Prevedibility Day

Recentemente ha suscitato un gran clamore il Fertility Day promosso dal Ministero della Salute. Si tratta di una serie di interventi e iniziative previste per il 22 settembre prossimo in diverse città italiane. Il messaggio della campagna è quello di invitare a far figli senza rimandare troppo e, in un paese in cui si fanno sempre meno bambini, la cosa sembra persino avere un senso.

L’immagine della ragazza con la clessidra che si vede nella pubblicità della campagna è effettivamente insopportabile. La signorina in questione ha l’espressione di rimprovero bonario che aveva la mamma quando facevamo una marachella da bambini (già questo sarebbe sufficiente) e la sua mano adagiata sul ventre ci fa desumere che sia incinta (ma che brava!).  Per dare l’idea che fosse proprio giovane e senza fotoshop, le hanno fatto mettere un paio di jeans elasticizzati e una maglietta rossa che, con i capelli lunghi, sono l’emblema della gioventù!  La mano che ci viene contro insieme alla clessidra è in primo piano e nell’immagine è grande quanto la metà della figura della donna. La clessidra sembra uscire dalla foto e avvicinarsi così tanto da far venire ansia al solo guardarla. In un effetto di ridondanza che se non desse fastidio potrebbe addirittura suscitare ilarità, la parola “età” è scritta in rosso. Come dire “melius est abundare” per i duri di comprendonio. E per gli altri “repetita iuvant”.

Se ci avessero fatto un video, ci avrei visto bene l’audio di un ticchettio a richiamare l’orologio biologico (altra espressione francamente fastidiosa e a cui ci siamo purtroppo abituati).  Le altre immagini non sono da meno: “la fertilità è un bene comune” e quindi il messaggio è di non sprecarla come si direbbe per l’acqua. Un’altra cartolina, quella dei genitori giovani che sarebbero più creativi, ritrae una scena da camera da letto che trovo, se non altro, di dubbio gusto sotto l’apparente discrezione di riprendere l’immagine dal primo piano dei piedi. Forse, e questo viene confermato anche dalla quarta immagine che ci ricorda che i bambini non vengono portati dalla cicogna, si è pensato che non facessimo figli perché non ci ricordiamo esattamente la meccanica del come farli.

I commenti a questa iniziativa sono, però, altrettanto interessanti. La ministra Lorenzin si è attirata le ire delle donne, degli uomini, dei colleghi e perfino del Presidente del Consiglio. Insomma, l’idea di un Fertility Day non è piaciuta proprio a nessuno visto che le soluzioni proposte dagli indignati sono altre: come si fa a fare figli se poi quando li facciamo non c’è nessuno che se ne occupa? Ci vorrebbero i nidi che non sono abbastanza. Come si fa a fare figli se poi il latte in polvere costa troppo e il costo dei pannolini per i primi due anni ammonta a qualche migliaio di euro? Come si fa a fare figli se non abbiamo un posto a tempo indeterminato e ci arrabattiamo per anni a fare di tutto tranne ciò per cui abbiamo studiato? Ecco perché le nostre culle sono vuote. Per tutti questi motivi.

Tutte queste motivazioni sembrano giustissime perché in Italia sostegni alle famiglie, in effetti, praticamente non ce ne sono mentre in altri paesi sì. Ed è anche verissimo che non troviamo un lavoro e che i pannolini costano troppo.

Eppure tutta questa discussione genera una serie di domande che non possono essere taciute se vogliamo rifletterci onestamente. I venticinquenni che hanno un lavoro e una casa gentilmente offerta dai genitori fanno tutti dei figli? No. Ce ne sono molti che preferiscono fare altro. E’ una scelta assolutamente rispettabile, certo. Inoltre, come mai fare dei figli si identifica in prima istanza con condizioni economiche che probabilmente non avremo mai? Si rimanda aspettando i soldi che ci dovrebbero permettere di occuparci dei nostri figli. Ne siamo sicuri? O quelle condizioni economiche sono necessarie invece per pagare chi si occupa dei figli al posto nostro? In sostanza, se si sostiene che non facciamo figli perché non ci sono i nidi, significa che non li facciamo perché poi dovremmo occuparcene noi e questa cosa non si può fare. Non si può fare perché dobbiamo lavorare ma non possiamo lavorare perché il lavoro non c’è. I soldi guadagnati con il nostro lavoro servirebbero quindi per pagare le persone che occupandosi dei nostri figli ci permetterebbero di continuare a lavorare per pagare quelli che, appunto, se ne occupano.

Se ci pensiamo con attenzione e con onestà, questo è un paradosso di cui non ci rendiamo neanche più conto, tanto ci viene ormai naturale pensare così.  La stessa cosa si deve dire per l’enorme quantità di soldi necessaria per allevare un figlio dai pannolini al latte in polvere. Siamo sicuri di concentrarci sui problemi veri e sul nucleo centrale di questa situazione? Sicuri di chiedere e di aver sempre chiesto le cose giuste? Se avessimo chiesto il tempo per allevare i nostri figli e di essere sostenuti per quello e non per avere nidi in cui estranei crescono i nostri bambini? Se avessimo chiesto e preteso attenzione e supporto per l’allattamento naturale invece di discutere sul prezzo del latte in polvere? Se non avessimo ceduto alle lusinghe dell’usa e getta di tonnellate di pannolini difficilissimi da smaltire e avessimo trovato altre soluzioni (che tra l’altro già esistono)? Se fossimo capaci di trovare il modo di metterci insieme e creare comunità (ne esistono diversi esempi in giro per il mondo) avremmo ancora quei problemi di sostenibilità e supporto che diciamo ostacolarci per mettere al mondo dei bambini e poi occuparsene? E, inoltre, siamo sicuri che i soldi che abbiamo, magari anche pochi, non preferiamo spenderli in altro che ci consoli in qualche modo da lavori insostenibili, frustranti e che non ci piacciono che siamo costretti o ci costringiamo a fare?

Il Fertility Day, insomma, è del tutto inutile oltre che fastidioso nel suo messaggio ma, mi viene da dire, anche le motivazioni addotte per criticarlo non sono forse l’altra faccia della stessa medaglia? Forse non riusciremo a cambiare la nostra vita domani mattina o a sottrarci immediatamente a un modo di vivere e di pensare che ci ha portato a questo ma, secondo me, una riflessione profonda e onesta sulle ragioni e le conseguenze dei nostri comportamenti è sempre più urgente e necessaria.  Ammettiamo pure tutte le difficoltà di praticare una via che porterebbe gradualmente a un’inversione completa dei nostri schemi ma acquisire consapevolezza e responsabilità è un primo passo fondamentale e si può cominciare anche da domani mattina.

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3 risposte a “Prevedibility Day

  1. A me sembra un falso problema, tutte le stime danno un aumento delle nascite nel mondo nei prossimi anni, con relativi problemi di sovrappopolazione. Il ministero della salute dovrebbe pensare a permettere a tutti di curarsi, e invece fa’ il contrario rendendo sempre più difficile l’accesso alle cure; per me è solo un’azione volta a distrarre le persone dai veri problemi della sanità. Se è vero che ci stiamo proiettando verso una società multirazziale e sempre più aperta, non penso sia un problema se gli italiani fanno meno figli e comunque non deve essere lo stato ad occuparsene, vorrei avere almeno l’autonomia di decidere se avere o no figli.

  2. Sarò cinico,ma non mi sembra un caso che (mediamente) la parte più agiata dell’umanità sia quella che ha problemi di fertilità e comunque faccia meno figli. Credo che sia una sorta di meccanismo di difesa naturale per favorire esseri più favorevoli al pianeta e per ridurre (se non addirittura estinguere) quelli più dannosi. Ovviamente non è un ragionamento applicabile ai singoli casi (non è che la coppia sterile sia “castigata” dalla dea Natura per una “dannosità” a loro imputabile) ma collettivamente tale autodifesa si applica andando a colpire (fisicamente o inconsciamente) quei soggetti già naturalmente predisposti. Quindi ben vengano gli incentivi di welfare per “premiare” coloro che controbilanciano tale tendenza, ma la soluzione radicale sarebbe quella di condurre tutti uno stile di vita più in armonia con ila Natura e vedreste che la specie non sarebbe a rischio estinzione.
    D’altra parte mi sono sempre chiesto come avessero potuto, i miei nonni, concepire dei figli durante la guerra, sfollati in campagna con un fagotto ed un paio di scarpe. Quindi non sono le condizioni oggettive, ma la predisposizione soggettiva a determinare il numero di nascite.

  3. Complimenti. Se non si cambia il sistema di vita fondato sui consumi per “sentirsi” bene senza “essere” bene, non solo si continuerà a fare meno figli, ma si tenderà a fare meno lavoro e a gradire riposo meno costoso (come, spero l’esempio non sia del tutto sbagliato, quello dei “giovani” inoccupati che stanno con i genitori).

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