Nell’ultimo mese e mezzo, LLHT ha accolto più di ottomila lettori, il 14% dei suoi contatti complessivi.
Un paio di loro mi hanno privatamente chiesto di fornire una mia valutazione su cosa stia avvenendo, sia a livello politico che – soprattutto – socioeconomico. Questo perché, più di una volta in passato, ci ho incredibilmente preso. Alcune premesse, quindi:
- “Prenderci” non è assolutamente incredibile. Occorre soltanto, oltre a saper usare le mani per costruirsi un mobiletto, utilizzare la testa (e le conoscenze che si ha la fortuna di possedere) per mettere insieme i pezzi – proprio come nel mobiletto – disegnando così un quadro complessivo e congruente, che non dia cioè priorità ad un aspetto su un altro, soprattutto in termini ideologici (o anche solo idealistici).
- Da parte degli interlocutori, cioè di tutte le persone con cui ci si relaziona, occorre invece mettere da parte lo sterile preconcetto che una persona – mi si perdoni la banalizzazione – o è brava a fare i mobiletti, oppure è brava a effettuare valutazioni socioeconomiche. Le due cose non si escludono a vicenda! Scusatemi, ma questo è da sempre un mio chiodo fisso: la perversa ipersettorizzazione dei saperi è uno dei più gravi mali della contemporaneità. (Anche se è più facile affibbiare etichette che cogliere le sfumature, lo so bene.) Nel suo “Esperti di troppo”, l’immancabile Ivan Illich ci mette in guardia da uno dei poteri più indiscussi del nostro tempo, quello dei cosiddetti esperti: i professionisti – disponendo di un pericoloso potere a doppio taglio – con il loro intervento spesso attuano una sistematica disabilitazione dei cittadini rispetto al controllo diretto della loro vita. Molto più semplicemente, quindi, io credo che sia molto meglio essere “esperti poco, ma di tutto”, piuttosto che “esperti totalmente, ma di poche cose”.
L’attualità (in un’ottica sia di breve, che di medio periodo).
Partendo dal presupposto che Grillo e Casaleggio possono avere mille difetti, ma sono tutt’altro che sprovveduti, interpreto la recente escalation di “rigidità” (culminata ieri nell’espulsione di quattro loro senatori) come una notizia drammatica. Ma… attenzione! Non certo drammatica nel senso che vuole farci intendere oggi l’informazione mainstream (cioè assenza di democrazia). No, mi riferisco a ben altro. Vediamo…
Non sto qui a perdere tempo parlando della democrazia di un movimento che ieri ha consentito – direttamente A ME – di scegliere se espellerli oppure no (siamo seri, suvvia…) e che qualche giorno fa ha consentito – sempre A ME – di decidere se rovinare la giornata al suo leader carismatico, piazzandolo sulla sua auto e facendolo guidare controvoglia fino a Roma, per andare a sedersi allo stesso tavolo di un boy-scout carrierista, prestato al governo della Patria. Ripeto: siamo seri. Tutto, ma non l’assenza di democrazia! Un conto è, all’interno di un progetto, dissentire su alcuni aspetti dell’inevitabile dialettica, ma restando comunque all’interno delle linee-guida condivise. Un altro conto è invece minare alla base proprio le linee-guida del progetto. E non dimentichiamo che una delle linee-guida del progetto M5S (che piaccia o no, non sta a me dirlo) è “cambiare le logiche con cui questa nazione viene condotta”. Logiche che, ormai è evidente a tutti, sono fatte di: plutocrazia partitocratica, subalternità ai poteri forti, sudditanza ai trattati eurocratici (per citare solo le più maleodoranti).
Ma torniamo a noi. Dov’è, dunque, la drammaticità della notizia? Partendo dal presupposto che Grillo e Casaleggio siano quindi tutt’altro che sprovveduti, si dovrebbe dare per scontato che siano anche perfettamente a conoscenza del contraccolpo che una simile spirale di intransigenza potrebbe avere. E, visto che la loro strategia ha, nella esasperazione di molti concittadini, il primo e delicatissimo alleato, credo che la loro scelta di “puntare tutto” sulla radicalizzazione delle proprie posizioni riveli innanzitutto come quelle posizioni siano, prospetticamente, destinate a riscuotere un seguito sempre maggiore: è solo per questo, che considero questa scelta drammatica. Se hanno deciso di perseverare sulla radicalizzazione della strategia, temo che intuiscano come, assai presto, tale opzione potrebbe rivelarsi vincente. Ed io, in tutta onestà, non mi sento di dar loro torto…
Detta in altri termini, dando cioè per scontato che non intendano masochisticamente vanificare gli sforzi fatti fin qui (anche in termini elettorali), è piuttosto evidente come stiano di fatto “scommettendo” su un’ulteriore lacerazione del tessuto socioeconomico italiano (il fatto che ieri, per ragioni di sicurezza, a Renzi sia stato impedito di visitare l’Electrolux è piuttosto sintomatico). E, poiché le persone lungimiranti di solito scommettono solamente quando ci sono ragionevoli aspettative di vittoria, ho un elemento in più per dedurre che l’evento su cui il M5S sta puntando (tutta) la posta, sia destinato a verificarsi.
Per chiudere, e soprattutto astrarsi dalle beghe interne di qualche rappresentante di cittadini (i volti dei quattro senatori espulsi, ne sono abbastanza certo, non sarebbero mai stati scolpiti sul Gran Sasso…), credo quindi che – mai come in questa fase – sia soprattutto salutare restare comunque fedeli ai propri princìpi. Ognuno, così almeno mi auguro, avrà i suoi. Bene, trovandoci alla vigilia di un’epoca di grossi sbandamenti collettivi e – conseguentemente – individuali, credo che la scelta più saggia da effettuare sia proprio quella di puntare sulla cosiddetta… congruenza. Carl Rogers, uno dei padri della psicologia umanista, definisce la congruenza come
[…] la piena coscienza delle proprie reazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti. Essere congruenti significa essere pienamente in accordo con se stessi, saper esprimere i propri bisogni, i propri desideri, i propri sentimenti e far sì che tutto ciò che dicono il nostro atteggiamento e le nostre parole sia espressione del nostro pensiero e delle nostre emozioni.
Chi è congruente, oggi più che mai, avrà buone possibilità di successo. Tutti gli altri potranno fare due cose soltanto: aspettare o inseguire.
PS (scritto qualche ora dopo la pubblicazione del post)
WOW! Dopo solo poche ore dall’uscita del post, due amici di LLHT se ne sono già andati (era accaduto solo una volta, in passato). Come appunto detto, applicare delle etichette è sempre più facile che affrontare un ragionamento di pura strategia sociopolitica. Almeno, qui in Italia. Dove, evidentemente, è invece preferibile (e più tranquillizzante) che a sceglierci il Primo Ministro siano le banche svizzere…
Ricordo solo un paio di cose che scrissi esattamente un anno fa, a cavallo delle elezioni:
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Una nuova coscienza civica non nasce, improvvisamente, solo grazie a un condottiero geniale e al suo manipolo di barricadieri illuminati. Occorrono anni, forse decenni. E tanta, tanta dedizione.
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Gli italiani – mi duole dirlo – NON SONO PRONTI per la democrazia liquida del Movimento Cinque Stelle. O per analoghi esperimenti socio-politici. Molti, troppi di quelli che hanno votato per Grillo lo hanno fatto con la stessa sufficienza con cui si clicca “I like” su una pagina Facebook: è questa la mia perplessità.
HT continuerà a significare High Thinking. Scripta manent.
Rimane il fatto che si cerca, con queste espulsioni, di minare un principio democratico, intendendo come democrazia anche la libertà di pensiero. Sto parlando dell’assenza del vincolo di mandato per i rappresentanti, che oggi sarà pure la loro scusa per stare sulla poltrona a farsi i loro affari ma era nata come sacrosanto limite al controllo partitico delle scelte degli eletti.
Ciao Marco, purtroppo la “democrazia”, etimologicamente parlando, non ha nulla a che fare con la libertà di pensiero: “kratos” esprime il concetto di “forza, governo” (mentre “demos” è il popolo).
La democrazia implica chiaramente il principio di autodeterminazione dei popoli. Concetto che evidentemente, agli oligarchi che pretendono di decidere il nostro destino, non piace. Come la vicenda dell’outlook di UBS dimostra.
Con questo, non voglio passare per fanatico del M5S: da persona che ragiona e valuta le cose oggettivamente, vedo purtroppo tantissime contraddizioni nel progetto di Beppe Grillo. Che, temo, rischiano seriamente di comprometterne il successo.
Oggi sono in vena di citazioni (del resto, vanno di moda adesso…! 😉 ) e chiudo con una massima di Ulrich Beck, il grande sociologo che consiglio anche questo mese nelle proposte di lettura:
La via d’uscita, come dico da quando LLHT è partito, è in ciascuno di noi. Finché ci appoggeremo al perverso meccanismo della delega, siamo finiti. Non ha senso neanche parlarne. Ciao.
E’ davvero brutto che politicamente tu ti stia radicalizzando così, perché da un punto di vista concreto e anche ideologico rispetto e in gran parte condivido le tue idee ma la tua amarezza contro la delega e la partitocrazia non dovrebbero legittimare queste operazioni di Grillo, più per l’impostazione di fondo che lasciano vedere che per il programma di Grillo in sè, che può essere condivisibile o no e che rimane l’unico “nuovo” che abbiamo.
In effetti la libertà di pensiero non sarà nell’etimologia di “democrazia” ma la democrazia è ben poca cosa senza di essa a meno di non volerla intendere nell’accezione dei primi soviet russi (anche loro, facendo proprio il significato ristretto, si definivano “democratici”, appunto, ma intendevano un’altra idea che era semplicemente omonima di quella americana ed europea).
Inoltre un movimento che, andando contro i principi costituzionali, istituisce un vincolo di mandato è ancor più partito di un partito classico. Per ora infatti si giustificano considerandola una lotta alla delega ma mi aspetto che possano prendersi una delega ancor più pericolosa, non più basata sull’indipendenza del singolo rappresentante (che, ripeto, sarà stata controproducente ma era una garanzia) ma sull’investitura globale del soggetto-movimento. I rappresentanti Cinque Stelle a quel punto diventerebbero dei semplici portavoce (dei cittadini che votano online o piuttosto del movimento, che in fondo gestisce ed amministra la piattaforma tramite ciò sia possibile?). Insomma dalla democrazia diretta, che su vasta scala è sempre stata solo l’anticipazione di rivoluzioni e regimi, al plebiscito tecnologico il passo è breve e mi sembra che tu sia troppo concentrato sui notissimi problemi esterni al movimento (capitalismo, mancanza di vera rappresentanza, economicismo, disgregazione dell’autorità degli stati nazionali) finendo per minimizzare la brutta piega che sta prendendo l’esperienza di Grillo: agli occhi di chi non condivide i principi del Movimento ti assicuro che è evidentissima, anche solo nei toni e ora pure nei metodi.
PS Lo sai meglio di me che quella di Beck è una provocazione e/o una denuncia: l’azione comunitaria è indispensabile anche in presenza dei “cambi di rotta” singoli, altrimenti “trovare soluzioni biografiche” ti si ritorce contro. Infatti il sistema non ha difficoltà a vincerti se ti trova contrapposto ma solo, sa benissimo che conviene avere di fronte mille singoli che svuotano ognuno per proprio conto il mare col cucchiaio rispetto ad un coordinamento di mille aderenti.
Marco,
non sono sicuro di capire cosa tu mi stia dicendo.
A cosa ti riferisci quando parli di “mia radicalizzazione politica”? Intendi forse che le mie idee, azioni e comportamenti (che SONO politica, proprio come i tuoi) sono troppo radicali? Troppo… congruenti con quello che penso? Se intendi questo, è per me un grandissimo complimento! E ti ringrazio.
Però dici “è brutto”, quindi significa che per te sarebbe forse meglio dissociarsi. Ma dissociarsi… da che cosa? Da me stesso? Per questo… non capisco.
Se invece ti riferisci alle mie considerazioni sul M5S, allora la cosa è molto più semplice. Considero quello di Grillo un esperimento politico con scarsissime possibilità di successo: non successo nelle urne, dove Grillo probabilmente vincerà, ma successo… civico (cioè nella testa di molti cittadini).
Pensa al polverone per il salva-Roma, per esempio. Io mi chiedo: dove sarebbe stato il dramma di scuole, asili, stipendi e mobilità bloccate? Io non lo vedo, perdonami. Io vedo, in quella eventualità, l’opportunità per molte persone di starsene a casa con i loro figli, magari optando di rinunciare a una professione non più conveniente (visti gli stipendi bloccati) e dedicarsi ad attività più utili per loro stessi e per la comunità.
Io vedo, nello scardinamento radicale del nostro modus vivendi la vera discontinuità potenzialmente salvifica.
Siamo pronti, per questo? Siamo pronti a rinunciare alle vacanze lontane? A mangiare cibi che non arrivino dall’altro emisfero, ma solo a km-zero e solo di stagione? A muoverci meno, ma meglio? Ad avere qualche comodità in meno, ma qualche relazione umana in più? A condividere l’auto con i vicini di casa? A fare lavori più umili e meno redditizi? Tu lo saresti? Proprio tu Marco, non gli eletti Cinque Stelle.
Sono queste, le domande che occorre farsi, credo.
Non so se Grillo abbia fatto bene o male a espellere quattro spine nel fianco. E, sinceramente, non mi interessa minimamente. Nel mio post, ho semplicemente commentato il possibile “perché” di un’opzione strategica perseguita dal duo Grillo-Casaleggio. E ho detto che la “giustificazione” sociale di quella strategia politica (cioè la lacerazione del tessuto civile) mi trova tecnicamente d’accordo, purtroppo. Tutto qui: in termini di pura strategia, nient’altro. Se leggi bene, non ho scritto da nessuna parte se Grillo abbia fatto bene o male a farli buttare fuori. Perché, ripeto, non mi interessa… 😉
Marco, sto dicendo che dobbiamo imparare ad emanciparci da rappresentazioni del “noi” che ci sollevano da ogni responsabilità diretta (responsabilità, non democrazia…), come appunto la croce su una scheda o la difesa / attacco appassionato ad una soluzione politica. Dobbiamo imparare a fregarcene di quello che fanno i nostri esponenti politici. Dobbiamo giocarcela noi per primi. Perché, che siano uniti sotto un unico vessillo o che lo facciano individualmente, mille cucchiaini svuotano la stessa quantità d’acqua, da quel mare.
Infine, ti vorrei chiedere una cosa (non c’è alcun intento ironico o provocatorio, ma mi piacerebbe proprio conoscere il tuo punto di vista):
Se riesci a darmi una risposta convincente, te ne sono sinceramente grato. Perché io, invece, ho l’impressione che siamo alla vecchia storia della trave e della pagliuzza. Ciao.
Rispondo a te, Andrea, per continuare il discorso iniziato da Marco; e spiegare un paio di cose su come funziona la democrazia diretta: con cognizione di causa, essendoci cresciuto in mezzo e lavorando – o avendo lavorato – da un po’ con alcuni gruppi di pensiero (“Bioregionalismo”, “Movimento Zero”, M5S), che ad essa fanno riferimento.
Quando sorge un problema da risolvere, il gruppo che si regge con questa forma politica, esprime dal suo seno un “rappresentante”, che ha il compito di risolvere quel problema, secondo i desiderata del gruppo stesso. Si badi bene, che ha SOLO quel compito e che la sua libertà decisionale è limitata: non può prendere decisioni autonome, specie se si allontanano dalla linea stabilita, a meno che questo cambiamento non sia avallato dalla base.
In alternativa, può essere che qualcuno si proponga, si candidi per risolvere detto problema: ma avrà comunque bisogno di un’investitura dal basso, indipendentemente dal ruolo che sta svolgendo in quel momento e dall’aver già svolto o meno un compito analogo.
Logica vorrebbe che, qualora le scelte da portare avanti in nome della base non lo convincessero del tutto, quel rappresentante rinunciasse al suo mandato. Purtroppo accade, più o meno di frequente, che quel rappresentante scopra i vantaggi di trovarsi in una posizione di potere (e con questa espressione non mi riferisco per forza a bustarelle: basta molto meno…), così da scordarsi in tutto o in parte i termini del “contratto” firmato con chi gli affidò quel compito. E che – richiamato all’ordine dalla base, o in presenza della perplessità e delle lamentele di qualcuno – si guardi bene dal fare marcia indietro.
Allora, Marco, in tutte le strutture “democratiche di base” esistono delle figure di riferimento, che per chiarezza potremmo chiamare “garanti”: sono quelle persone che, per competenza ed esperienza, rappresentano la “memoria” di quel gruppo: se pensi alle società a torto chiamate “primitive”, ti può venire in mente il consiglio degli anziani; ma questo è solo l’esempio più chiaro che mi viene in mente.
Questi “garanti” – quando la situazione si deteriora o le due parti non riescono proprio a raggiungere un accordo – entrano in gioco, motu proprio o perché interpellati – stabilendo chi stia operando all’interno delle regole fissate e chi no. E “a chi no” dicono: “Tu sei fuori. Ci dispiace, è stato bello, ma tutte le cose arrivano alla loro fine: tu sei fuori”.
Quello che la maggior parte di chi segue gli avvenimenti politici del nostro Paese non capisce, è che Grillo NON è il leader del Movimento 5 Stelle: ne è il portavoce e il garante. E, ti dico in confidenza, che – con qualche sbavatura, per carità – questi due compiti finora li ha svolti piuttosto bene.
Il guaio della democrazia diretta è proprio questo: in essa il programma è così rigido da non permettere al rappresentante individuale di prendere proprie scelte ma solo di fare da portavoce passivo. Di fronte a tanti politici furbastri questa sembrerebbe ottima cosa ma in parte non è affatto così. L’idea di poter essere mandati a casa in qualsiasi momento perché un gruppo ristretto di garanti ha deciso che non rispetti la linea è quanto di meno liberale (se non volete “democratico”) possa esistere perché priva il rappresentante della possibilità di decidere caso per caso (appunto, privilegiando ordini e princìpi, cioè assecondando una forma di radicalismo politico). Tutto ciò è evidente quando ci si domanda se tale struttura sia modificabile dall’interno (no, non lo è) e cosa avvenga quando siano i garanti ad avere giudicato male il rappresentante (non c’è nessuno a cui i garanti rendano conto se non un ectoplasmatico “mandato del popolo”). Tutto questo ha ottime potenzialità distopiche e pur capendo bene i limiti e le fregature della delega, lo temo ugualmente
Il guaio è che alzando l’astina dell’intransigenza prima o poi si arriva al punto dove devi scegliere se vivere facendo tutto da te, indipendentemente dal mondo anzi nonostante il mondo (ti dico per esperienza, è impossibile) o chiudere un occhio parecchie volte (che è deludente, sul piano dei principi). La vera soluzione sta nel costruire le possibilità (collettive) perché il cambiamento sia fattibile senza l’isolamento (citi il caso del consumo alimentare che è uno dei casi dove il meccanismo è più evidente). So che tu punti su ciò che può fare prima di tutto il singolo ma converrai che il singolo non può tutto ed è chiamato, nel lungo periodo, o a riformare il suo contesto per viverci a suo modo o a crearsi un contesto alternativo da zero.
Non è comunque questo atteggiamento che indicavo parlando di radicalismo, visto che presenta sì delle trappole ma rimane un’ottima spinta di fondo, un cento per cento a cui (si può solo) tendere). Mi riferivo invece a certe affermazioni amare e massimaliste sul piano politico, come dire che i quattro senatori poco contavano e l’assenza di qualsiasi condanna delle espulsioni d’autorità (centraliste e molto vecchio stampo, tutto fuorché libertarie) in nome di una fedeltà al principio che è troppo simile ad una fede.
Vero è poi che la tua vuole essere un’analisi spassionata, da osservatore, ma ci hai messo inevitabilmente anche un bel po’ di coinvolgimento e sembri sottintendere che questa durezza autoritaria per te sia un’inevitabile medicina contro l’attuale mancanza di rappresentatività. Per me invece è un’involuzione triste di una forza che *era* promettente…
Ciao Marco,
una replica puntualissima e, aggiungo, assai “high”, la tua. Grazie.
Solo una precisazione: quando dici “il singolo non può tutto ed è chiamato, nel lungo periodo, o a riformare il suo contesto per viverci a suo modo o a crearsi un contesto alternativo da zero”, credo che tu tocchi il cuore del problema.
Io, però, farei un passo ulteriore. Può accadere che, a riformare/cambiare il contesto, non sia sempre il singolo, per sua volontà o deliberata iniziativa. (E che comunque, su quella riforma, il singolo abbia un’influenza assai relativa.) Penso esattamente a questa crisi/declino, che – anche se solo all’inizio – sta già modificando radicalmente abitudini e sensibilità…
Quello che sto cercando di dire, da sempre, è che laddove l’influenza del singolo sia gioco forza ridotta, debbano proprio scattare “in interiore homine” quei meccanismi di reazione/resilienza, atti a fargli trovare una via d’uscita, proprio per non soccombere.
Che, detta in termini politici, può davvero significare “anticipare”, anziché “inseguire”. Questi meccanismi, come ricorda spesso anche Alberto, sono compatibilissimi con una visione microcomunitaria dell’esistenza. Anzi, spesso, la contemplano a priori.
Ciao.
PS. Vedo invece che non mi hai dato alcuna risposta sul diverso allarmismo mediatico circa la democrazia interna al M5S e circa i retroscena eurocratici della scalata al “potere” di Renzi: deduco che una risposta, in effetti, non ci sia (o sia molto difficile)! 😉
Ci sono tre motivi per cui non trovo molto interessante, dal punto di vista della discussione, concentrarmi sul diverso trattamento mediatico dei due eventi da te citati:
1) Sono cose che dividono le persone fra chi ha già capito e non ha bisogno di rimarcare e chi non capisce né è motivato a provarci. Dunque la possibilità di aumentare le persone conscie dell’ingiustizia mediatica parlandone…è minima
2) Ci si va ad impelagare in una questione fondamentalmente irrazionale su cui i media fanno leva, che è connessa alla natura rituale (e sedativa) della legge: Grillo ha fatto quello che ha fatto in spregio alla forma e alla norma, mentre gli Eurocrati hanno mandato avanti Renzi rispettando riti e miti a puntino (sfruttando la forma della repubblica parlamentare). Chi ha violato le regole resta Grillo, anche se il vero atto di forzatura (lecita) è degli Eurocrati. Ma l’italiano vuole che tutto va bene, che lo si freghi ma con rispetto, dunque condanna il primo ma non i secondi
3) Imparentata con 2) in maniera atavica c’è la questione “assuefazione”: le cose vanno come da 2) da ere geologiche, se n’è fatta filosofia, arte, letteratura e giurisprudenza e…molti italiani (ogni tanto anch’io) si trovano piuttosto bene in quella che chiamerei “equità formale” contrapposta a quella concreta, sostanziale del fatto che tutto va come deve andare (poco importa che non sia la partita ad essere taroccata ma proprio il regolamento a non consentire che la vittoria di una sola classe di giocatori). Capiscili e capiscici: Renzi è il terzo e in un tessuto politicamente vivace sarebbe stata l’ennesima irritazione che ipersensibilizza il malato e lo muove dalla sedia. Ma questa è Italia e (come comunque anche altrove) i primi due hanno all’opposto costituito dei precedenti, hanno normalizzato la cosa. Con Monti pareva un colpo di Stato, con Letta è stato un passaggio di testimone, Renzi è un altro come i primi due, dopo Renzi è possibile che questo avvicendarsi automatico diventi regola (come fu in passato negli anni ’90, mi par di ricordare).
Conta poi che su di una cosa sola concordano tanto gli inviperiti che gli assonnati: l’inconsistenza, l’esteriorità di questa politica se non, ormai, della Politica in sé. Dunque entrambi, a prescindere che se ne sbattano o si sentano già oltre gli inganni bancario-europei, alzeranno mezzo sopracciglio, “business as usual”.
Mamma mia, Marco: registro con una punta di cinismo che, a pungolarti un pochino, poi esprimi indiscutibilmente il meglio di te. Almeno, da un punto di vista dialettico.
Le tre spiegazioni che dai, purtroppo, non fanno una piega: da un punto di vista esplicativo, esauriscono purtroppo il dibattito. E non ci sarebbe da aggiungere nulla. Ma qui siamo su LLHT e, se da un lato non si può fare a meno di ripetere quell’avverbio (purtroppo), dall’altro lato trovo onestamente deprimente che tu – in quella categoria degli “assuefatti” (punto 3) – ti ci collochi e ti culli con tale, candida rassegnazione.
Della serie: ci hanno programmato così, quindi obbediamo al codice informatico.
Questo – te lo dico con la massima onestà intellettuale – mi impedisce, come tu sornionamente arriveresti persino a pretendere, “di capirli e di capirvi”.
No, Marco. Mi dispiace. Ma io non “li” capisco e non “vi” capisco: ma stiamo scherzando??
Perché, a forza “di capirli e di capirvi”, siamo arrivati al punto in cui ci troviamo!
Quindi, adesso occorre dire basta. E se, da quanto giustamente dici, non siamo in presenza di una massa critica sufficientemente illuminata, bè… allora mi vien da dire che, quella luce, è giusto che la portino avanti quei pochi che ancora ci credono! Al limite, fossero anche solo in due. E ogni riferimento a Grillo e Casaleggio è puramente (e provocatoriamente) voluto.
Perché a quella che tu definisci “equità formale”, si deve opporre quella sostanziale, cioè ci si deve aprire a delle discontinuità – ideali ed etiche – che si possono e si devono inseguire! Anche a costo, come dico da sempre, di rischiare qualcosa.
E perché è solo in questo modo che siamo arrivati a scoprire come non sia il Sole ad orbitare intorno alla Terra. Solo grazie al fatto che Copernico… non si è assuefatto.
No, non ho detto che è programmazione: nasci diverso, nasci massimalista ma ti maceri nel brodo. Io sono conscio della mia parte formalista e decadente e ciò mi basta…oltre a permettermi di guardare il brodo a volo d’uccello. Se riuscissi a sottrarmi del tutto alla cosa dovrei opporre a tutto questo stato di cose una forza e un’indipenzenza che non ho io come singolo e che, in generale, non abbiamo come comunità. Se invece mi dichiarassi esente dalla cosa pur restando nell’attuale stato di cose la mia sarebbe disonestà e superbia, la classica voglia di primeggiare, di essere duri e puri. Io non sono più così puro e non sono mai stato troppo duro: non sarei all’altezza di queste idee ed è meglio saperlo e lavorarci piuttosto che fingersi perfetti (ci vuole poco, sai quanti illuminati di cartapesta nascono ogni giorno a voler insegnare agli altri quello che non sanno fare loro stessi?)
Capire vuol dire empatizzare, vuol dire considerare che bene o male di quel clima sono figli tanto gli inviperiti quanto gli assonnati quanto i desiderosi di cambiamento. Ci stiamo in mezzo ed è più grosso di noi: fare gli eroi non è un’opzione a meno di non essere eroi morti (questo paese ne ha partoriti a decine). Quello del Gattopardo non è un gene, è un’abitudine, un modo di fare che si insinua quasi a dispetto dell’iniziale salute morale di chi così agisce, tanto che il soggetto è perfettamente conscio di ciò che avrebbe dovuto essere e di ciò che invece è. Anche questa è consapevolezza ed è infinitamente migliore e più produttiva della conformità cieca, anche se resta più comoda e praticabile dell’intransigenza pura.
L’idea di un limite, di un fondo, è una reazione ottima sebbene non ne esistano (purtroppo) di assoluti (c’è chi è già intento a scavare il fondo) e nulla impedisce a te di capire ma condividere, a me di ammettere il coinvolgimento parziale mio e dei più ma lavorare di lima sapendolo, per recuperare all’autenticità un millimetro alla volta
Errata corrige: “a te di capire ma non condividere”. Il senso di tutto ciò è comunque che il punto di partenza e il limitatissimo spazio di manovra odierno sono comuni a tutti, anche a chi vorrebbe cambiare. Non possiamo chiamarci fuori dal pantano, ci resta solo se sguazzarci felici e crederlo cioccolata o riconoscerlo come fango e vedere di muoversi solo quel tanto che basta per non affondare. Cinismo? No Rassegnazione? Solo un poco Accettazione e adesione? Ma scherziamo?!
Bé, Marco. Comunque la si pensi, quali che siano i nostri effettivi limiti o idealità, questo scambio tra noi credo abbia rappresentato uno dei confronti più belli (e capaci di arricchire i protagonisti, o anche solo chi lo ha seguito) che si siano mai letti qui su LLHT!
Mi hai fatto venire in mente una vecchia considerazione di Popper, che lessi ormai vent’anni fa nel suo “il mito della cornice” e che mi scolpii nella testa:
Bé, credo che dopo questo scambio, oggi la verità sia un po’ più vicina…
Ciao, a presto!
Andrea
Lathe bios, Marco? (Per chi ama le citazioni; Epitteto? Non ho mai avuto gran freeling con la filosofia… E per chi non sa il greco, = “vivi nascostamente”); però “vivi nascostamente” nel senso di “vivi secondo etica, ma senza farti notare molto in giro”, non “accettare con rassegnazione quel che succede, perché tanto il singolo non potrà mai cambiare le cose”.
Però è bene, se tu hai presente quali sono i tuoi limiti, i tuoi punti deboli. Poi Andrea ti ha già spiegato (e lo ha fatto spesso, non solo a te), come fare per superarli.
A me sembra, Marco, che tu abbia un’idea piuttosto rigida e schematica di come funziona la democrazia diretta. In realtà non è che chi non è d’accordo con chi appare come “capo”, viene automaticamente cacciato; può anche accadere il contrario.
Alcuni anni fa il gruppo che riunisce i principali esponenti del Bio-regionalismo in Italia (Movimento che funziona secondo le regole della democrazia di base), si trovò alle prese con un paio di membri, che cercavano di essere – come dire – un po’ coercitivi nei confronti degli altri. Dopo un po’ di tira e molla, la stragrande maggioranza dei membri lasciò il gruppo (e il marchio) a quei due, mettendo in piedi un nuovo gruppo secondo le aspettative iniziali. Adesso quei due hanno un bel gruppo autoreferenziale, nel quale si ritrovano pressoché da soli, a rammaricarsi di quanto siano geni e incompresi.
Ti scrivo questo, perché – come conseguenza delle scelte di Grillo e Casaleggio – si fa tanto parlare sugli organi di informazione, di gruppi che escono dal Movimento, appunto perché imbarazzati dal comportamento di questi due. Io dico “benissimo!”.
Se è così, nulla vieta loro di fondare gruppi, il cui programma sia al 99% quello del M5S. Ma se il loro programma se ne discosterà significativamente – per esempio accogliendo chiunque e non solo chi è stato da almeno due anni fuori dai Partiti; per esempio se il rimborso della diaria degli eletti sarà lasciato al buon cuore di questi ultimi – vorrà dire che il problema non era Beppe Grillo.
Ciao Andrea,
Bellissimi questi interrogativi posti a Marco,
sarebbe utile porli a tutti, non per convincerli (ormai non c’è più speranza),
ma, giusto per farli un po’ vergognare della loro “civiltà”.
P.S. Perché non mi arrivano più le tue notifiche?
è il mio PC o il tuo Blog ad avere problemi?
Di nuovo ciao e grazie.
Ciao Ignazio, grazie degli apprezzamenti.
Quanto al tecnicismo delle notifiche, sei il primo che me la segnala e… non saprei che dirti: l’unica idea che mi viene in mente è quella di rimandarti direttamente io l’invito per seguire il blog. Ora provvedo. Ciao.
citazione:
“Se hanno deciso di perseverare sulla radicalizzazione della strategia, temo che intuiscano come, assai presto, tale opzione potrebbe rivelarsi vincente. Ed io, in tutta onestà, non mi sento di dar loro torto…”
E’ quello che penso anch’io, un po’ come accaduto allorquando decisero di non stringere alcuna alleanza col PD dell’allora segretario Bersani.
Anche li si diede prova di coerenza e “lungimiranza”, nonostante il bombardamento mediatico sulla presunta antidemocraticità del M5S e varie. Poi, invece, si scoprì che, in ogni caso, bersani non aveva alcuna intenzione di stringere alleanze. Ma questa è un’altra storia ed è parte integrante della natura ontologica del politico moderno (e della natura italiota), capaci di dire tutto e niente nello stesso tempo (es.: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=vYa5E0m8CnM).
Aggiungo che – sempre in questi giorni – un esponente del M5S (credo Fico, ma non ci giurerei) ha espresso questa considerazione:
Io ho 40 anni e, a meno che non ci troviamo di fronte a un tipo di propaganda cinicamente scaltra, le mie orecchie non hanno MAI sentito niente di simile! (E non solo in campo politico.) Ciao.
Si Andrea, d’accordo, però stiamo attenti alla portata del principio espresso dal componente da te citato.
Sai tu non l’hai mai sentito, ma chi ha vissuto negli anni 20 del secolo scorso si.
Anche per il fascismo e il comunismo il partito veniva prima…cum grano salis…
Un caro saluto
Infatti, la citazione è esattamente antitetica al rischio che tu sollevi: il senso di quelle parole è infatti che il partito viene “dopo”, non “prima”. Prima, vengono i princìpi.
Inoltre, quanto alle suggestioni di matrice totalitaria che tu evochi, ti rispondo con un’altra citazione, questa volta di Diego Fusaro, un filosofo che LLHT cita da oltre un anno e che adesso, ora che anche qualcun altro si è accorto del suo valore, viene invitato a presenziare in tutte le trasmissioni televisive (con relativa inversione a parabola del suo valore, a mio avviso). Il concetto da lui espresso – e che condivido – è che, di fronte a un incendio di tali proporzioni (i danni causati dal Potere delle tecnocrazie europee e dalla deriva totalitaria del capitalismo divenuto “naturale”) chiedere la carta d’identità ai pompieri fa il gioco… dell’incendio!
Come ho scritto recentemente in una risposta a un altro lettore, chi ha avuto la sfortuna di conoscere più da vicino il pericolo di cui stiamo parlando, ha sperimentato un disgusto in più. E forse, citando questa volta Nietzsche, anche un nuovo… compito.
Ciao!
Ciao Andrea. Ieri durante una trasmissione tv è venuto fuori, per la verità a livello di “si dice” e “mi hanno detto in confidenza”, che i famigerati quattro siano stati eliminati perché in procinto di passare alla maggioranza, o meglio a una nuova maggioranza che Renzi otterrebbe in Senato se dovesse averne bisogno un domani si dovesse trovare in disaccordo con Alfano. Insomma, non siamo forse dalle parti della compravendita dei bovini… ops, dei senatori, di Berlusconi, ma poco ci manca. Era un “mi hanno detto in confidenza”, ma il silenzioso annuire di Di Maio, presente in studio, mi ha fatto pensare che si tratti appunto di questo. Dunque, con fine strategia politica (fine nel senso più maleodorante possibile), Renzi o chi per lui avrebbe approfittato dei segnali che da tempo i quattro mandavano, per blindarsi ulteriormente in Parlamento. Ora questo porterebbe forse a una rilettura della loro espulsione. Dovuta non tanto alla radicalizzazione della strategia M5S, ma semplicemente alla necessità di tagliare rami secchi (e forse pericolosamente contagiosi). Tutto questo era stato ampiamente previsto da Grillo e Casaleggio, che prima di portare i loro in Parlamento, avevano già detto che la perdita di una parte di questi sarebbe stata fisiologica. Dunque mi permetto di aggiungere alla tua analisi il mio appunto. Questa espulsione non è tanto una punizione per i quattro, quanto un avvertimento per tutti gli altri, quelli di oggi e quelli che verranno. Conoscete le regole del movimento. Non c’è spazio, ne’ soprattutto tempo, per avventurieri e carrieristi.
Ciao, sì… in effetti anche questa chiave di lettura è comprensibile: coi soldi – non dimentichiamolo – si compra (quasi) ogni cosa. Persone comprese.
Piuttosto, bentornato! Mi fa piacere rileggerti… a volte, quando vecchi amici della prima ora non si fanno più sentire, tendi a pensare di averli smarriti per strada. Ma fa poi un enorme piacere scoprire che, invece, ci sono sempre stati! Ciao.
Io ti leggo sempre Andrea. Spesso con un po’ di ritardo (come diceva Troisi: “Scrittori, voi siete tanti a scrivere, ma io sono uno a leggere…”), e allora capita di restare fuori dai dibattiti.
Hai ragione: è tristemente risaputo che in Italia ci sono più scrittori che lettori… 😉
Ciao, grazie della stima.
Credo che quanto riferito da “adf” riguardo a Di Maio corrisponda a verità. Ricorderete tutti che già al momento delle scorse Politiche, proprio Bersani se ne uscì dicendo che il PD stava facendo “operazione di scouting” nei confronti dei candidati del M5S: questo significa, né più né meno, che già da quando era apparso chiaro che il Movimento avrebbe ottenuto un certo peso parlamentare, alcune persone erano state mandate avanti, per tastare il terreno.
E sia ben chiaro che in questo non c’è nulla di strano: qualsiasi forza politica, farebbe la stessa cosa, è solo “intelligence”… Il M5S non la fa, perché da (non)statuto non può accogliere fra le sue fila, persone che non siano da almeno 2 anni fuori da qualsiasi altra formazione politica: come dire che nessun parlamentare di nessun Partito, per quanto animato dalla più pura buona fede, può transitare dal suo gruppo parlamentare al nostro. E ti dirò anche, che a me due anni sembrano proprio pochi… Così si continua a seguire la linea di valutare solo i singoli provvedimenti, decidendo caso per caso – e magari dopo opportuni sondaggi – se appoggiarli o no.
Quindi sì, si tratta di un’opera di potatura. Che secondo me – sempre per chiarezza e coerenza – dovrebbe andare affrontata a tutti i livelli, anche nelle Regioni e nei Comuni. Pure qui a Rovigo siamo alle prese con un problema simile: e potrebbe esplodere con conseguenze pesantissime alle vicine Europee, con ricadute altrettanto pericolose verso quei Comuni, nei quali si sta avvicinando la scadenza dei rinnovi delle Giunte locali.