How can you have a war on terrorism, when war itself is terrorism? (H. Zinn)
La guerra è una fatalità borghese. (A. Gramsci)
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Prendetevi il tempo per piangere. Ora potete farlo.
Potete dimenticare i titoli di giornale, le foto in bianco e nero sulle pagine dei vecchi sussidiari. Potete dimenticare la superficie levigata di fòrmica verde del banco di scuola, il suo bordo scheggiato con cui vi tiravate i fili del maglione e vostra madre vi sgridava. Dimenticate l’odore del legno e del cancellino impregnato di gesso, davanti all’ardesia lavata dai bidelli la sera prima. Dimenticate pure i ripassi da pagina ottanta a pagina cento: non servono più. E dimenticatevi anche i bordi sgualciti dell’astuccio e il tappo mangiucchiato dei pennarelli. Dimenticatevi in particolare dell’immagine di Rommel, a cui con la biro nera facevate i baffi, gli occhiali, i denti scuri e la barba lunga. Dimenticatevi anche la professoressa di storia che vi chiedeva la data delle guerre puniche. E potete dimenticare, se ci riuscite, l’intera Storia concepita come una favola lontana, tessuta di vicende distanti, impalpabili…
Perché ora avete il diritto di piangere. Piangete pure in silenzio. Prendetevene il tempo. Piangete via i ricordi della vostra prima vita. Piangetevi di dosso una concezione del tempo immeritatamente indulgente.
Si possono avere quarant’anni e sognare un futuro lento, rarefatto. Oppure se ne possono avere quaranta e sprigionare le proprie farneticazioni alfa-dominanti, nel segreto intento di cancellarci quei ricordi. E sarà facile farlo: dopo averci minuziosamente svuotato, hanno potuto riempirci di qualunque cosa. Persino di paura.
La storia ha svoltato. E noi, senza saperlo, con essa.
Ora si va oltre le parole inutili.
Ora si diventa grandi.