Ma quanto… “low”?

La maggior parte delle persone che si imbattono, intenzionalmente o meno, nel motto “Low Living High Thinking” finiscono prima o poi per chiedersi (e chiedermi) cosa significhi, nella pratica, vivere “low” e pensare “high”.

“Va bene pensare alto,” concordano in tanti, “d’accordo non perdere tempo davanti ai reality… Ma, quanto alla prima parte della frase, vivere low, siamo pragmatici: cosa vuol poi dire esattamente? E soprattutto: perché farlo?”

  • La vita “low” è un po’ come lo “slow-food”? Un’alimentazione più sana e genuina?
  • E’ una vita contemplativa, sottotono, ai margini? Una vita da emarginati?
  • Un clochard vive più “low” di chiunque altro, ma non è questo che intendi, mi auguro…!
  • Che sciocchezza! E’ solo una delle tante mode passeggere: vivere “low” farà anche figo, ma è un po’ come… cancellarsi da Facebook, è un sottrarsi volontariamente ad una cosa di cui comunque non potrai fare a meno!
  • A me non me ne frega un cazzo di vivere “low”: io, finché posso, vado al ristorante tutte le volte che mi pare!

Le reazioni che ho ascoltato al “distillato filosofico” di H. D. Thoreau sono le più svariate. Alcune buffe. Alcune irritanti. Alcune con un fondo di verità. Tutte… legittime. Vivere “low” significa innanzitutto – come ho avuto modo di ricordare più volte – abituarsi alla rinuncia o, il ché è equivalente, disabituarsi a certe comodità che la modernità ci fa considerare scontate. La finalità è la medesima: acquisire resilienza.

Avere in casa 24 gradi durante l’inverno, avere più di un’auto per famiglia, fare almeno due vacanze all’anno (magari in posti esotici)… sono tutte pratiche che non è detto che il futuro possa ancora garantirci. O, per lo meno, potranno essere garantite a quote sempre più ristrette di popolazione (almeno qui in Italia). E’ una realtà amara, ma con cui occorre fare i conti il prima possibile.

Molti di noi, addirittura, si stanno già scontrando con questi nuovi stili di vita, magari senza rendersene conto appieno. I trend, ormai paralleli, dei consumi delle famiglie e dei livelli retribuivi medi stanno lì a dimostrarlo: il potere d’acquisto della popolazione italiana sta progressivamente contraendosi. E i nostri carrelli della spesa, sempre più vuoti, ce lo confermano ogni settimana di più. Chi di noi fa oggigiorno la spesa senza curarsi, neanche per un istante, del totale che andrà a spendere?

I più ottimisti sono assolutamente certi che si tratti soltanto di una parentesi. La chiamano “crisi”. E come tale – dicono – è destinata a concludersi con una ripresa. Quanto durò quella del ’92? E quella energetica degli anni ’70? Un paio d’anni? Forse tre. Dunque, ormai ci siamo! Questa è iniziata nel 2011, dunque ormai ne siamo fuori. No… come nel 2007? Quella era la crisi precedente, finita nel 2009. Poi il 2010 ne eravamo usciti! Questa del 2011 è un’altra crisi, una diversa! Certo… come no?

Discorsi come questi sono inquietanti! Sono l’effetto di un inconsapevole pressapochismo, il più delle volte inculcato dai media, che costringerà molti di noi ad aprire gli occhi solo quando sarà troppo tardi. Questa non è una crisi: è un DECLINO. Gli economisti veri, quelli che non svendono la propria ragionevolezza all’opportunismo politico, parlano di “new normal”, un termine tecnico che indica un nuovo stato delle cose, diverso dal precedente ma talmente stazionario da poter essere considerato come una “nuova normalità”, appunto. Invece, un giorno sì e l’altro pure, si sentono i rappresentanti dei principali organismi sovranazionali (Draghi dalla BCE, Lagarde dal FMI, Monti dall’Italia…) argomentare con una malcelata preoccupazione che si intravedono incoraggianti segnali di fuoriuscita dalla crisi, che legittimano un cauto ottimismo circa la ripresa dello sviluppo economico. Sono dei noiosissimi mantra che si ripetono all’infinito, sempre uguali, un giorno sì e l’altro pure, senza soluzione di continuità!

Mario Monti e Mario Draghi

L’effetto è che, da oltre un anno, l’economia reale è in recessione; recessione che si protrarrà per tutto il 2013 e per buona parte del 2014. Contestualmente, la politica fiscale di questo governo è interamente improntata all’austerità, comprimendo ulteriormente le capacità di spesa e di risparmio delle famiglie, cioè le uniche “liane” che potrebbero farci uscire dalle sabbie mobili in cui siamo finiti. Un circolo vizioso, da cui non si uscirà se non con le ossa rotte. …Molto rotte.

Abbiamo nelle nostre mani un qualche potere, per venirne fuori? Ci sono soluzioni collettive e condivise a questo problema? Possiamo affidarci a qualcuno? A Beppe Grillo, forse? A un Monti-bis? A Bersani? A Berlusconi? A Briatore? A Renzi? A qualcuno che ci ha implicitamente portato fin qui, proponendo e difendendo a oltranza lo sciagurato modello neoliberista, fondato sul turbocapitalismo finanziario? Potete crederlo, se volete… Così come potete credere a Babbo Natale. Io non ci credo.

La soluzione, non mi stancherò mai di ripeterlo, può e deve avvenire esclusivamente su un piano individuale.

Pensateci. Il liquidatore Mario Monti sarà forse il prossimo Presidente della Repubblica. Corrado Passera (o uno dei suoi epigoni) diventerà così il prossimo Presidente del Consiglio. Beppe Grillo e il suo manipolo di barricadieri illuminati, nonstante un successo elettorale che ancora pochi s’immaginano, potrà limitarsi a rompere un po’ le balle in Parlamento, registrando qualche mpeg dai seggi di Montecitorio e guadagnando in credibilità dalle colonne del suo blog.

Quel che è certo, invece, è che la politica economicida imposta dalla “troika” UE-BCE-FMI proseguirà, la disoccupazione toccherà livelli mai sperimentati in precedenza, i consumi capitoleranno e il patrimonio dell’Italia sarà svenduto ai migliori offerenti stranieri, Cina e Russia in primis. Lo scenario è di quelli da gelare il sangue nelle vene! E’ un quadro inquietante, che autorizza prospettive fosche e poco rassicuranti, soprattutto in termini di “tenuta sociale”. Dalla politica e dall’economia non arriveranno dunque ricette salvifiche. Vivere “low”, per tornare quindi all’inizio di questo post, resta dunque la sola ed unica soluzione. Per non farsi sorprendere. Per abituare noi e i nostri cari a un regime esistenziale diverso, più basso, meno pretenzioso, più autentico, genuino e – verosimilmente – anche più… gustoso.

Quella che propongo ora, senza alcuna pretesa di scientificità, è una semplice “lista della spesa”, anch’essa estrapolata – come altre slide pubblicate in precedenza – da un mio recente lavoro su questi temi. Se vivere “low” è dunque l’obiettivo, se vivere “low” è dunque l’incognita che – in tanti ormai sosteniamo – può consentirci di affrontare l’avvenire nel modo meno traumatico possibile, quello che segue è un banalissimo elenco di piccole azioni e comportamenti che ognuno di noi, nella sua quotidianità, può liberamente scegliere di adottare per abituarsi pian piano ad un “regime esistenziale” diverso, più… leggero. Il rispetto o meno di queste abitudini – o forse dovrei dire “disabitudini” – non prevede una pagella! Non è un test psicologico! Non si dà un punteggio ad ogni risposta, per poi far dipendere da quanto si è totalizzato l’interpretazione di un comportamento! Soprattutto, non è un gioco!

Provate a scorrere questa lista di azioni, una sola volta. Poi chiudete subito questo blog e non pensateci più fino a domani. O anche fino alla prossima settimana, non importa. Quando poi, fra qualche giorno, le rileggerete, provate a ricordare quanto spesso le avete o non le avete rispettate. E’ solo una traccia, un percorso virtuoso di allontanamento da certi standard poco… igienici – diciamo così – per la nostra… resilienza prospettica.

Ci sono mille altre azioni o comportamenti più rappresentativi di questi, per migliorare il nostro spirito di adattamento: a voi allungare la lista!

2 risposte a “Ma quanto… “low”?

  1. Fra un po’ Monti & Co vedranno anche la Madonna! Non più solo i timidi segnali di ripresa…

    A comprare saranno cinesi, ma anche russi e arabi… Non so neanche se ciò sia un male, nel senso che porteranno un po’ di denaro fresco per mantenere un po’ in movimento la “giostra Italia”.
    Ma il nostro declino a livello di etnia Italiana penso sia anche a livello demografico: quasi una ventina di anni fa mi raccontarono che ci furono degli studi demografici commissionati dalla UE per prevedere l’ andamento demografico dei vari paesi che aderivano ad essa. Saltò fuori che il declino demografico dell’ Italia era già certo, ciò anche se tutte le donne di allora in grado di procreare si fossero messe a fare figli come se fossero conigli, aspirando a farne il massimo numero raggiungibile da una donna perfettamente feconda (cosa non possibile per ciascuna donna ovviamente). Neppure così si sarebbe mantenuta stabile nei decenni a seguire la popolazione italiana. Perché l’ età media era già troppo spostata in avanti. Se ci aggiungi che boom di nascite non ce ne sono stati negli anni precedenti alla entrata in crisi e che essa ovviamente non ne favorisce ulteriormente, posso dedurre che semmai il declino demografico avverrà ancora più velocemente. Ci dovremo abituare a questo, ormai una percentuale crescente di nuovi mutui -quei pochi!- é richiesta da immigrati giovani.
    E uno dei pochi investimenti che avrà sicuro futuro in Italia sarà la costruzione di nuove cliniche per anziani, benestanti ovviamente. Mi torna in mente il discorso che mi aveva riferito alcuni anni fa una persona riguardo una sua anziana parente: ormai non era più autosufficiente ed aveva deciso di andare in ospizio, il quale ha fatto una valutazione delle sue possibilità economiche e le ha prospettato la vendita del suo appartamento di proprietà dove abitava a Milano. L’ esito (ed ha accettato perché non aveva altre alternative) dell’ analisi é stato che con il capitale disponibile la potevano ospitare con vitto, alloggio, assistenza per una decina di anni. Se moriva entro quel lasso di tempo bene, altrimenti diventava un problema… …

    Io incoraggio il vivere low per svariati motivi, non solamente per motivi di prudenza rispetto all’ andamento economico, ma temo altresì che se preso a riferimento da troppe persone tutte assieme si pianti ancora di più la nostra situazione. Allora il punto sarà: se il declino continuerà in maniera troppo repentina avremo modo di riaddattarci e rimodulare le nostre esistenze? Anche perché l’ insegnamento forse più “autentico” di tutti ci é stato dato dal celebre Charles Robert Darwin che comprende che:
    “La teoria evoluzionistica di Darwin si basa su tre presupposti fondamentali:”
    punto 3 “Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie e anche all’esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.”
    fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Charles_Darwin#Teorie
    E la teoria di Darwin ha riscontri anche per quel che concerne la società:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Darwinismo_sociale
    Mi chiedo come faranno molte persone a gestire il trauma di un cambiamento obbligato degli stili di vita se fosse troppo repentino. Ce la faranno, in quanti? Questo spunto recente mi fa riflettere a riguardo: http://www.lettera43.it/economia/macro/in-spagna-sono-poveri-23-milioni-di-bimbi_4367567487.htm
    Il fatto non é la povertà in sè, ci sono popolazioni abituate ad avere poco, ma piuttosto l’ approdo repentino ad una situazione di ristrettezza.

    A questo punto mi sto domandando cosa possano pensare i lettori del tuo blog. Se leggendo il mio commento pensino che ho una innata tendenza pessimistica, o cosa. E quanti di essi preferiscano dopo sti ragionamenti fare degli scongiuri e sostenere che tuttosommato si vive meglio senza mettersi troppa ansia. A tale proposito un possibile esempio dell’ italica propensione che mi hanno riferito é il seguente: “ma sì, se tutto va in vacca vorrà dire che torneremo in massa nelle campagne e almeno avremo di che sopravvivere…” Se solo uno ci riflette un attimo deve mettere in fila che:
    1) per comprare un ettaro di terreno seminabile ci vogliono soldi
    2) non ci si improvvisa agricoltori e allevatori e se non aiutata tanta gente non sopravviverebbe, in tal senso non é del tutto da scartare una parte dei ragionamenti presenti nel libro: La fine del mondo storto, di Mauro Corona. Nel quale si ritiene che ci sarà selezione e tanta gente inizialmente andrà in contro a sonore sconfitte.
    3) l’ agricoltura vuole trattori e accessori che hanno un costo elevato oppure persone che tornino a lavorare la terra col proprio fisico come si faceva in tempi di cui ci siamo dimenticati.
    É anche quando mi riferiscono questo genere di commenti che penso all’ approssimazione della gente e non solo in materia finanziaria.

    • Ciao Red/ (lo slash ci vuole, no? ;-)),
      le dinamiche demografiche e il darwinismo sociale sono solo la componente “soft” del disastro che sta per abbattersi sugli stati periferici dell’Unione Europea (nonostante il premio Nobel per la Pace, sigh!). L’altra componente, ovviamente, è il dissesto economico. C’è chi sostiene che vi sia una terza componente, non meno grave, rappresentata dagli integralismi religiosi; ma questa è una teoria che andava per la maggiore a fine anni ’90 e negli anni Zero: ora io la riterrei comunque un nube minacciosa all’orizzonte, ma la vedo meno… imminente.
      Non è dal 2007 che certe professioni sono rifiutate da noi italiani. E’ un sistema intero, ad essere in declino. Più scolarizzazione, più aspettative, più longevità, meno figli. Tutto concorre a segmentare la società in nuove classi: non più tra padroni e lavoratori, tra ricchi e poveri, tra latifondisti e mezzadri (per usare dicotomie sepolte dalla storia), ma – come ho avuto modo di scrivere recentemente – tra una visione della vita comunitaria e una visione “liberal”, elitaria…
      Questo nuovo dualismo, ne sono convinto, si alimenta sia di una dinamica demografica come quella da te giustamente descritta, sia del darwinismo sociale o – che ne è una variante – dell’avidità umana.

      L’anziana parente di quel tuo conoscente, ti direbbe un darwinista, avrebbe dovuto farsi una bella polizza assicurativa! Un demografo, invece, ti avrebbe risposto che, se avesse avuto cinque figli e diciotto nipoti, le probabilità che qualcuno di loro se ne fosse potuto fare carico, sarebbero aumentate a dismisura. Agghiacciante!

      Resta il fatto che qui non si tratta di essere eccessivamente pessimisti o, peggio, catastrofisti. Io credo che il 22 dicembre saremo ancora tutti qui, alla faccia dei Maya!
      Credo però che, come tu, io e tantissimi altri andiamo dicendo da qualche anno, sia giunto il momento di “rimodulare” le nostre abitudini, nella prospettiva di un cambiamento del contesto.
      Diverse prospettive, dunque, diverse ambizioni e, conseguentemente, diversi sentieri di spesa.
      Non credo che, necessariamente, si debba correre da un contadino domattina alle 5 per acquistare un appezzamento di terreno! Credo però che un giovane di 25 anni, affacciandosi oggi al mondo del lavoro (anche se con una laurea in tasca o, come la mia, appesa in bagno…) potrebbe abbassare l’asticella delle proprie aspettative, magari accontentandosi di un modesto appartamento in periferia, magari spostandosi in centro usando i mezzi pubblici, magari, se il suo immobile non ha terra di proprietà, organizzandosi per acquisirne un poco in condivisione con altri (per la frutta e la verdura necessarie ogni anno al sostentamento di un individuo, sono sufficienti 10m² di terra), e affrontando insomma il futuro cercando di essere meno infarcito delle idee che ci ha “iniettato” oggigiorno il progresso: investendo cioè di più su quella frugalità con cui comunque tutti noi – volenti o nolenti – saremo prima o poi costretti a fare i conti.

      Infine, se non lo conosci (e visto che il tema del “ritorno alla terra” mi sembra ti appassioni), ti consiglio uno dei più bei libri che abbia mai letto (col quale avevo tra l’altro inaugurato la rubrica “Proposte di lettura” quest’estate, alla nascita di LLHT): “Lettera ai contadini sulla povertà e la pace” di Jean Giono.
      Tra l’altro, se guardi il video conclusivo del post “Area di bassa pressione” troverai una tua… conoscenza che parla anche di questo libro.
      Ciao

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