Prove tecniche di permacultura e distopia

nel campoQuesto fine settimana, in Sicilia, guardavo questo ettaro e mezzo di terra tutto da immaginare, cercando di mettere a frutto i miei studi di permacultura per pensare a dove sarebbe stato l’orto, dove il frutteto, come sfruttare al meglio l’esposizione a sud, come posizionare il pollaio (galline a piumaggio rigorosamente bianco per via del clima subtropicale). Non è un mio terreno, ci ero andato per dare una mano. Mi chiedevo dove si trovava il punto chiave, come scorreva la pioggia su quel suolo.
Ero partito con un libro, un quaderno e qualche maglia, che era insufficiente. La temperatura era più bassa del previsto, le scarpe affondavano nel suolo. Mentre camminavo con la testa fra le spalle, immaginavo la strada che avrebbe portato alla casa, che sarà costruita in paglia, ma soprattutto pensavo a tutti i modi possibili per raccogliere e conservare l’acqua che un giorno servirà a coltivare gli ortaggi intorno alla costruzione. Lassù si dovrà pensare a un sistema di siepi contro lo scirocco. Laggiù a come arginare il maestrale.
Camminavo e vedevo aprirsi davanti a me un futuro diverso, in cui forse un giorno camminerò. Qui, dove ora c’è soltanto suolo argilloso, ci saranno ulivi, fichi, aranci, piazzole con tende popolate di persone, stagni con lenticchie d’acqua. Oppure camminerò fra le iurte, se le stupide norme in proposito cambieranno nel nostro paese ancorato a una idea di casa in cui dimorano i sogni di una generazione al tramonto. Quel giorno i miei capelli saranno più radi, la mia barba più bianca. Quello che sarà e io sarò dipenderà dalle decisioni e dalle azioni di oggi. Mi sento più vivo pensando alla direzione che ho imboccato tempo fa e che oggi mi ha portato qui in uno spericolato schema di rimbalzi.

Indico il punto in cui la terra piega, il dislivello in cui potrebbe essere scavato un laghetto. Un giorno qui sorgerà ciò che saremo riusciti a immaginare e a costruire. Sempre mettendo al centro di tutto la terra, e come essa potrà aiutarci a esser persone più ricche di risorse e significato in un mondo diverso da quello attuale. Dieci, venti anni. Quante cose cambieranno? Ci saranno ancora i voli a basso costo che mi hanno portato qui? No, credo proprio di no.
“Prima pensa all’acqua, poi pensa al cibo, poi pensa all’energia, poi pensa a spazi per accogliere le persone.” Progetti le linee essenziali, e disegni un futuro fatto di ciò che serve davvero. Per essere utile a te e agli altri. Le cose essenziali.
Ieri, al risveglio in Sicilia ho staccato un’arancia dall’albero, un frutto succoso, l’ho sbucciato e l’ho gustato respirando l’aria del mattino. Una prima colazione da dei dell’Olimpo.

Oggi sono qui, a Torino, dove di solito le arance non le colgo, le compro: il mercato di corso Racconigi. Ma non c’è nessun mercato, né tanto meno agrumi, solo posti vuoti per auto da parcheggiare. Sciopero, moti popolari. Le strade in cui viaggiano frutta e verdura sono bloccate. In centro, piazza Castello, si raccoglie una folla spontanea (o non) si lanciano fumogeni. La polizia si toglie i caschi, forse sì, forse no. Cori da stadio e furore, ma anche tanta rabbia giustificata. La sera fatico a tornare a casa, le strade sono bloccate. Carrelli della spesa in mezzo al corso, sbarramenti umani che bloccano corso Francia. Ci scivolo con la mia bici. È l’inizio di qualcosa che si sgretola sotto i nostri occhi, così lontano dalle origini di tutto, da dove si progetta il futuro. Qui ci si stupisce che basti un atto di forza per paralizzarti nella tua auto da 30mila euro, che adesso vale meno della mia bici, perché io passo e tu no. Ci si stupisce se i camion non arrivano, il lavoro rallenta, si ferma, non c’è da mangiare.Poliziotti-si-tolgono-il-casco-in-Piazza-Castello-a-Torino-9-dicembre-fotogramma-ilfattoquotidiano
Nei supermercati ci sono ancora viveri? Sì, no, non so. Quest’oggi dicono che i manifestanti stiano bloccando anche i centri commerciali.
Ripenso a quelle arance, tonde, pesanti, colme.
Penso che queste potrebbero essere prove tecniche di Grecia e, a lungo termine, di ben altro. La città è bellissima, ma non ci crescono le arance, e non mi pare che si facciano grandi progetti per il futuro.

Flavio

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9 risposte a “Prove tecniche di permacultura e distopia

  1. Cittadini che si lamentano rendendo la vita difficile ad altri cittadini? Partiti e movimenti che si mostrano interessati ad intercettarli? Voglia di cambiare tutto ma ciascuno per sé, regole zero e vaffanculo? Concordo con chi dice che tutto questo è troppo impulsivo e secondo me o verrà represso o imploderà o magari finirà assorbito in qualcosa di più innocuo ed ininfluente

  2. Pur simpatizzando per il movimento 5 stelle anch’io nutro seri dubbi nei confronti dei suoi sostenitori. Ricordo una conversazione di soli tre anni fa in cui i miei amici di sport (camionista, antennista, falegname e operaio, insomma di tutto un po’) mi dicevano la stessa cosa: “Ma come caxxo fai a campare con 1300 al mese? Se hai un imprevisto finisci nei guai! Io il tuo lavoro non lo farei mai…” Ora gli stessi dicono che io ho la fortuna di avere un posto statale e che non posso capire come siamo messi male in Italia perchè io la crisi non la sento. Ma perDio, perchè avete speso soldi in sciocchezze per anni e anni in cui le cose andavano bene? Un po’ di autocritica no? E naturalmente tutti ripongono grandi speranze nei 5 stelle.

    Una seconda cosa che mi ha colpito è il prezzo delle zucchine e dei pomodori al mercato di ieri; solitamente le zucchine sono a 0.80 centesimi a Kg e i pomodori 1euro a kg. Bene ieri, causa blocchi stradali dei forconi, molte bancarelle non sono arrivate e il prezzo dei suddetti ortaggi è misteriosamente triplicato! I soliti furbetti all’italiana, altro che cambio di mentalità. In questo scenario saper curare il proprio orto diventa un’enorme ricchezza, e non potremo farlo quando i soldi saranno finiti, bisogna imparare subito.

    Terzo:conosco alcune persone dichiaratamente forzaitaliote che dopo la caduta del loro astro sono diventate grilline e pontificano sparando a zero sui ladri e sulla casta. Potremo mai aspettarci qualcosa di buono da soggetti del genere?

    Io continuo per la mia strada: lavoro il giusto, mai straordinari, e nei week end leggo, zappo, poto i rami, baratto alcuni prodotti, taglio la legna.
    Buon week end a tutti

    • Ciao Attilio,
      innanzitutto, ti do il benvenuto su LLHT! Sia perché è mia abitudine farlo sempre con i nuovi amici del blog, sia perché le cose che scrivi, tanto sono efficaci e dirette, potrebbero essere riportate nella homepage di questo nostro piccolo spazio! (E questo è il motivo per cui mi sono permesso di evidenziarti alcuni passaggi, che reputo particolarmente significativi.)

      Provo a risponderti per punti:

      1) Circa le perplessità sui sostenitori del M5S, non sto ora a ripetere cose che ho scritto a sfinimento nei post a cavallo di febbraio e marzo di quest’anno (attirandomi anche qualche antipatia…), ai quali magari ti rimando se hai voglia di approfondire. Quanto invece alla domanda sulle “spese inutili in sciocchezze, quando le cose andavano bene”, mi permetto invece di suggerirti un paio di vecchi pezzi proprio su questo tema, che restano a mio avviso dei capisaldi del blog: “La costruttiva abitudine alla rinuncia“, “Ma quanto LOW?” e “Cosa sei disposto a perdere?“.

      2) Sul comportamento di alcuni commercianti, stendiamo un velo pietoso! Qualche giorno fa, un’affezionatissima lettrice mi ha raccontato che, dopo aver cominciato a riciclare casse di frutta per realizzare con le proprie mani e la propria creatività degli straordinari complementi d’arredo (tavolini, librerie, espositori…), il fruttivendolo da cui le prendeva – vedendo aumentare il suo interesse per quegli articoli che lui avrebbe buttato – ha deciso di… vendergliele! A 2 Euro l’una, adducendo futili scuse! Capisci come siamo messi? E poi vengono a parlarci di “ricaduta favorevole”… Ma per favore!

      3) Infine, sul comportamento degli ex sostenitori del PDL che ora si improvvisano “contro il sistema” – permettimi – evito per principio di sprecare il mio tempo: la dignità che mi auto-attribuisco mi impedisce, infatti, anche solo di prenderli in considerazione come oggetto di critica.

      Ciao e… complimenti per la chiarezza delle tue idee, delle tue scelte e, soprattutto, per la determinazione che dimostri. A presto.
      Andrea

  3. Alessandro, prendo spunto dalla tua richiesta di maestri autorevoli, per “fare outing” su una certa parte della mia vita, che qui potrebbe essere d’esempio: non sono mai andato un giorno a scuola; ciononostante mi sono laureato (non a Tirana, come il figlio di Bossi) e ora, per la giusta legge del contrappasso, insegno.

    Con questo voglio dire che di maestri autorevoli è pieno il mondo (da sempre e per sempre) e proprio in questo sito, Andrea ne ha indicati in buon numero. Purtroppo il problema è nella ricevente, non nella trasmittente: bisogna avere la voglia di cercarsi i maestri, le capacità per sceglierseli; ma, soprattutto, la voglia di mettere in pratica – quasi sempre sulla propria pelle – i relativi insegnamenti.

    Queste “convulsioni sociali”, per ora di lieve entità, innescate dai “Forconi”, dimostrano che di queste tre componenti, c’è solo l’ultima: in altre parole, si cerca di fare qualcosa, ma mancano in chi ci sta provando i presupposti teorici. Ci si agita, perché ci si è accorti che manca il terreno sotto i piedi: ma nessuno che controlli se si è allacciato il paracadute… Bene, facciamo una nuova “marcia su Roma”? Davvero pensiamo che i parassiti che stanno là, scapperanno per questo? E se pure fosse, al posto loro chi ci mettiamo?

    Perché i “Forconi” non hanno espresso né dei leader, né un sistema per crearli. Ovvio che certe forze politiche li osservino con attenzione; Berlusconi, perché sa che è una protesta nata principalmente per un problema di soldi: quindi, tentare di far passare che attraverso “Forza Italia” potranno riavere la loro ricchezza, quand’anche questo Partito fece sempre la sua parte, per distruggere lo stato sociale, ci può stare: visto il Q.I. dell’italiano medio e il suo irresistibile impulso a delegare la soluzione dei propri problemi agli altri, ci può stare.

    Più logico – e, immagino, sincero – l’interessamento di Grillo: riuscire a compattare queste forze attorno a una protesta che passi per la base, è più che giusto.

    Rimane il fatto che stanno mettendo il carro davanti ai buoi: prima, costruire una rete di base, che abbia le idee chiare su come risolvere certi problemi e che individui le persone giuste per operare in quella direzione; poi, se necessario, spaccare tutto. Ma – a meno che non si siano individuate delle singole zone (città, paesi) nelle quali è già possibile operare in questo modo – per il momento vedo solo un agitarsi convulso di membra: che sa più di agonia, che di rivoluzione.

    Ribadisco che – come ho scritto nel mio primo commento – da queste azioni può germinare una nuova coscienza sociale di gruppo, visto quant’è variegata la massa che si è messa in moto. Ma rimango convinto che sia molto più reale il rischio di strumentalizzazione: o direttamente, criminalizzando quanti si stanno opponendo a questo sistema (in analogia con quanto seppe fare chi governava negli Anni ’70, sfruttando il terrorismo e l’Autonomia, per criminalizzare quelle componenti della “sinistra”, che davvero potevano produrre un cambiamento); o indirettamente, da parte di qualcuno che, politicamente, riesca a cavalcare la tigre, fingendosi portavoce di queste istanze, per arrivare soltanto a posizioni di potere.

  4. Arrivo subito al punto: ascoltando giorni fa i commenti, le interviste del “Comitato 9 Dicembre” inseriti nel post precedente, non ho potuto fare a meno di notare, che il loro concetto di “cambiare le cose”, si basa sul mantenere il loro status e i loro soldi.

    Non posso non fare a meno di ricordare quanto fece, a suo tempo, la “L.I.F.E.” a favore degli evasori. Non ho sentito nessuno – né lì, né altrove – dire: “Sono un commerciante che, al momento dell’introduzione dell’Euro, ha arrotondato il cambio a 2.000 lire”; oppure “Sono un piccolo imprenditore e, anni fa, ho contribuito a cementificare i miei campi, grazie ai politici del posto”.

    Non c’è, insomma, quel cambiamento di mentalità, quella presa di coscienza che sola può garantire un vero cambiamento; anche se – come legge del contrappasso – pensare a questa gente che credeva di ingrassarsi (e che spesso, almeno per un po’ di anni, c’è riuscita) e che adesso deve sbattersi sul serio, sulla propria pelle, sperando di salvare qualche briciola. Ma, ripeto, non ci vedo, da questo, la possibilità di un cambiamento.

    C’è il rischio, semmai, di strumentalizzazione, non appena qualcuna di quelle manifestazioni dovesse degenerare. Non penso che vedremo i carri armati in piazza, ma c’è la possibilità si inventino qualche provvedimento per limitare le libertà.

    In mezzo a tutto questo, l’unica nota positiva la vedo nel fatto che tante categorie diverse, assieme, riescano a far nascere e crescere occasioni di solidarietà; ma ci vorrà del tempo perché, ammesso che ciò succeda, riescano a produrre risultati concreti sul territorio.

    • Ciao Alberto,
      riprendo brevemente le due cose di cui abbiamo già parlato in precedenza:

      1) Questa situazione, purtroppo potenzialmente incendiaria, sta facendo emergere una radiografia della società italiana che, nei miei quarant’anni di vita, non avevo ancora potuto conoscere. E sta rivelando aspetti e dinamiche comportamentali che – ancora una volta – avevo con un certo grado di approssimazione paventato già da diversi anni: bastava leggere le cose con gli occhiali giusti…

      2) Diversamente da te, ho assai poche speranze che da questo disordine possa germogliare un qualche tipo di soluzione ordinata. L’entropia funziona sempre in un verso soltanto: se sciogli lo zucchero nel caffè, non c’è miracolo al mondo che possa restituirti la zolletta! E’ il principio del caos, che agisce sia a livello molecolare, che di consorzi umani. Così come ho ripetuto a sfinimento di non avere alcuna speranza perché il messaggio di Beppe Grillo possa attecchire (non per sfiducia nel messaggio, ma nei suoi… destinatari), così credo che questa agitazione scomposta e priva di un reale orizzonte non possa che degenerare in qualcosa di spiacevole. Certo, accadono cose nuove. E interessanti. E, a loro modo, storiche: penso alle forze dell’ordine che, sfilandosi il casco, si mescolano a quelle del disordine. O, come sarebbe meglio dire, “del ripristino”.

      Il pezzo di Flavio – carico di una poetica che LLHT non aveva finora mai sperimentato – dimostra esattamente (e amaramente) come la tensione verso un cambiamento sano e animato di una progettualità benefica, sia invece destinata a soccombere miseramente, se al cospetto di forze centripete che, a mio modo di vedere, possono avere come unico epilogo… l’implosione.

      Per quel che mi riguarda, quello che sto vedendo in queste ore è Low Living, Low Thinking: mi spiace, ma al 50% non funziona.

      Un modello, nato con Adam Smith nel diciottesimo secolo e sublimato nella teoria della “ricaduta favorevole” (la ricerca dell’interesse individuale produce inevitabilmente un interesse collettivo), è definitivamente al tramonto. Come dico su queste pagine da un anno e mezzo a questa parte, senza un modello alternativo, non si va da nessuna parte.
      Certo: qualche paladino c’è. Ed è persino capace persino di volare fino in Sicilia per insegnare a progettare il futuro. Ma sono ancora troppo pochi.

      Dovranno necessariamente emergere pensatori competenti, illuminati e autorevoli. Ai quali ci si possa affidare per ridisegnare l’orizzonte. Che non sarà più una linea leggermente ricurva. Ma sarà molto, molto frastagliata…

      • Ciao Andrea,
        noto un certo scoramento nelle tue parole.
        L’ottimismo che mi pare ha contraddistinto i tuoi commenti finora sta venendo meno?
        E’ complicato tenere la rotta in questi frangenti.
        Chi li trova i “pensatori competenti, illuminati e autorevoli”?
        Noi? Così ad occhio io non saprei da dove cominciare …
        Tu o Alberto siete in grado di stilare un elenco?
        E nel frattempo che “il celo ci cada sulla testa” cosa possiamo fare?

        • Ciao Alessandro. Wow, quante domande!
          Parto dall’inizio: sai il post che, quindi, le mie parole muovono da una diagnosi abbastanza impietosa dello stato delle cose. Non è questione di ottimismo. O, per meglio dire, dipende da dove lo si indirizza, quell’ottimismo: se su alcune, nobili iniziative individuali, l’ottimismo è un “must”. Se invece lo sguardo si posa sulla piega che stanno prendendo molte dinamiche sociali, bè… l’ottimismo lascia per forza il passo all’oggettiva fragilità della più totale a-progettualità delle forze che spingono questo presunto cambiamento.
          A questo proposito, segnalo a te e ai lettori un ottimo articolo, che trovo molto efficace per descrivere da che cosa e verso che cosa muova l’attuale protesta: “Il forcone e il capitale“.

          Quanto alle ultime domande, vado per punti:
          • Non è per nulla difficile tenere la rotta, si tratta solo di avere ben presente qual è il punto d’arrivo, sulla Mappa. Occorre, in altre parole, non farsi distrarre da altre destinazioni che non rientravano negli… ordini d’ingaggio. 😉
          • Per i pensatori competenti, illuminati e autorevoli, concordo con Alberto: molti li ho indicati io stesso su LLHT, strada facendo. Certo, alcuni di loro sono già concime per fiori… altri, però, no. Solo per fare un esempio: qui sopra, parlo di Diego Fusaro da oltre un anno e, guarda caso, anche lui – l’altra sera – era ospite di quel programma su La7, “la Gabbia”. Come Baranard, del resto, che recensisco su LLHT dalla sua nascita…
          • Quanto alla tua ultima domanda, infine, bè… se sapessi cosa fare, per filo e per segno, nell’attesa che il cielo ci cada sulla testa, bè… forse non sarei qui, in questo momento!! 😉 Quello che posso (e che devo) ribadire è una cosa soltanto: trovare le forze per investire su se stessi, convincersi che siamo, valiamo e contiamo molto più di quanto l’ordine precostituito, fino ad oggi, ci abbia fatto credere. Raggiunta questa consapevolezza, credimi, un bel pezzo di strada è già stata fatta. Infine, altro suggerimento in pillole (su cui batto praticamente dalla nascita di LLHT): disabituarsi ai consumi superflui e a tante piccole comodità con cui la modernità ci ha ipnotizzato.

          Ciao.

  5. Il contrasto è feroce, violento, doloroso.
    Oggi mia mamma mi ha detto che la ragazza che viene a farle i lavori la mattina al supermercato facendo la spesa si è spaventata: tanta gente ma soprattutto carrelli pieni di provviste, due tre carrelli per persona, per famiglia, le sembrava il tempo di guerra (che lei ovviamente non ha vissuto…ma rendeva l’idea!)
    Questa sera ho voglia di piangere… e di Sicilia…

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