Esorcismi ed alveari

Esorcista

Padre Merrin (Max Von Sydow) ne “L’esorcista”

Devo ammetterlo, in parte me lo sentivo: quando, esattamente un mese fa, scrissi l’articolo su Mario Monti, definendolo “liquidatore” e introducendo il paragone con padre Merrin, il reverendo del film “L’esorcista” (intitolando il pezzo proprio con una citazione dal film: “Il demone è bugiardo: mentirà per confonderci, ma unirà alla menzogna la verità, per aggredirci”), avevo già raccolto qualche indizio che Beppe Grillo – o qualcuno del suo staff – venisse ogni tanto a farci visita (vedi questo post), e intuivo che il parallelismo sarebbe stato efficace.

Premetto che, come ho detto in precedenza, ammiro il Movimento 5 Stelle soprattutto da un punto di vista sociologico, ritenendolo l’unico “canale” in grado di avviare in Italia quello che definisco sinteticamente change-management, ossia l’insieme di azioni e di provvedimenti capaci di imprimere al tessuto socioeconomico italiano quel necessario slancio, umanitario prima che produttivo, ancora forse in grado di ridare fiducia e stimoli a questo paese.

Tornando all’esorcista, mi limito allora a richiamare l’attenzione degli amici di LLHT alla nuova similitudine che il più grande comunicatore nazionale (ad oggi) ha introdotto per descrivere Mario Monti, proprio in occasione del primo comizio dello Tsunami Tour per la campagna elettorale, a Pisa, martedì scorso: cliccate qui per il video (oppure qui per andare direttamente al minuto 18:45, oppure qui o qui per la cronaca dei giorni successivi).

Come scrissi l’altra volta, qui nessuno rivendica nulla, ci mancherebbe! Tranne il piacere di poter condividere con i suoi lettori la piccola soddisfazione che LLHT attiri in qualche modo l’attenzione del più grande blogger al mondo!

The Exorcist

Separatore1

Ma passiamo all’aspetto più qualificante del post, che altrimenti potrebbe apparire solo come una sterile autocelebrazione: anticipo un tema – perfettamente propedeutico a LLHT – a cui sto riflettendo da tempo, per la precisione da quando Giovanna (a cui questo post servirà da ringraziamento e da… risposta) mi ha invitato a leggere “La favola delle api“, poemetto satirico di Bernarde de Mandeville scritto nel 1705, ma assai utile anche oggi per capire la valenza di tutte quelle belle teorie economiche che hanno governato la Storia degli ultimi tre secoli.

Per chi non avesse voglia o tempo di leggerla nella sua versione integrale, propongo qui un riassunto della trama (tratto da RagionPolitica): nell’alveare si lavora in modo incessante ed i risultati generali per la comunità di api sono estremamente soddisfacenti. Ogni ape, soddisfacendo le proprie necessità, finisce in un modo o nell’altro per soddisfare quelle dell’intera comunità. Un bel giorno, c’è chi si rende conto che il benessere raggiunto dall’alveare nel suo insieme nasconde dei vizi, delle storture morali che mal si armonizzano con il grado di ricchezza raggiunta: lusso eccessivo, ipocrisia individuale, avarizia sentimentale, invidia reciproca. Di tale corruzione morale alcune api iniziano a lamentarsi, certamente prede inconsapevoli di un’epidemia di perfettismo morale. E quello delle api è un lamento così insistente e reiterato che le loro parole giungono fino a Giove, il quale, agendo come un Grande Legislatore, impone loro, per decreto, l’esercizio della virtù da loro stesse invocata. L’opzione della virtù nella forma del rigorismo etico prende il sopravvento su ogni attività singola, estendendo il proprio primato su tutto il resto. A questo punto la società dell’alveare, inondata dalla virtù che Giove impone ad essa, comincia a cambiare aspetto: l’intraprendenza si inaridisce, il desiderio di migliorare le proprie condizioni si fossilizza. L’alveare, adesso, è virtuoso ma statico. I rapporti fra le api cambiano radicalmente, così come radicalmente si modifica lo stato di benessere dell’alveare. Ogni ape non ha più problemi di coscienza, o perlomeno crede di non averne: ma tale situazione, anziché portare pace, apporta una sorta di quietismo che induce ogni ape, in netto contrasto con le situazioni passate, ad accontentarsi di ciò che ha senza più badare a ciò che potrebbe avere. Il risultato è negativo, e coincide con la rovina economica dell’alveare, cosa di cui ci si accorge solo quando, come suol dirsi, i buoi sono già scappati dalla stalla.

Particolarmente eloquente è a mio avviso il paragrafo conclusivo della favola:

[…] Non v’era alcun traditore presso di loro. Tutte combattevano validamente per la causa comune. Il loro coraggio e la loro integrità furono infine coronate dalla vittoria. Ma questo trionfo costò loro tuttavia molto. Parecchie migliaia di queste valorose api perirono. Il resto dello sciame, che si era indurito nella fatica e nel lavoro, credette che l’agio e il riposo, che mettono a sí dura prova la temperanza, fossero un vizio. Volendo dunque garantirsi una volta per sempre da ogni ricaduta, tutte queste api si rifugiarono nel cupo cavo di un albero, dove a loro non resta altro, della loro antica felicità, che la contentatura dell’onestà.

E’ una favola che annuncia verità amare, il cui principale effetto rischia di essere un tetro disincanto. Allora?, mi son chiesto subito dopo la lettura. Se è davvero così, cos’altro resta da fare? Il messaggio è sconcertante, nella sua tagliente chiarezza. Un’elogio della disonestà, mi verrebbe quasi da azzardare. Un messaggio – quello di Mandeville – di apologetica accettazione della deriva dello spirito umano, perché solo dalla sua congenita indole alla deviazione può nascere la prosperità. Certo, difficile contraddire questa che, a tutti gli effetti, pare un’innegabile evidenza dell’evoluzione umana degli ultimi tre secoli almeno. Fase storica che, ricordo, alcuni sociologi definiscono Antropocene, proprio per indicare la schiacciante presenza – sconfinante nel dominio – dell’Uomo sull’ambiente che lo ospita.

Possono davvero, le filosofie di vita ispirate alla Decrescita, porre un freno alla naturale indole umana, unicamente guidata dal dogma dell’accumulo? In altri termini, e ricollegandomi così al post sulla rinuncia, può l’istinto di accrescimento dello spirito umano essere in qualche modo vincolato? Sono interrogativi a cui non può rispondere nessuno. Non Mandeville, non Latouche, non Ivan Illich, non Giovanna e… non certo io. La Natura è da sempre autoregolamentante. Questo istinto umano di accrescimento è, in tutta evidenza, parte integrante della Natura. Dunque, la volontà di porsi dei limiti sarebbe in qualche modo… contro Natura? No, perché… anche la consapevolezza di doversene porre è generata dalla Natura. Non se ne esce più, di questo passo…!

Dunque, con buona pace di Mandeville e degli esorcismi che promette Mario Monti, ho la netta sensazione che la via d’uscita a questo labirinto degli specchi non sarà nell’operosità delle api (mediata dal Vizio), né nel ripristino della sobrietà (mediato dalla Virtù), ma sarà imposta – guarda caso – da un concetto squisitamente economico: la scarsità.

Chi crede che una crescita infinita sia possibile in un mondo dalle risorse finite può essere solo un folle od un economista.

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11 risposte a “Esorcismi ed alveari

  1. Ciao,
    Con riferimento alla favola delle Api (interessante!) restano anche forti obiezioni: quanti “accontentati” si può permettere la società? viene da pensare che se davvero scelte di riduzione/rinuncia fossero abbracciate da tanti, l’impennata del debito pubblico, et ergo la bancarotta, sarebbero una rotta obbligata.
    E nel paradosso di una società di accontentati, da cosa emergono le spinte per l’innovazione, il miglioramento… quali ambizioni devono muovere gli individui per evitare un’involuzione?
    E’ poi vero che siamo così distanti da un idea di società capace di autolimitarsi, che sulla lunga strada che ci può portare lì, ci sarebbe spazio per tante correzioni.
    Come sai Andrea, anche se credo la culla del cambiamento sia il singolo, ho la fissa di pensare che una scelta coerente non può prescindere da ragionamenti sulla dimensione collettiva…

    • Il cambiamento su scala collettiva è quello che promettono i politici. Oggi come oggi, il 58% degli italiani non ci crede più (43% di indecisi più 15% che votano Grillo).
      Lo ripeto da sempre: da soli non si cambia il mondo, ma noi stessi sì. E, per me, è più che sufficiente.
      Sta pr uscire un post che ti piacerà molto, credo: vedi la mia risposta a Roberto dell’ultimo post. Ciao.

  2. Anche se qualche filosofo ha sostenuto che: l’intelligenza è l’unica cosa che Dio ha elargito con grande generosità visto che nessuno sosterrà mai di averne poca, concordo con te nel dire che solo la scarsità potrà mettere freno a questa corsa al massacro.
    D’altro canto se questo pomeriggio ho potuto giocare con mia figlia (di 2 anni) per diverso tempo con 2 spaghetti (crudi), alla faccia di tecnologici giochi ricevuti per natale, di stimolantissimi giochi in legno ed anche di giochi che gli ho costruito io, forse dovremmo investire tutto sulle generazioni future e passare più tempo con i nostri figli e cercare di riscoprire qualcosa che abbiamo perso (forse non per colpa nostra).

    • Ti consiglio anche le arachidi. 😉
      Qualche sera fa, infatti, a casa nostra un’amica ha giocato per mezz’ora con la figlia di altri nostri amici, inventandosi storie che avessero come protagoniste una decina di arachidi: creatività, spontaneità, inventiva, fascino, naturalezza, semplicità, coinvolgimento. A costo zero.
      Concordo con te sulla necessità di riscoprire questo “qualcosa” che abbiamo perso: che sia, semplicemente… la semplicità?
      Sono meno d’accordo, invece, sulle responsabilità di questo smarrimento. Credo che la colpa sia fondamentalmente nostra, invece: è vero, c’è stata la seduzione del progresso. Ma noi, inutile negarlo, ci siamo facilmente arresi, lasciandoci sedurre…
      Ciao

  3. Istinto naturale all’accrescimento… E se invece di frenarlo lo liberassimo questo istinto? Perché dovremmo frenarlo? Non è quello che è sbagliato secondo me. Un altro tipo di crescita però. Molto diverso. Il cui obiettivo è la conservazione della specie e non la sua lenta distruzione. Ci sarebbe molto da crescere in quel senso. Solo in un’altra direzione…

    • Sono ovviamente d’accordo con te, Marica. Il problema è che l’accrescimento a cui ci riferiamo tu, io e (per fortuna) tantissimi altri, è di tipo positivo, benefico. Mentre la maggioranza delle persone lo intende nell’accezione di accumulo, guidato da due fenomeni: uno intrinseco alla natura uomana (l’avidità) e uno creato ad arte dall’uomo, per assecondarla (l’iper-consumo). Ciao.

      • Ciao Andrea, c’è un video che ho trovato su Io e la transizione: Richard Heinberg, la fine della crescita. Magari lo conosci ma volevo segnalartelo perché mi è sembrato chiarissimo…

        • Grazie Marica, non lo conosco ma intanto l’ho già caricato nella Cineteca. Domani lo vedrò, comunque. Purtroppo però ho trovato solo la versione in inglese. Sai indicarmi se per caso ne esista anche una sottotitolata? Grazie, ciao.

        • Sì Andrea, sono andata nel sito http://blog.ilcambiamento.it/ioelatransizione/
          Lì c’è un articolo di Cristiano Bottone e sotto il video sottotitolato in italiano. Io l’ho trovato molto bello e chiaro. Solo che ho difficoltà a capire la storia del denaro. Cioè che produrne significhi altro debito…insomma quando si parla di questo ho sempre difficoltà e mi perdo…
          Però tra quelli che ho visto mi è sembrato il più chiaro

  4. “La Natura è da sempre autoregolamentante.”

    Ecco, e scusami: non è per sminuire tutto quello che ci hai scritto attorno: ma – tenendo presente che, al contrario che per te, per me è l’economia a essere arabo… – la soluzione di tutto è in questa frase.

    Forse è per questo che negli ultimi tempi gli attacchi contro la Natura si sono moltiplicati e si cerca di starne più lontani possibile. Al contrario, chi saprà rimanerne legato – e questo è possibile anche in ambiente urbano, pur se sembra una contraddizione in termini – avrà di sicuro una chence in più.

    E, già che parliamo di quel che può fare la Natura, passando al M5S di cui faccio parte anche se non gli lesino critiche (chi vuole, può andarsi a leggere i miei commenti nel blog nazionale o nel suo forum, sempre firmati con nome e cognome), stai tranquillo che la “selezione naturale” agisce anche sui movimenti politici; ed è già iniziata, anche se non sto riferendomi alle espulsioni che hanno caratterizzato questa formazione negli ultimi mesi.

    • Lo spero vivamente. Perché i pochi, cammuffatissimi carotaggi sulle intenzioni di voto che si sentono in giro mi sembrano appartenere ad un’altra epoca! E’ vero: non commetto certo l’errore di ignorare che siano ovviamente creati ad hoc per illudere che sia tutto come prima…
      Qualche mese fa sentii alla radio un cronista dire che il più bravo politologo al mondo non avrebbe immaginato cosa sarebbe potuto succedere in Italia alle prossime Politiche. Gli credetti. Pensai che avesse ragione. Pensai che ci fosse davvero l’occasione per rinascere. Ero arrivato a cullarmi nel ricordo di come la nostra penisola sia sempre stata, per ironia della Storia, la fucina di grandissimi cambiamenti epocali, sia culturali che politici.
      Come sai, non ho la tv. Non seguo i dibattiti. Non ho visto lo show in cui Santoro è andato ospite da Berlusconi. Ma parlo con la gente. E ascolto. Ci vuole un attimo, Alberto. Un solo attimo perché le suggestioni avvizziscano. E c’è molta scaltrezza, in giro.
      Spero che – come dici tu – la Natura faccia il suo corso anche in politica.
      Ciao

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