamo fare e soprattutto come, visto che la situazione di partenza è quella di essere nelle mani di un gruppo di criminali psicopatici, sostenuti dal consenso di una maggioranza di rincoglioniti.
Allora qui è il momento di rispondere: ormai è impossibile che una Nazione prenda l’iniziativa e, di botto, si liberi del fardello che le oligarchie economiche le hanno costruito addosso: questo potrebbe accadere solo se, per un qualche motivo “esterno”, il sistema improvvisamente collassasse.
E la risposta è dunque (in sintonia con quanto Andrea sta scrivendo dalla nascita di questo sito), che solo una galassia di esperienze locali, possono sperare di poter cambiare qualcosa: solo tentativi ed esperimenti a scala di quartiere, di gruppo, al massimo di piccoli Comuni, possono portare avanti questa speranza. A patto che si parlino fra loro, naturalmente.
In linea di massima, qualsiasi realtà superiore ai 10.000-15.000 abitanti – almeno in Italia – è “in mano al nemico”; e ci resterà, a meno di un duro lavoro ai fianchi attraverso esperienze come quelle che ho ipotizzato sopra, o di sconvolgimenti epocali; che però non è detto aprano una soluzione positiva.
Cambiare una Giunta, può essere poco più che un palliativo.
Concordo
Mujica è una delle persone che vorrei conoscere e mi ricorda un’altro capo di stato Thomas Sankara che disse che prima di tutto avrebbe dato da mangiare al suo popolo, prima di rispettare accordi commerciali con l’estero, prima di favorire il mercato…prima, diceva, devo trovare il modo di dare cibo al mio popolo.
chiedeva l’appoggio degli altri stati africani, altrimenti, se sarò lasciato solo, diceva, entro pochi mesi sarò morto….
C’è un punto fondamentale, che ai più sfugge: il primo problema non è sapere cosa fare, ma quando è il momento di farlo (il secondo è come farlo…); se questo vale per tutte le persone comuni, figurarsi per un Capo di Stato…
Sì, effettivamente si è bloccati da questo sistema, messo in piedi da psicopatici e sostenuto da una massa di neurolabili; e sì, è vero: a certi livelli si rischia davvero la vita: come del resto quando si voglia davvero combattere una qualunque mafia.
Però, appunto – come ha scritto Andrea – questa non deve diventare una scusa per “non fare”; questa scusa può bastare alla suddetta massa di neurolabili, non per chi vuol fare le cose sul serio.
Due avvertenze, mi sento di dare in questa circostanza:
– Attenti alle ideologie: sognare un mondo libero per tutti e di “tutti uguali”, porta dritti alle utopie; e – come logica conseguenza – ai fallimenti, alle disillusioni e all’impotenza. Le ideologie sono servite proprio a deviare in questo modo le pulsioni di cambiamento degli ultimi due o tre secoli.
– Smettiamola di credere che “o ci si salva tutti, o non si salva nessuno”: è un’altra delle bugie che il Sistema ci propina. Intanto sforziamoci di realizzare i nostri sogni, di vivere non “fedeli alla linea”, ma fedeli alle regole dell’Etica. A questo punto chi ci ama, ci segua e poi si vedrà.
L’unico modo che si ha per cambiare questo stato di cose, è uscirne (dov’è finita, Andrea, quella splendida citazione da Buckminster-Fuller?) e, come non smetto di dire e scrivere io, mettere in relazione tutti quei progetti che dovessero realizzarsi.
Il che comunque – arrivati un giorno a un certo punto, arrivati a ottenere certi risultati – non ci garantirà dal non rischiare la vita, contro questi criminali…
La citazione a cui ti riferisci è stata recentemente riportata da Enrico nel suo bellissimo post Minuzie fondamentali. Essa recita:
Quanto al resto, vedi anche la mia risposta di poco fa a Marco. Ciao.
Domanda:
“Lei non ha limitato questo capitalismo, o fame del consumo in Uruguay, è perché non vuole o perché non può”.
Risposta:
“ Non posso! L’economia non crescerebbe altrimenti, è un problema filosofico. Il governo non può cambiare questa cosa, sono un prigioniero io stesso”.
Siamo tutti prigionieri, reclusi in queste celle ideologiche del consumismo a tutti i costi, del consumismo quale presupposto indefettibile per confermare la propria identità.
Pochi hanno la consapevolezza della propria prigionia, ancor meno quelli che hanno la volontà di evadere, pochissimi quelli che hanno la possibilità di farlo ed anche se ci riescono, vivono pur sempre dentro questo enorme carcere.
Dice anche, più o meno, in quella risposta: “Se mettessi qualche freno al capitalismo, mi ucciderebbero.” É tragicamente vero.
Quanto alla tua conclusione sul “vivere comunque dentro a quell’enorme carcere”, occhio però che questo non si trasformi in un alibi per non uscirci neanche un poco, da quel carcere…
Insomma come al solito chi non può non può e chi potrebbe non osa? Chi ha messo come assioma che le battaglie collettive e politiche non vadano combattute, in nome di un’ estenuante recupero dal basso, individualistico anch’ esso? Era il presidente, cazzo, qualcosa avrà fatto o avrà potuto fare, sennò è come quelli che si inventano gli spiriti che gli vietano le cose, di fatto vietandole a sé stessi ma tramite un idolo che li deresponsabilizzi. Ecco, ci siamo fatti la statua, la facciamo parlare camuffando la voce e poi affermiamo seri seri “il Mercato ha detto che”. Ma siamo noi, cazzo
Confesso che quell’affermazione di Mujica ha istintivamente stupito anche me, Marco. E’ incontestabile che se avesse “fatto concretamente qualcosa” (che ne so… messo quella che noi chiameremmo una gigantesca patrimoniale?) lo avrebbero fatto fuori. Ma è altrettanto vero che la sua figura sancisce l’eterno e irrisolto dilemma sul fatto che i grandi cambiamenti debbano essere imposti dall’alto (in questo caso, avresti ragione), oppure – come io credo – proposti da modelli autenticamente sani ed emulati dal basso (e in questo caso, avresti torto): credo che la questione dovrebbe essere affrontata in questi termini.
Personalmente, così come credo nel potere deleterio dei modelli “sbagliati”, credo altrettanto in quello salvifico dei modelli “giusti”. Il passo successivo compete alla responsabilità degli individui. Altrimenti, in caso contrario, sarà sempre e solo la Politica a poter decidere. E noi, gregge belante, a seguire. Magari lavandoci la coscienza con due segni di matita su un foglio di carta ogni tanto.