Arginarsi

Voi siete l’argine. Così concludevo l’ultimo post, qualche giorno fa.

E allora ho sentito il bisogno di arginarmi pure io. Di conoscere i miei confini, di viverli nuovamente, di ri-conoscerli. La nemesi geomorfologica del limite. Lo steccato amico, terapeutico. Il confortante perimetro d’ispirazione ellenica, la barriera fisica all’interno della quale cullarsi. La cassa d’espansione delle intemperanze emotive.

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Stamattina ci sono andato di persona, sull’argine. Quello del fiume Secchia. E ho disperso nuovo tempo. Perdere tempo è il vero lusso, oggi. Si tranquillizzi, il povero Briatore. E’ ciò che ormai nessuno può più concedersi. E’ ciò che nessuno ormai, anche dichiarando pubblicamente il contrario, è più capace di fare. Perdere tempo richiede coraggio.

E allora il mio tempo sarà d’ora in poi principalmente dedicato a me. A mio uso e consumo. Soddisfatto o rimborsato. Una specie di “tre per due” al supermercato della vita. Due ore perse sull’argine. Tre ore guadagnate sulla mia personalissima scheda coi bollini. Che premio desidera, signore: il servizio di bicchieri o la tovaglia coi tovaglioli abbinati? Scelgo il moltiplicatore del mio tempo. Quello che, di due ore buttate via a contemplare le casse d’espansione del Secchia durante un lunedì mattina qualsiasi, mi restituisce la convinzione che quelle ore siano state tre, trenta, trecento…

Perché mi sono dis-interessato. Delle rincorse. Della visibilità. Del consenso di qualcun altro. Della patetica rincorsa che – mio malgrado – vedo anche qui, da questo lato dell’argine, ipocrita e autoindulgente. Vivere basso, pensare alto è l’emancipazione volontaria e consapevole dal dogma dell’accumulo. Ma vedo che ci (ri)finiscono tutti dentro, prima o poi, in un modo o nell’altro. Anche quelli che, a parole, giurano eterna fedeltà al silenzio, alla quiete, al distacco dai ritmi frenetici. Spesso sono solo parole. Un’indecente e febbrile speculazione sul sacro poco. Se il sacro poco e il vivere basso diventano un nuovo, maleodorante e sub-cosciente strumento d’accumulo, avrete solo sbagliato di nuovo: avrete solo depistato voi stessi, l’ultimo interlocutore che consiglio di ingannare…

E tutto questo stamattina, sull’argine del fiume Secchia, mi balzava agli occhi e alle orecchie del cuore con incredibile, minacciosa nitidezza. Lassù, sull’argine. Dove le acque ristagnano pazienti. Dove cinerini, fraticelli e sterne si radunano, si nutrono e si preparano a migrare oltre il Mediterraneo, dove l’inverno si trasformerà per loro in una nuova estate. Dove il silenzio è rotto ogni tanto solo da qualche cerchio d’acqua. Dove capisci che, se davvero vuoi vivere basso, devi venirci più spesso, qui.

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