Downshifting e/o self-empowerment 2

Piuttosto emozionante. Che cosa? Bè, replicare per la prima volta sul “mio” blog a uno straordinario pezzo (il precedente) di uno degli autori. A cui, infatti, ho “rubato” il titolo! 😉

Lo faccio direttamente con un post, in quanto c’è un aspetto che mi preme specificare e che considero uno snodo piuttosto strategico, non solo del dibattito, ma dell’intera condizione sociale italiana ed occidentale (snodo al quale mi sarei infatti dedicato a brevissimo). A un certo punto, Flavio, dopo aver detto di frequentare milionari soddisfatti e downshifter soddisfatti, chiedi se ci sia una grande differenza fra un milionario realizzato e un downshifter realizzato.

Bè, la mia risposta è: sì, credo che ci sia una ENORME differenza! Ovvio, se la valutazione deve strettamente limitarsi alla sfera della realizzazione individuale (tema centrale del post, lo so bene), non può che essere come dici tu: la soddisfazione c’è in entrambi i casi e, conseguentemente, smettiamo di occuparcene. (Tanto, sono entrambi soddisfatti…)

Ma se, come credo io, la valutazione deve estendersi anche al “costo sociale” di quella soddisfazione, le cose cambiano radicalmente (è solo una questione di “perimetro”, me ne rendo conto). Perché, scusami se brutalizzo, ma un milionario soddisfatto – per essere tale – avrà necessariamente creato intorno a sé, nella maggior parte dei casi, montagne di insoddisfazione. Quindi, con molta schiettezza, della sua soddisfazione non me ne frega un accidente. Anzi, credo che sia giusto, in qualche modo, ridimensionarla. Lo so, ormai sta diventando un mantra: ma se i dieci italiani più ricchi possiedono un patrimonio equivalente a quello dei tre milioni più poveri, credo che un una qualche stortura dovrà pur esserci… o no?

Rich and poor

Non credo che i cammelli passino per le crune degli aghi, quindi non credo alla favola dei milionari filantropi che, per il solo fatto di finanziare o aderire a qualche iniziativa benefica, si sentono esonerati da qualsiasi responsabilità. Il libro “La misura dell’anima“, che non mi stancherò mai di consigliare, tratta esattamente di questo, di come cioè le iniquità distributive (per il solo fatto di… esserci) siano la fonte assoluta di un malessere generalizzato che serpeggia nella società, fino a logorarla ed annientarla dal suo interno.

Anch’io, certo, ho frequentato e frequento milionari soddisfattissimi. Ma ti posso assicurare che, tra di essi, non riesco a individuarne uno, che sia uno, per cui provo ammirazione da un punto di vista “etico”.

Questa valutazione si presta ad una sua applicazione su scala molto più ampia, che è l’oggetto di un post che sto meditando da tempo. Potrei riassumerla più o meno così: fino a che punto l’emancipazione da questo stile di vita logorante e socialmente insostenibile (chiamiamolo downshifting, scollocamento… non mi interessano le etichette) potrà strettamente ridursi a una mera fuga individuale di tanti soggetti illuminati, che trovano rifugio in soluzioni alternative autonome? E fino a che punto, invece, questa fuga, questo sapiente ritiro, queste soluzioni alternative dovranno contestualmente essere affiancate da un ridimensionamento FORZOSO degli stili di vita di chi li ha indotti in quello stato?

Sì, lo so: inutile girarci intorno. Quando si parla di forza, le parole “pace”, “libertà”, “armonia” diventano ipocrite. Come se non lo sapessi! Ma se, onestamente e – aggiungo – politicamente, questo discorso non viene fatto, si finirà senza accorgercene per avere milioni e milioni di operai dell’Electrolux (che in un modo o nell’altro, loro sì, si ridimensioneranno) e sempre meno plurimiliardari che, sulle loro spalle, si saranno ulteriormente arricchiti, delocalizzando la produzione e avendo così inasprito le differenze sociali.

Come lo chiamiamo, questo? Post-comunismo? Forse è la prima parola a cui si sarebbe portati a pensare. Ma i nomi non contano più, ormai. E, soprattutto, non mi sono mai identificato in quella ideologia fallimentare. Qui non siamo di fronte alle ideologie, che sono già state tutte sepolte sotto un metro di terra… Qui siamo di fronte a una pulsione sociale che rivendica ETICA ed EQUITA’. Per questo motivo, un intimo moto di salvezza che dovesse passare solo per qualche individuo e “fermarsi” al suo interno, non potrà che inasprire i divari sociali esistenti. Occorre parlare. Anzi: urlare. Come, nel mio piccolo, ho cominciato a fare con questo blog. Che, quando dice “low living”, non si rivolge solo a quei pochi illuminati ben disposti a rimodulare la propria esistenza, ma pretende implicitamente che debbano essere anche altri, a farlo! Sennò, sarebbe ancora una volta troppo comodo…

Certo, mi dirai, occorre l’esempio di pochi, affinché tanti si illuminino. Vero, verissimo. Ma credo sia opportuno che, almeno quei pochi, abbiano ben chiaro il quadro di tutte le differenze… ;-)

John S. Mill, economista e filosofo liberale del XIX secolo, a cui si deve la teoria dell’utilitarismo, era solito dire:

E’ meglio essere un Socrate insoddisfatto che un maiale soddisfatto.

Mi piace molto questa frase. E la cito spesso. Perché? Perché Socrate può sempre cercare di trovare soddisfazione, ovvio. Ma un maiale, per quanto si sforzi, resterà sempre un maiale.

Andrea

Separatore

PS. Mi rendo perfettamente conto della dirompenza di questo post, Flavio. Sia ben chiaro: esso non ha minimamente lo scopo di gettare ombre (o anche solo interferire) con il valore di quello che stai facendo! La stima che ho per le soluzioni che stai adottando (e per il modo in cui lo fai) è inferiore solo al mio bisogno di Verità. Proprio per questo, sulla questione delle iniquità distributive, la distinzione credo debba essere nettissima. Ciao a tutti.

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10 risposte a “Downshifting e/o self-empowerment 2

  1. Bellissime riflessioni, ragazzi! Grazie di cuore. Sia a Flavio, e sia ad Andrea che ha puntualizzato un aspetto veramente discriminante.
    Credo che faccia bene a tutti sapere che ci sono altre persone, e via via sempre di più, che condividono questi pensieri.
    A me prima di Natale è capitato di far riflettere un ricco imprenditore (non so se milionario in Lire o in Euro…) sul fatto che al di sopra di un livello dignitoso di vita ogni consumo è superfluo ed indotto, mentre per lui era un elevazione dello sguardo verso desideri prima di allora sconosciuti; altro tema (purtroppo sintetizzo e non so se rendo le idee) è stato il discorso delle economie parallele, lui credeva che spendendo creava comunque ricchezza a cascata anche al più infimo, mentre l’ho fatto riflettere che i soldi li stava spendendo sempre più per arricchire (principalmente) le tasche di quelli al suo livello. La patetica giustificazione morale è sempre quella che con tanti soldi puoi fare tanto bene, … qui non ho infierito con il racconto dell’ “obolo della vedova”. Ma alla fine ho avuto la soddisfazione di sentirmi rispondere che ci farà una riflessione sull’immagine della forbice che, pur sprofondando, riesce a continuare a far salire chi sta sulla punta superiore semplicemente divaricandosi sempre di più !
    Anche sul successo personale spesso “semino” questa riflessione: è meglio che una persona dotata di intelligenza creativa si impegni a trovare il modo per raggiungere il massimo del proprio successo personale, oppure che cerchi di “inventare” soluzioni che permettano il successo personale ad un numero maggiore di individui? La superstar è tale perchè ce ne sono poche, non sono modelli replicabili oltre ad un certo livello. Ma ci sono tanti potenziali modelli generalizzabili che hanno solo bisogno di essere scoperti e diffusi. Credo che in questo blog ci stiamo impegnando molto in questa seconda modalità di creazione del successo. Grazie !
    E poi, … l’importante è che ognuno segua la propria strada personale, anche perchè se guardo a Madre Natura la mano invisibile verso il bene comune lì sì che ce la vedo.

    • Ciao Claudio, grazie di essere qui e grazie delle tue parole (la tua ultima considerazione sulla Natura è essenziale).

      Al tuo amico, che si ostina a credere nell’ormai arcaica teoria della “ricaduta favorevole” (la corsa alla ricchezza di pochi genera indirettamente benessere per molti), suggerisco la lettura di questo post: “Il denaro deve servire, non governare“. O, se ha più pazienza, dell’intera esortazione apostolica di Papa Francesco, “Evangelii Gaudium”.
      Purtroppo per lui, tale illusione è l’ultima foglia di fico che resta agli arrivisti impenitenti, per nascondere l’inattualità di simili posizioni.

      La Decrescita prevede il rifiuto categorico di ogni pulsione all’accumulo e/o al benessere materiale, finalizzata alla drastica riduzione dei consumi che non siano destinati al soddisfacimento dei bisogni primari (che quindi, spesso, creano dipendenza) e ad una terapeutica ricerca del benessere relazionale, spesso derivante da beni invece intangibili (che costituiscono la VERA ricchezza per l’Uomo).
      Qui, su LLHT, si cerca di aprire gli occhi su questo, soprattutto. 😉

      Ciao!

  2. Colgo dalla rete queste informazioni: nell’antica Roma Crasso aveva rendite pari al reddito annuale medio di 32mila romani. Rockfeller all’inizio del 20º secolo guadagnava quanto 116.000 americani. Oggi il reddito di Carlos Slim è pari a quello di 400.000 messicani suoi connazionali.
    Caro Andrea, tutto questo è insopportabile e faccio molta fatica ad accettarlo. Anzi, non ci riesco.
    Ma naturalmente tu avevi già colto che la mia domanda, cioè se ci sia una grande differenza fra un milionario realizzato e un downshifter realizzato , non era posta sul piano della equità sociale, sacrosanta e mai abbastanza sottolineata, ma su quello del benessere interiore. Vedi, io mi muovo nel campo della esperienza soggettiva, di questo mi occupo e, anche involontariamente, a volte circoscrivo le mie osservazioni a questa sfera.
    La valutazione DEVE spostarsi anche sul piano della sperequazione economica? Bene, se deve, allora concordo con te. Occorre trovare soluzioni al divario economico che sta dividendo l’uomo dall’uomo e che cagiona sofferenze ormai insopportabili anche all’ecosistema, cioè di rimbalzo di nuovo (anche) a noi.
    Mi ha avvilito che il referendum sul ridimensionamento degli stipendi dei supermanager in Svizzera sia fallito, ma è accaduto proprio questo. Dunque arrendersi? No, certamente no, ma ritengo che la strada sia quella della persuasione, dell’educazione, della promozione intelligente della semplicità volontaria. E’ questo che faccio, coniugando il più possibile il sorriso all’impegno, anche negli incontri dell’UdsTorino, tanto che so di passare a volte per un allegro superficiale. La mia di sorridere è invece una scelta, costante e reiterata. Non me la sento, allo stato attuale, di immaginare soluzioni forzose, anche se so che ce ne sarebbe bisogno. Purtroppo la strada del cambiamento individuale non vedo come si possa sposare all’idea di imporre qualcosa a qualcuno che non è pronto a riceverla, quella cosa.
    Forse è possibile, ma a me non interessa questo aspetto. No, al momento sono così impegnato a trovare chiavi efficaci per il cambiamento individuale… è questa la mia passione o, se vuoi, la mia chiamata. Per questo trovo così congeniale accostarmi a una persona come te, così bravo a riflettere su macrolivelli. Io mi, occupo, come dicevo, dell’esperienza soggettiva, ossia quella attraverso ciascuno di noi vive la sua vita. Una vita in cui è molto difficile che qualcuno percepisca se stesso come un maiale, in cui tutti sono convinti di detenere la verità, in cui nessuno pensa di essere dalla parte del torto. Non solo, credo che giovi poco a me etichettare chicchessia come maiale, non perché in alcune circostanze le persone non si comportino come tali, ma perché racchiudendo la complessità in questa definizione, io perdo di vista troppe sfumature, utili a capire perfino le persone che voglio aiutare a cambiare, seguendo la proprio naturale tendenza, non la mia.
    Troviamo un modo di diffondere una intenzionale ed entusiastica voglia di aderire alla semplicità volontaria e io sarò, come già adesso, in prima linea. Sempre divertendomi, perché è così che lo faccio meglio.
    Un abbraccio.

    PS. Un’ultima cosa. Tenendo ferma la mia dichiarazione iniziale di SDEGNO, perché è sdegno, per l’iniquità distributiva vigente (non la differenza di ricchezza in quanto tale, che in passato era molto minore), mi sforzo e mi sforzerò sempre di non giudicare le persone in base al loro conto in banca, che sia esiguo o il contrario.

    • Ho risposto un paio d’ore fa con poche righe al tuo post, che ha originato questo.

      Rispetto a quanto puntualizzi ora, credo che – a livello di blog, forum o comunque in qualsiasi modo si voglia chiamare oggi un “luogo” di dibattito – dobbiamo badare a un concetto come l’equità sociale, o l’eticità tout-court: e non tanto a ciò che è soggettivo.

      Non voglio dire che esaminare la questione dal lato soggettivo sia farsi delle pippe: solo che – avrò magari la vista corta – non mi sembra porti da qualche parte.

      • Io sono invece convinto che sia utile porsi anche in quest’ottica, che prò non consiste, sia chiaro, nel dire che ogni opinione vale quanto un’altra. Capire l’esperienza soggettiva è ben altro. Nessuno deve farlo per forza, comunque, ma io porto questo tipo di contributo. Non è farsi delle pippe, tanto è vero che anche il tuo dire che non ti sembri porti da qualche parte è… soggettivo. In quanto tale va rispettato e preso in considerazione.

  3. Vedo che voi ne conoscete diversi di milionari, come dite. Io neanche uno di persona e me ne farò presto una ragione. Non parlo quindi per esperienza personale ma solo indiretta, molto indiretta, per sentito dire o per aver letto e ascoltato. Non mi sembra che l’idea di felicità, di soddisfazione o di percezione del proprio successo sia mai legata all’avere qualcosa ma sempre solo all’essere.

    L’idea di successo come si intende normalmente è associata al riconoscimento, ai molti soldi guadagnati… Eppure queste cose sono spesso associate alla solitudine, alla tristezza, alla depressione. Forse perché generano cattivi amici e compagnie interessate, stili di vita in cui non ci riconosciamo. O forse perché non avendo il problema di trovar da mangiare si finisce per avere più tempo per pensare a se stessi e magari finire per sprofondarci dentro…

    In sostanza a me “milionario soddisfatto” sembra una specie di ossimoro. I milionari che vedo, quelli di cui sento parlare o che concedono interviste o parlano di sé mi sembrano disperatamente preoccupati. E soli.

    • Milionari… in Lire, Marìca, in Lire! 🙂
      (A dir la verità, anche qualcuno in Euro, ora che mi ci fai pensare…)

      Per il resto, piena sintonia con quanto dici. Fermo restando che, come sacrosantemente ricorda Flavio, occorre saper distinguere l’impegno per la realizzazione individuale (che è prioritario) dalla vaneggiante speranza di poter cambiare il mondo.

      Quanto ai milionari felici, sono molto perplesso anch’io: credo che sia un’astutissima invenzione della modernità, proprio per indurre la popolazione a cedere alle lusinghe del consumismo, proponendo modelli di felicità posticcia e tenendola così in pugno. Ciao.

    • Marica, l’idea di successo come si intende normalmente, associata al riconoscimento, ai molti soldi guadagnati… è una cagata pazzesca. Qui ne siamo perfettamente consapevoli. Quella idea di successo non la prendo nemmeno in considerazione. Ma il successo, quello vero, invece sì.

  4. Io sono profondamente convinto che un maiale soddisfatto sia più dannoso per gli altri (anche per le prospettive future che nega agli altri facendo massa per il solo fatto di adeguarsi sempre o di promuovere il suo conformismo sotto il nome di buon senso) ma sia indubbiamente più felice. Chi invece ha o almeno si sente una grande potenzialità difficilmente sarà appagato. Il primo passerà e non cambierà nulla, il secondo o migliorerà qualcosa intorno a sé o si spegnerà nelle lacrime. Dal punto di vista di piccolezza e concretezza, tuttavia, nell’immediato, concependo la vita come una scommessa, ha più probabilità di vittoria il maiale. Essere minoranza illuminata, o anche solo pensarci tale pur con tutte le incongruenze e le mancanze, è eccitante ma sulla riuscita su vasta scala meglio che non ci illudiamo.

    • Hai perfettamente ragione, Marco: il maiale soddisfatto vincerà sempre (non sono invece d’accordo sul fatto che sia necessariamente più felice). E’ scientifico, nessuna persona sana di mente può illudersi del contrario. E, questo, soprattutto se la minoranza illuminata continuerà a crogiolarsi nella propria luce, senza minimamente mettere in discussione quello che le ruota intorno.
      Una volta domandai a una persona, che la sa mille volte più lunga di me, che senso abbia provare a cambiare il mondo (roba da idealisti impenitenti, mi dicevo…). Lui mi rispose che “non si cambia il mondo, se non si cambia prima se stessi”. Più o meno, una parafrasi del grande motto Gandhiano “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.”

      Io penso che, al di là delle perle di saggezza, il mondo e la storia procedano a cicli. E noi, in questi anni, stiamo cavalcando l’onda: siamo esattamente sulla cresta. E allora ti chiedo: vogliamo goderci lo spettacolo o vogliamo farne parte? Ciao.

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