Quello che sta avvenendo in Europa è drammaticamente preoccupante: dopo l’unità monetaria imposta a tavolino senza consultare il parere dei cittadini europei, ora sta avvenendo la stessa cosa (ma in modo più subdolo) con l’unità politico-amministrativa.
I popoli (categoria assolutamente “empirica” e che si farebbe bene a non snobbare…) non staranno zitti a guardare una seconda volta: è evidente anche a un cieco! Il sanguinoso dualismo che si sta prospettando all’orizzonte, quindi, non è più tra Destra e Sinistra – categorie sepolte dalla Storia e facenti oggi parte di un’unica poltiglia ideologica, unicamente finalizzata a preservarne gli illegittimi interessi accumulati sin qui – ma è tra nuove forme di localismo e un furioso progetto di pancontinentalismo mercantile che, senza alcun rispetto per le specificità territoriali, sta tentando di diluire la bandiera della Comunità nel solvente chimico dell’Economia.
Venendo all’Italia […] l’unica opzione realmente contemplata è quella di affidare il nuovo Esecutivo alle mani di Monti o di uno dei suoi epigoni. Le ragioni dell’Europa non ammettono altre vie.
(LLHT, 28 settembre 2012)
E’ stupefacente (e al tempo stesso grottesco) come, per accorgersi delle stesse cose che un neonato e sconosciuto blog come LLHT raccontava ai suoi lettori più di quattro anni fa, e per rendersi conto che nella chiglia del transatlantico si è aperta una falla, i capoccioni del World Economic Forum abbiano avuto bisogno della Brexit e della vittoria di Trump…
Ma d’altronde ormai lo sappiamo: le “verità” che vomitano questi consessi internazionali sono da considerare sacrosante, proprio come le post-cazzate che sciorina ogni giorno la propaganda informativa mainstream. Mentre le intuizioni di chi ha scelto* di schierarsi altrove (sì, proprio… altrove, caro Ezio Mauro), vengono invece scientificamente derise. O, se abbiamo a che fare con dilettanti, banalmente scopiazzate.

“Io so che me la caverò, ma tu sei fregato.” (Scritta sul triceratopo: classe media. Scritta sul meteorite: iniquità distributiva)
Chi mastica un po’ di economia – o è semplicemente animato da un minimo di buon senso – sa perfettamente che la chiave di volta del capitalismo a trazione neoliberista è anche il suo più grave “bug”: la tensione ossessiva all’accumulo infinito. La concentrazione di ricchezza in sempre meno mani comprime fisiologicamente la possibilità di consumo del restante 99%, soffocando così l’intero sistema. E’ un concetto chiaro (e caro) anche a “personaggetti” del calibro di Paul Krugman, che purtroppo non scrivono (ancora) su Repubblica. Ma è questione di poco, vedrai Ezio.
Dal mio punto di vista, questo effetto collaterale dell’avidità del cosiddetto “uno percento” (e non solo sua…) è la sola e unica opportunità. Ed è esattamente per questo motivo che l’anno scorso scrissi sul Fatto Quotidiano il provocatorio – ma tecnicamente incontestabile – articolo Basta, io sto con l’un percento. E’ inutile prendersela con i plurimiliardari. Perché, se ci pensiamo bene, chi è in cima al vertice della piramide sta solo facendo – e lo sta facendo egregiamente – il suo sporco lavoro, applicando cioè alla lettera i dettami della dottrina a cui si ispira, che prevede di accumulare sostanze all’infinito. Sono invece gli inquilini dei piani intermedi della piramide che, invece di invocare oggi le ghigliottine (solo perché vedono la marea abbassarsi), dovrebbero fermarsi un istante a riflettere: solo così, forse, scoprirebbero che ad aver riempito di soldi le tasche di quei ricconi sono stati… proprio loro! Con i loro stili di vita compulsivi, scriteriati e insostenibili. Ma per accorgersene servirebbe quella che io chiamo responsabilità diretta, ad oggi fuori dai radar.
Sperare che in pochi decenni (questo è quanto ci resta, con un’impronta ecologica di 1.6) il restante 99% apra orecchie, occhi, cuori e cervelli per emanciparsi dal sacro dogma dell’accumulo ad ogni costo è una speranza vana, che io almeno non me la sento più di sostenere, neanche a fronte di un’ipotetica, efficace (ma impensabile) azione di sensibilizzazione pubblica affiancata da feroci misure correttive. No, ormai non c’è più tempo. L’essere umano è l’unico organismo biologico che, a differenza del leone che si limita a mangiare la gazzella per la propria sopravvivenza, si è pure inventato frigoriferi e magazzini. La differenza è tutta qui: il leone non ha la dispensa.
Se pensiamo alto e a livello sistemico, l’unica alternativa che resta è dunque che quell’uno percento dia ancora più gas alla macchina, concentrando ancor più ricchezza nelle proprie mani e costringendo forse qualcuno ad aprire gli occhi (ipotesi rivoluzionaria) oppure (ipotesi endemica) fondendo la testata del motore. Propendo per la seconda.
Come scrivevo in fondo all’articolo sul Fatto, tra il carceriere che mente ai prigionieri per fare i propri interessi e i prigionieri che mentono a se stessi facendo comunque gli interessi del carceriere, io scelgo quello che ha almeno consapevolezza del proprio ruolo. Solo la Crisi ci può salvare: ficchiamocelo in testa, una buona volta.
Ah, dimenticavo: per salvare te stesso, invece, basteresti tu…
(*) Occhio, ho scritto “scelto”: io a quel banchetto mi sono infatti a suo tempo seduto e so perfettamente come ragionano. L’ipotesi di un’autolimitazione della loro voracità non è contemplabile.