Quali pagine di Pictures from Italy avrà scritto Charles Dickens, osservando l’Arno da qui? E quali impressioni avranno suscitato queste mura in Virginia Woolf, oltre un secolo fa? Che riflessioni avrà fatto negli ultimi anni di vita, Alexandre Dumas, assistendo a un’alba come questa?
Mi trovo nell’hotel di Pisa che nei secoli scorsi ospitò questi ed altri grandissimi personaggi della letteratura. Un vecchio palazzo sul Lungarno, che – nella sua imponente essenzialità – trasuda storia umanistica da ogni centimetro quadrato delle sue pareti e dei suoi pavimenti. Sto scrivendo da un tavolino di legno adiacente a una porta-finestra dalla vernice color avorio, in vari punti scrostata, che dà su un balconcino affacciato sull’ansa del fiume. Respira maestoso, l’Arno. Con una punta di affanno, sembra. Gravido com’è delle acque faticosamente accolte da questi giorni di piogge. Ma, come ogni corso d’acqua, trasmette un quieto fatalismo. Una serena accettazione di ciò che il tempo sta riservando per noi.
Mi trovo in questa situazione di privilegio grazie a un’intuizione di Cristiana, collaboratrice di LLHT che, più silenziosa di altri (ma non per questo meno essenziale), condivide e promuove lo spirito divulgativo del progetto. Sono stato invitato a tenere una presentazione del libro, congiuntamente a una piccola lezione sulla Bioeconomia, all’interno della XXIII edizione del master post-universitario CIBA, organizzato dall’associazione culturale Eraclito 2000. Esperienza forte. Fortissima.
Nel corso dei miei ormai quarantacinque interventi pubblici (in tutta Italia e… in un solo anno) per la promozione di Vivere Basso, Pensare Alto, ho ormai imparato a tracciare varie segmentazioni dei miei interlocutori, in base a differenti criteri: culturali, anagrafici, esperienziali, eccetera. Questo mi serve per poter declinare il messaggio nel migliore dei modi; senza ovviamente snaturarlo, ma per renderlo il più possibile appetibile alle persone con cui di volta in volta mi capita di relazionarmi.
Ebbene, ieri mi sono trovato di fronte una categoria per me nuova, quella che mi sento di poter definire una punta di diamante della potenzialmente vastissima platea di questo messaggio: giovani di 28-30 anni, neolaureati, avidi di vita, ma in molti casi estranei – non per colpa loro, ma per l’imperdonabile inerzia di un apparato accademico spesso polveroso e incapace di intercettare il cambiamento – ai temi della sostenibilità e delle relative discipline (anche organizzative) che si stanno impazientemente srotolando davanti ai loro occhi. Un po’ di sana esitazione iniziale da parte mia (saprò incuriosirli senza terrorizzarli, o soprattutto indisporli?), ma la serata è fluita via con la stessa portata dell’Arno, qui davanti a me. Domande forti, domande vere. Stimoli reciproci. Strette di mano e abbracci autentici. Chi di libri ne ha acquistati due. Chi ha usato espressioni di entusiasmo anche forti ( che preferisco non riportare 😉 ). Qualche voce trepidante.
Va benissimo così: abbiamo seminato ancora. E seminato bene. Come scrivo a volte su Facebook, la strada è questa. Ognuno a suo modo: ognuno sappia, nel proprio cuore, in base alle proprie possibilità e in funzione delle urgenze che ci attendono per la costruzione del nostro comune orizzonte, come tracciare una rotta. Per sé e, possibilmente, per gli altri.

Lo scrittoio dell’hotel
E’ stata una bella esperienza che – ne sono certa – non rimarrà isolata. Siamo pienamente lanciati e – come vedi – incontriamo persone che ci sostengono e che, a loro volta, ci aiutano a creare nuove opportunità!
Io sto cercando di fare della ricerca del “silenzio” (interiore) il focus della mia esistenza… (questa è un’altra storia), ma – come dicevamo ieri sera – ci vogliono fanti e ci vogliono gregari, non sempre si può essere sulle quinte, perché anche dietro le quinte c’è molto da “fare” 🙂
Hai perfettamente ragione.