Di seguito, la seconda parte dell’intervista a Paolo Ermani sul libro “Pensare come le montagne”, scritto insieme a Valerio Pignatta. Qui la prima parte dell’intervista.
LA FELICITA’
Che cosa serve, secondo te, per essere felici? Perché siamo infelici?
Come si fa ad essere felici credendo che i soldi, l’apparenza, un look, un orologio, un vestito ti possano contraddistinguere? Sarai infelice a vita finché crederai che cose esteriori possano darti felicità. Non è un caso che tante star di televisioni, cinema etc che vengono fatte apparire sempre belle e sorridenti, spesso siano dei poveri disperati che passano dalle droghe all’alcool e a volte si suicidano pure. La questione della felicità nel mondo del consumismo, viene legata sempre a dei prodotti o degli status symbol, la macchina, la casa nuova, la donna o l’uomo avvenente. Per essere felici basta assai poco, nel libro diciamo che bastano amici, amore e natura, cose che non costano nulla, per quello non vanno di moda e non le trovi nelle vetrine. Spesso sentiamo conoscenti che tornano da paesi cosiddetti poveri e dicono: “Hanno poco e niente, sono in situazioni difficili eppure sono solidali, sorridono, noi siamo tutti arrabbiati, tristi”. Su commenti del genere c’è molto da riflettere.
Parli di consapevolezza ecologica e relazionale. Che cosa intendi dire?
Se non salvaguardi il tuo ambiente finirai sommerso da veleni e discariche, se non salvaguardi i tuoi simili finirai ai lati delle strade con coltelli e bastoni.
Che cos’è esattamente una comunità umanistica?
Un progetto dove si recupera il senso della comunità, aspetto che è stato spazzato via dalla logica individualista dove appunto i soldi sono rimasti l’unico dio. Ma il progetto deve essere reale, concreto fattibile, non una infinita serie di incontri in cui si parla di quanto sarebbe bello se…
Una comunità di questo tipo, salvaguardando la privacy e le scelte di ognuno, condivide, si dà una mano, si supporta, si impegna, ricostruisce la cultura per creare dalle fondamenta una società con valori completamente diversi dai non valori che stanno portando l’odierna società nel baratro.
Tu parli di inquinamento etico oltre che ambientale. Di che si tratta?
I rapporti ormai si basano sul tornaconto personale e le conseguenze dell’inquinamento etico sono sotto i nostri occhi perché stiamo perdendo tutti i diritti faticosamente raggiunti da chi in passato, un minimo di etica e di solidarietà ce l’aveva. Quando il tuo tornaconto e i soldi sono il faro, automaticamente si perdono i diritti perché ognuno pensa per se e nessuno si occupa più della collettività. Dai cittadini fino ai politici, si ritiene che fregare gli altri e pensare solo a se stessi, sia normale, poi ci si lamenta se il paese è allo sfascio.
L’EDUCAZIONE
Pensare come le montagne propone un pensiero lucido, chiaro, profondo e leggero nello stesso tempo, che dovrebbe essere proposto ai giovanissimi. Avete mai pensato a Un pensare come le montagne dedicato e spiegato ai bambini?
Ottima idea, quando avremo due lire magari si potrà sviluppare, per il momento siamo impegnati a sopravvivere e non abbiamo soldi da investire, ma se l’editore fosse interessato si potrebbe fare.
L’ENERGIA E LA VITA IN CITTA’
Che cosa possiamo fare da domani mattina e ognuno di noi per risparmiare energia?
Informarsi, conoscere e mettere la stessa attenzione a come usiamo l’energia così come a quella che mettiamo al nostro apparire prima di uscire di casa o ad informarci sulla nostra squadra del cuore o attore preferito.
E’ possibile attuare la decrescita in un ambiente artificiale come la città?
Certo che è possibile ma gli ambiti cittadini sono i più difficili, sia perché si è sempre di corsa, nel caos, nell’inquinamento, con automobili che cercando in tutti i modi di falciarti, sia perché gli ambienti sono fortemente compromessi non essendoci quasi più la linfa della vita di ognuno che si chiama natura.
Per chi non trovasse immediatamente la strada per lasciare le città, quali strategie sono possibili per migliorare fin da subito la sua qualità di vita e l’ambiente che lo circonda?
Pianificare assieme ad altri l’uscita dalla città, così magari ci riesce prima.
LA SPIRITUALITA’
Tu parli di una spiritualità profondamente e autenticamente umana, in interazione con gli uomini e la natura. Delegare il nostro destino a qualcun altro: un maestro, un guru, un leader ritenuti migliori e più capaci di noi, è un pensiero col quale siamo stati educati e cresciuti. Come fare per tornare ad avere fiducia in noi e a recuperare autonomia?
I capi, le religioni, le fedi, chi più, chi meno, ci hanno sempre portato a massacrarci, a creare inevitabili divisioni, quindi è evidente che seguire qualcuno che ci porta ovviamente dove vuole lui o lei, non è la strada. In questo senso consiglio di leggere qualsiasi scritto di Krishnamurti che da questo punto di vista è di una lucidità e intelligenza eccezionale.
La fiducia in se stessi la si trova proprio non seguendo più nessuno e capendo che l’unico da seguire sei tu. Puoi leggere, ascoltare chi vuoi ma poi se tu l’artefice del tuo destino. Mi piace molto la frase di Oscar Wilde: “Sii te stesso, gli altri sono tutti occupati”. Una volta ritrovata fiducia in se stessi si capisce che si può cambiare, poi si vedrà che se lo si fa anche con gli altri, senza arroganza e con apertura, ci si arricchisce sempre di più e si possono creare progetti eccezionali. Tutto questo significa recuperare autonomia, quella autonomia che fa paura a chi ci vuole sudditi, seguaci, adoratori, fedeli, fan e così via.
Tu parli di aiuto reciproco, saggezza e solidarietà. In una parola stai parlando di amore. Quanto è importante l’amore nel cambiamento?
L’amore verso se stessi e gli altri è cambiamento (in positivo).
Di Paolo Ermani è anche la prefazione di “Vivere Basso, Pensare Alto …o sarà Crisi vera”:
Ciao Marco,
grazie del tuo commento.
Amare se stessi ha molto senso. L’amore e il rispetto per se stessi sono il primo passo per amare anche gli altri e ciò che ci circonda. Stare bene noi significa mettere in condizione anche gli altri di beneficiare del nostro benessere e del nostro cambiamento verso un noi più autentico. Non può che essere positivo anche per gli altri.
Sulla collettività di riferimento che ridacchia di fronte a te, capisco molto bene cosa intendi ma questo significa che probabilmente dovresti frequentare anche contesti differenti da quello a cui ti riferisci. Sempre più persone, infatti, smettono di “ridacchiare” come dici giustamente tu. Smettono e iniziano a fare sul serio perché iniziano a svegliarsi, a capire, a muoversi, a fare gruppo.
Questo non porta affatto a un individualismo illuminato o verde come dici.
Paolo Ermani, al contrario, non fa che insistere, nei suoi libri e nei suoi interventi, corsi o presentazioni, sull’importanza, invece, di uscire dall’individualismo, sulla necessità di mettersi insieme, di iniziare a confrontarsi e a credere nel valore fondamentale della comunità. Perché i valori sui quali questa si basa sono quelli che fanno stare bene le persone: condivisione, aiuto, solidarietà, presenza, ascolto, attenzione, calore.
A questo si aggiunge che fare comunità significa anche consumare e sprecare meno, acquistare in modo diverso e più consapevole, usare il territorio e le risorse in modo più intelligente sforzandosi di includere nella parola “comunità” non solo gli altri esseri umani ma tutti gli esseri viventi che ci sono intorno:la terra, gli animali, l’aria, l’acqua. In una parola creare sinergia e comunione tra noi e con il nostro pianeta.
Nell’intervista non si parla di individualismo verde che sembra una di quelle cose un po’ chic da modaioli ricchi fanatici del biologico e dell’ambiente. Si parla, esattamente del contrario: incontro dell’altro, progettualità, rispetto di noi stessi e del pianeta che abitiamo. Partendo da noi stessi, certo. MA questo non significa affatto individualismo. Significa agire, mettersi in cammino perché si possa essere il cambiamento noi per primi coinvolgendo gli altri col nostro esempio e la nostra testimonianza.
Che senso ha amare sé stessi quando un’ampia collettività di riferimento ridacchia di fronte a te? Non è la definizione di pazzia, questa? Meglio puntare sulla socialità umanistica invece che su un individualismo “illuminato” e “verde”, no?