Come ogni volta, all’indomani di questi workshop dell’Ufficio di Scollocamento condotti con Paolo Ermani, succedono due cose.
Da un lato, lascio che dopamine e serotonine si rilassino (si entra quasi sempre in risonanza con buona parte del gruppo, il carico emotivo mette in circolo molta energia… è normale) e attendo che quel mio sorriso tipico, a metà tra l’estatico e l’inebetito, lentamente si dilegui. Se dovessi sintetizzare questo mio stato con una domanda, probabilmente sarebbe: Ma che cosa abbiamo fatto?
Dall’altro lato, subentra una forma di consapevolezza dell’accaduto che è più estesa, sistemica. Osservo. Medito. Rielaboro. Intuisco. Anche sabato e domenica scorsi, ospiti del Condominio ArteBenessere, molte persone provenienti da tutta Italia (Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio) hanno cercato – e mi auguro trovato – l’ipocentro di quella volontà condivisa, che spesso ripudiamo pur di non farcene sopraffare, a mettere in radicale discussione ciò che si è fatto fino al giorno prima. A questi workshop arriviamo per denudarci, per (ri)scoprire come siamo veramente fatti e, in fondo, anche un po’ per… morire. Per lasciare dietro di noi quello che non siamo più. Abituarci all’idea di quello che potremmo essere. Cambiare qualcosa, tanto o tutto, nella nostra Vita. Non semplicemente cambiare la Costituzione. O l’Articolo 18. O l’emendamento a una Legge dello Stato. No. Qui si agisce a un livello diverso, più profondo. Quello del nostro ordinamento istituzionale interiore. La Camera e il Senato che davvero contano sono dentro di noi: potrebbero essere i nostri due emisferi cerebrali. Il Potere Esecutivo è un po’ più giù, sotto il diaframma. E pulsa circa circa 80 volte al minuto.
Sono questi gli unici organi dello Stato su cui possiamo fare affidamento. Quelli per cui scegliere se votare o astenerci. E anche lo scorso weekend hanno votato 25 persone. Molte erano giovani, come accade sempre più spesso. Trent’anni. Quaranta. In un paese con una disoccupazione giovanile al 40%, molti giovani occupati vengono all’Ufficio di Scollocamento, un’attività che dovrebbe essere dichiarata illegale se fossimo in una comunità che funziona (e non è detto che, per motivi diversi, illegale non lo diventi davvero, prima o poi). La domanda sintetica, allora, qui sarebbe: Com’è possibile che sia potuto accadere?
E’ accaduto perché è dovuto accadere. Noi restiamo a vostra disposizione.
Prossimi appuntamenti:
- RICERCATI (13/14 maggio, in provincia di Modena, con anche E. Chiari e M. Vanzini)
- SCOLLOCARSI OGGI (20/21 maggio, in provincia di Fermo, con anche P. Ermani)

Seminatore nel tramonto – Van Gogh (1888)
E’ semplice, ma non è facile.
Razionalmente è tutto chiaro… o forse no.
Cioè la Crisi, il momento giusto per mettersi in discussione e cominciare (finalmente!) a fare dei piccoli passi, anzi tanti piccoli salti quantici, i segnali sono tantissimi ormai ed il loro frastuono è assordante, come resistergli?
Però i soldi certi (per ora, ovviamente) a fine mese, gli imprevisti, i mille ma e se che abbiamo permesso ci inculcassero per bloccare le nostre energie creative, gioiose, giocose e sane.
Il nostro Eros bambino e divino soffocato!
Credo che il vero scollocamento lo dobbiamo fare spostando il centro della nostra meravigliosa Vita dalla testa al Cuore dove prevale l’intuizione, il desiderio, l’equilibrio tra il sopra ed il sotto ed il contatto tra il nostro dentro ed il fuori, tra noi e l’altro.
E’ semplice, ma lo vogliamo difficile ed ognuno crea i suoi motivi, le sue valide giustificazioni, le sue paure a cui aggrapparsi per aspettare e rimandare qualcosa di inevitabile.
Ed io in questo sono un campione!
Però lo so, ne sono consapevole e la relazione, la connessione mi aiutano ad essere sempre più permeabile al libero fluire, abbandonandomi con fiducia, lasciandomi trasportare senza trattenere o fare resistenza.
E’ semplice ed è anche stupendamente bello!
Grazie Andrea e Paolo per le emozioni che mi avete suscitato.
Claudio SiEros
Claudio, durante una delle pause mi ha confidato una cosa – che qui non ripeterò – che mi porterò dentro a lungo. In generale, i tuoi feedback sono stati particolarmente importanti e azzeccati. Grazie a te!
La tua esperienza, che hai così garbatamente e intelligentemente condiviso, credo sia servita a molti per cogliere in pieno il Senso di queste esperienze collettive. Che non hanno semplicemente l’obiettivo di portare le persone a imbucare la lettera di dimissioni il giorno dopo, ma dovrebbero innanzitutto aiutarci a porre a noi stessi le Domande che non ci siamo mai fatti. E, guarda caso, se le Domande saranno state quelle giuste, le Risposte (con relative azioni) non tarderanno ad arrivare. Ti sono molto grato, ciao. Andrea
Ero uno dei partecipanti, arrivato quasi per caso e comunque fino ad allora lontano da temi di quel tipo… Se “morire” può risultare una parola di uso strano per quel contesto, voglio testimoniare per chi legge e volesse partecipare a successive edizioni che “scollocarsi” è assai azzeccato come titolo. Non è solo il togliersi da un lavoro, da un ruolo o da un contesto ma, così almeno è stato per me, uscire da una zona franca o di “comfort”. Il confortevole è abitudine e sicurezza. La confusione e l’incertezza fanno paura, a qualunque livello. Il confronto coi simili, il coraggio ad aprire sono la via per riprendere il cammino verso l’ignoto, che poi è la vita.
Grazie davvero
Stefano M.
Ciao Stefano, grazie delle tue belle parole e grazie soprattutto della tua Presenza. Condivido la tua definizione di “scollocamento”, che non può e non deve essere confinato soltanto all’interno della sfera professionale. Scollocarsi è abbracciare una nuova visione, dismettendo i panni e i retaggi con cui due secoli e mezzo di follia antropocentrica ci hanno ipnotizzato, e recuperando una coscienza di Sè e della propria Vita che, solo, può assicurarci un futuro finalmente… Umano. A presto, Andrea