f(x) = e[-(x-μ)²/2σ²]/σ√(2π)

Dirck van Baburen - Il Prometeo incatenato

Il Prometeo incatenato (Dirck van Baburen)

Deviare dalla norma è sempre un brutto affare. Ma… cosa significa esattamente “deviare dalla norma”?

In autostrada, per esempio, si può deviare dalla norma procedendo sulla corsia d’emergenza. Molto pericoloso. In casi più drastici, può voler dire schiantarsi contro il new-jersey che delimita le carreggiate. Potenzialmente mortale.

Si può anche deviare dalla norma scegliendo di non mangiare carne. Curioso. Oppure, se si volesse ulteriormente aumentare la devianza, si può deliberatamente decidere di non mangiare nemmeno i derivati dei prodotti animali, guadagnandosi in tal modo l’etichetta di “vegani”. Insolito.

Un’altra deviazione dalla norma – che ne so – può essere quella di sbarazzarsi, in casa propria, della televisione. Snob. Tanto, poi, ti rifugi su internet! La devianza dalla norma che quasi sempre ne consegue è quella di svincolarsi dal bombardamento pubblicitario di massa, giungendo – quasi senza accorgersene – ad una condizione in cui si acquista solo quello che effettivamente serve, ignorando (tecnicamente: non potendo conoscere) altri prodotti che vengono commercializzati. Patologico!

Tutti questi esempi di deviazione dalla norma hanno un denominatore comune: conducono all’emarginazione.

L’espressione “deviare dalla norma” assume un fascino particolare se la si considera da un punto di vista statistico. In questa disciplina, infatti, la devianza dalla norma viene misurata dallo “scarto quadratico medio”, che altro non è che il distanziamento, al di sopra o al di sotto dello “status” più frequente, che si può mediamente osservare. Bene, vi rivelo un segreto: di solito se, rispetto appunto alla “norma”, si considera un intervallo largo due volte questo “distanziamento”, si vanno a ricomprendere oltre il 95% dei comportamenti osservati! Questo vuol dire, in altri termini, che se si decide di deviare dalla norma di poco più del doppio dello scostamento che si osserva mediamente nei comportamenti altrui, si finisce in una fascia talmente “ai margini” (meno del 5%) da essere etichettati, appunto, come “emarginati”…!

Così, diventi irrimediabilmente un emarginato se corri in corsia d’emergenza, se sei vegano o se non compri Kinder-Fetta al Latte solo perché non la conosci.

Inutile specificare quanto sia “scomodo” – soprattutto al giorno d’oggi, nell’era della divulgazione istantanea e di massa delle informazioni – stare in quel ristrettissimo 5%! E’ scomodo innanzitutto perché tutti gli appartenenti al restante 95%, chi più e chi meno, se ne restano saldamente abbarbicati ai loro comportamenti “normali”. Chi poco sopra, chi poco sotto. Tutti, però, con il rassicurante conforto della moltitudine o, come direbbe Nietzsche, della “logica del maggior numero”. Mimetizzarsi nell’omologazione è infatti un privilegio che può ovviamente appartenere solo a quel 95%: lì dentro ci si può fare scudo a vicenda, additare chi la pensa diversamente e magari insinua pure prometeicamente il sospetto che da quella normalità, così allettante e allattante, si possa persino fuggire! Si tratta di persone che trovano una tonificante (ma precaria) compattezza nell’individuazione di un “nemico comune”, identificato in colui che sceglie di collocarsi al di fuori del loro 95%, staccandosi così da quell’albero maestro della normalità.

Capita così che, abusando della sua ingenuità, ti aizzino contro un Enrico qualsiasi, illudendosi persino di essere più scaltri di te, pensando di averti smascherato e aver così ridicolizzato la tua e-marginazione! (Ma questa è solo cronaca odierna, non è questo il punto.)

Il punto, decisamente più nobile, è definire il motivo per cui l’appartenenza a quel 95% renda più… sicuri di sè, oggi più che in passato. La legittimazione avviene infatti dall’esterno semplicemenete perché è più… a portata di mano. Non si fa, al giorno d’oggi, una cosa per il gusto di farla, o perché ci si crede, ma unicamente per il gusto di comunicarla, di ricavarne un riconoscimento e – in ultima istanza – attendersi una legittimazione sociale, un’accettazione pubblica (si pensi, per esempio, al fine ultimo dei social network). E poiché la società è evidentemente composta in prevalenza da quel 95%, la probabilità di attenderti quel “patentino di legittimità” è massima se quello che fai è, appunto, “normale”. Semplice, no?

Un circolo vizioso, dunque? Praticamente sì. L’unica via di uscita è cambiare – anzi: letteralmente dirottare – la fonte primaria di quella legittimazione. Se la patente di guida, da domani mattina, non venisse più rilasciata dalla Motorizzazione Civile ma da una selezione di artisti circensi, tutti gli adolescenti comincerebbero da subito ad allenarsi a camminare su una fune.

Si tratta quindi “solo” di modificare permanentemente chi o che cosa è deputato, nella nostra testa, a rilasciarci questo “patentino” sociale. Solo individuando la fonte primaria di questo “attestato”, e agendo su di essa, si può incidere sulla sua facoltà di inibire scelte e comportamenti che ci collocano a latere di quel blocco predominante. Non è facile. La modernità liquida, prendendo in prestito la felice intuizione di Bauman, non accetta infatti “punti fermi”, punti che abbiano per giunta la presunzione di essere “solidi” e avulsi dal contesto. Tanto meno se questi punti si mostrano così spudoratamente impertinenti da rivendicarla, questa “solidità”, e – bestemmia! – da ostentarla! Magari aprendo persino un blog, vero…? 😉

Ma quindi: su chi o su che cosa dirottare la fonte di quella legittimazione? Chi può darci il patentino di legittimazione, se apparteniamo irrimediabilmente a quel 5%? La prima risposta potrebbe essere questa: espandiamo quel 5%! Facciamo propaganda: portiamolo prima a un 6%, poi a un 10%, poi un 15% e infine magari un 30%. Saremo sempre di più! Al limite, si potrebbero forse addirittura capovolgere gli schieramenti iniziali…

Volete sapere qual è il maggiore ostacolo? L’ostacolo davvero insormontabile, quello che fa gettare la spugna a molti? E’ che quel 5%… non si modificherà. MAI! E’ una legge della natura. Come tale, è immutabile.

La soluzione è invece più immediata, anche se assai più faticosa: traslare la fonte di questa legittimazione dall’esterno all’interno di quel 5%! Rendere cioè noi stessi l’ente autorizzato a rilasciare il certificato. L’unica e indistruttibile origine di ogni forma di legittimazione sociale è, banalmente, l’individuo, vero nucleo archetipico di ogni forma di società.

In altre parole, occorre arrivare al punto – quasi uno stato di grazia! – in cui solo e soltanto a noi stessi si deve rendere conto di quanto si pensa e di come si agisce (purché, ovviamente, questo non confligga apertamente con l’ordinamento del contesto di riferimento): la morale individuale che travalica, trasvalutandolo, il costume (o morale pubblica)! Quando ognuno di noi, nel proprio percorso individuale, si “estenderà” al punto di ricoprire autonomamente quel 95%, il cambiamento… sarà infatti già avvenuto!

Se un individuo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o non valgono niente le sue idee, o non vale niente lui.

PS. Solo una precisazione, in quanto questo post mi è venuto – mi rendo conto! – bello “denso”: le affinità di questa impostazione con il pensiero antropocentrico di inizio ‘900 sono solo apparenti. Il qui citato Ezra Pound e lo stesso Nietzsche ambivano ad una affermazione dell’Uomo sul suo contesto attraverso la “volontà di potenza”, mezzo e fine ultimo dell’esercizio della sua stessa uman-ità. Il rimando a tali formulazioni è qui invece finalizzato a tracciare l’unica strada che dottrine, tutt’altro che antropocentriche, possono imboccare per emanciparsi dalla seduzione dell’omologazione etica. Che la divulgazione e il radicamento dei principi della Decrescita (con tutto ciò che essi implicano) possano attuarsi esclusivamente muovendo da un piano di coscienza individuale, è infatti un presupposto ripetutamente affermato dai suoi stessi, principali esponenti. L’Uomo è, quindi, irrimediabilmente il centro.

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4 risposte a “f(x) = e[-(x-μ)²/2σ²]/σ√(2π)

    • Per trovare la forza di staccarsi da quel 95%, convincersi che le regole di quel 95% non debbano necessariamente essere anche le nostre, occorre uno sforzo sovrumano. Questo non vuol dire essere autoreferenziati, nè tanto meno immedesimare noi stessi nel contesto: sarebbe pericolosissimo!
      Quello che ho voluto dire è che, per vivere “low”, per riuscire a disinteressarsi del giudizio predominante, per sfuggire alla “logica del maggior numero”, occorre trovare una concentrazione e una convinzione nei propri mezzi quasi… mistica.
      Questo non implica che lo si faccia necessariamente in solitaria, anzi. “Happiness only real when shared” è una delle massime in cui credo di più anch’io. Ciao.

  1. Il mio collega di lavoro si chiama Demetrio (nome di fantasia, storia vera). Demetrio ha la terza media, da quando ha 13 anni lavora come un pazzo. Prima il contadino, poi l’operaio metalmeccanico e adesso il dipendente in acetaia. Demetrio ha dei risparmi in banca,una villa in proprietà con piccola piscina, tre biolche di terra ereditata, ha un paio di televisori che guarda poco, una macchina e un camper. Una figlia sposata, un figlio fidanzato e un terzo figlio che va in seconda elementare. Una moglie innamorata e in complesso una bella famiglia. Demetrio sta da Dio. Demetrio è un tutto-fare. Un amante del fai-da-te. Demetrio è nostrano. Sul tetto di casa sua ha montato i pannelli solari per scaldare l’acqua. Poi ha messo la stufa a legna in salotto. Dietro la stufa ha montato un termo che così recupera tutto il calore e riscalda la casa quasi a costo zero. Demetrio ha un orto enorme, fa la conserva, vende la verdura che non consuma, ha la vigna e si fa il vino, ha la sua acetaia in mansarda, fa le marmellate con la sua frutta e confeziona delle strepitose cipolline in agrodolce. Demetrio ha le galline e vende le uova che non usa, poi ha anche i conigli. Demetrio ha due trattori, un carro e si è comprato un furgone ribaltabile vecchio di 15 anni. Demetrio si è messo a far legna. Ha raccolto una valanga di legna di tutti i generi poi si è pure messo d’accordo con i vivaisti della zona per farsi portare tutti gli scarti della potatura. Perchè Demetrio ha deciso di produrre da solo il pellet. Fra qualche settimana infatti monterà in casa sua un’enorme stufa a pellet che servirà tutta la casa. Poi porteranno a casa sua una macchina in prova (si è messo d’accordo a costo zero con un costruttore per collaudare questa macchina) con la quale produrrà il pellet per la sua famiglia e per venderlo (nel frattempo ha aperto una partita i.v.a. come agricoltore amatoriale). Ha rimediato due grossi silos che con abilità ha adattato per diventare i contenitori di tutto il pellet che produrrà. Demetrio non legge quasi niente perchè ha poco tempo. Non sa cosa cazzo sia il downequalcosaltro perchè non sa l’inglese e gli stanno sui coglioni tutti gli inglesismi. Demetrio non sa cosa sia la decrescita e conoscendolo sono sicuro che a parlagliene mi sputerebbe in faccia e mi manderebbe a cacare considerando tutta la fatica che ha fatto per avere quello che ha. Demetrio non scala le marce all’indietro, Demetrio è sempre in quinta e tira come un mulo. Demetrio odia la tecnologia a tal punto che quasi non sa pronunciare la parola internet. Il computer neanche lo accende perchè non gli serve e a sentir lui “fa diventare tutti scemi, non ne abbiamo mai avuto bisogno e adesso sembra che non se ne possa fare a meno. Ci manderà tutti in rovina”. Demetrio non è uno sprovveduto, è stato impegnato in politica e ascolta tre tg al giorno, per radio. Si sveglia tutte le mattine alle 5 e non va a letto prima delle 11. Demetrio non fa parte del 5% fa orgogliosamente parte del 95%, ma lo sta cambiando da dentro, a sua insaputa , con i fatti. Perchè Demetrio non lo “fa” lo “è”. Ognuno faccia quello che vuole di questa storia. Vera.

    • Storia molto istruttiva. Se quella “villa di proprietà con (piccola) piscina”, a differenza delle tre biolche di terra, Demetrio non l’ha ereditata, ma se l’è guadagnata e/o costruita col sudore della sua fronte e pagando regolarmente le tasse (come voglio dare per scontato), la storia di Demetrio dimostra esattamente quanto sostengono la teoria della Decrescita & affini: che cioè occorre fuggire in massa dai settori Secondario (industria) e Terziario (servizi), per tornare al Primario: facendosi il culo, infatti, dopo “si sta da Dio”.
      L’unico problema del tuo commento, Damiano, è purtroppo un’affermazione (errata), che ne vanifica del tutto la tesi, capovolgendola: l’occupazione del settore “agricoltura, silvicoltura e pesca”, nel 2010, è pari al 5,3% del totale occupati (fonte: Istat, contabilità nazionale); il corrispondente valore aggiunto settoriale, sempre 2010, è l’1,9% del dato nazionale.
      Quindi mi spiace, ma Demetrio non “fa orgogliosamente parte del 95%”, ma fa parte (ancor più orgogliosamente, spero per lui) proprio del restante 5%. Ciao!
      Andrea

      PS
      Se poi te ne gira un barattolo, di quelle cipolline in agrodolce, le assaggerei volentieri… 😉

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