La verità che non vuoi

Questo dobbiamo impararlo a memoria e farlo conoscere a tutti, non ci sono più alternative:

E tutti voi che invece, nonostante tutto (vuoi perché smodatamente ricchi, o vuoi perché imperdonabilmente ingenui), vi siete ostinati ad attribuire posizioni come quelle della clip a un certo pessimismo di matrice catastrofista, beccatevi adesso questo bel “pugno nello stomaco” (virtuale, s’intende…):

Limits to growth

Chi aveva ragione, allora? E soprattutto: che cos’altro deve ancora succedere, perché vi rendiate finalmente conto che dobbiamo assolutamente invertire la rotta? Ce lo dicono gli indicatori ambientali, gli indicatori sociali e – adesso – anche gli unici indicatori a cui avete sempre creduto: quelli economici. Quando dico “invertire la rotta”, intendo un drastico ribaltamento di ogni paradigma comportamentale attualmente conosciuto e praticato. Non mi riferisco a una semplice croce su una scheda elettorale, no. Sarebbe troppo facile. Il tempo della delega è scaduto! Mi riferisco alla capacità di immaginare diversamente, che ognuno di noi potrebbe e dovrebbe allenare.

Anziché ostinarsi ad annunciare la crescita (spacciando come tale quel più zerovirgola che ci promettono nel 2014), i cosiddetti policy-maker farebbero dunque meglio a spiegare alla collettività come gestire al meglio il nuovo scenario che ci attende. Ricordate le parole della clip? “Declino incontrollato”. Se non sanno curare il malato – dico io – ci insegnino almeno a consolare i parenti al suo funerale…! Lo stesso motto “vivere low e pensare high“, se ci pensiamo, è un piccolissimo ma significativo esempio in tal senso (come sempre, tra l’altro, nato con un certo anticipo sui tempi…).

10% estratto

Fiscal Monitor del FMI del 10/13 (estratto)

E cosa fanno, invece? Minacciano un prelievo del 10% sui nostri risparmi (qui), peraltro nascondendo miserabilmente le proprie vergogne dietro la foglia di fico dei nomi di grandi economisti del passato! E’ questo, l’unico vaccino che sanno propinarci. Perché dobbiamo capirlo: a Christine Lagarde, a Martin Schulz e a Mario Draghi non frega un accidenti del fatto che qui abbiamo Letta, Alfano o… il loro cocktail (cioé Renzi). Loro sono nient’altro che gli asettici esecutori di un programma socioeconomico destinato a salvaguardare quelle stesse istanze neoliberiste e turbocapitaliste denunciate nella clip iniziale, con le quali ci hanno ipnotizzato per cinque decenni.

Mica lo sanno – quei tre – che se fino al 1986 il pianeta Terra ci bastava (la sua biocapacità era cioè superiore alla nostra impronta ecologica), ora non è più così:

Nei primi otto mesi del 2012 abbiamo già consumato le risorse naturali che la Terra è in grado di produrre in un anno. Vale a dire che dal 20 Agosto siamo in debito verso il pianeta […] ed è preoccupante la velocità con la quale stiamo superando il limite: nel 1990 era il 19 dicembre, nel 2007 il 26 ottobre, nel 2008 il 23 settembre. Se tutti gli abitanti del pianeta vivessero come noi italiani, non basterebbero 4 pianeti; pianeti che ovviamente non abbiamo. (Fonte: “Quando si dice Superare il limite” di C. Mazzini)

image (10)

E allora, la sapete una cosa? Io non gli darei il dieci, ma il venti o anche il venticinque percento dei miei risparmi! E glieli darei volentieri. E così dovremmo fare tutti. Ma solo se lasciassero interamente a NOI la facoltà di decidere come utilizzarli, quei soldi! Non lo faranno mai, però. Non possono farlo. Perché… non lo sanno neanche loro! Non capiscono. Non possiedono i prerequisiti, per capirlo! Ricordate, poco sopra? smodatamente ricchi o imperdonabilmente ingenui (gli avverbi sono intercambiabili).

Capite allora perché il futuro dell’Europa (o, per cominciare, dell’Italia) non si giocherà questa volta solo all’interno di un’urna elettorale? E capite perché credo che si debba necessariamente passare per qualcosa di diverso? Infatti, come ricordo sempre, la nostra stirpe italica, in un modo o nell’altro, è sempre stata l’anticipatrice dei grandi cambiamenti sociali (penso alla Romanità classica, all’Umanesimo, al Rinascimento, allo stesso Fascismo).

Che cosa ci inventeremo, questa volta? O meglio: che cosa ci stiamo già inventando?

Andrea

SeparatoreSe ti è piaciuto questo post, forse potrebbero interessarti anche: Rottamatori rottamabili ; Legalità e Responsabilità ; La discontinuità immaginata ; Quale Decrescita? .

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14 risposte a “La verità che non vuoi

  1. Ripensavo alla frase di Jorgen Randers nel video “Last call” riferendosi alle crisi che oggi ci affliggono: “… democrazia e capitalismo non risolveranno questo problema …”. Cosa avrà voluto dire? E se è necessario un cambio di paradigma nella governance, considerato che il potere è, e sempre più lo sarà, nelle mani di chi intende mantenere lo status quo, come potrà esserci un cambiamento significativo contrapponendo solo la “resilienza”?

    • E’ una delle domande più stimolanti che abbia letto qui su LLHT, Alessandro. Come tale, gli dedicherò tutto il tempo e lo spazio che merita.
      Detto in altri termini, hai toccato il cuore assoluto del problema.
      Si parla di iniquità distributive (che per molti, Wilkinson e Pickett in primis, sono la causa originaria del problema). Si parla di crisi ambientale, sociale, economica. Si parla di uguaglianza al posto della libertà. Si parla, come giustamente tu dici, di resilienza come uno dei possibili “ammortizzatori” al problema…

      Ma se hai un vicino di casa che suona la batteria ininterrottamente (perdonami l’esempio sciocco), hai voglia, inizialmente, a sopportare…!
      Hai voglia, poi, a chiedergli gentilmente di farlo solo in alcuni orari, poi a segnalarlo all’amministratore di condominio, poi a metterti i tappi nelle orecchie, poi a insonorizzare le pareti, poi a chiamare i carabinieri… L’escalation può durare parecchio, certo. Ma non all’infinito.
      Inevitabilmente, se quello non smette di suonare la batteria a tutte le ore della giornata, arriverà il momento in cui tu – anche contro la tua volontà – gli sfonderai la porta e prenderai a manganellate la batteria e, in qualche caso, lui stesso.
      Si chiama rivoluzione.

      Posso solo dirti che, come ci insegna la storia, ogni rivoluzione – se anche inizialmente ha prodotto un qualche, apparente beneficio – poi si è sempre, inevitabilmente risolta con una… Restaurazione. Che è sempre stata caratterizzata da un ripristino – con intensità anche più severe – dei mali precedenti alla fase di discontinuità.
      Tuttavia, queste cose non si possono valutare e determinare a tavolino. I movimenti di popolo sono assimilabili a quelli di un gas imperfetto. Dietro pesanti sollecitazioni, reagiscono in modo imprevedibile. Le valvole di sfogo, per ora, sono state un po’ di resilienza, un po’ di intelligenza collettiva, qualche mal di pancia, un voto di protesta.

      Cosa accadrà domani e dopodomani?
      Ne riparleremo. Io, una qualche idea, ce l’ho… 😉

  2. Sì ma a parte alcuni blogger illuminati e quelli che li frequentano, a parte alcuni economisti che lo dicono da anni e anni, a parte qualche giornalista che continua a lavorare inascoltato, tutti gli altri non sanno, hanno gli occhi ben chiusi o la testa ben infilata sotto la sabbia come la foto qui sopra…

    La mia esperienza reale è molto diversa da quella virtuale. In quella reale le persone che mi conoscono mi tollerano un po’ o nel migliore dei casi mi considerano un po’ stravagante o un po’ folle quando parlo di queste cose… per non parlare di quando parlo di come vivo e di quello che faccio in questo senso (anche se nel mio infinitamente piccolo che, però, considero infinitamente grande).

    Quando faggio girare queste cose o le condivido con qualcuno l’effetto è sempre lo stesso: un sorriso come a voler simpaticamente comprendere e tollerare questi allarmi inutili e un po’ ingenuotti o la totale impermeabilità alla cosa.

    Per trovare qualcuno che condivida davvero si deve venire qui o in altri luoghi virtuali in cui si discute di queste cose. Per saperne di più, lo stesso.

    La gente intorno a me dorme. Dorme della grossa. Di appena consapevoli ce ne sono ben pochi. E del resto sono sempre più convinta che non ci si arriva così. Ci si arriva per grande sensibilità, sesto senso, capacità di vedere e di prevedere oppure per necessità. E allora sì che farà male. Molto male.

    E sarà troppo tardi per proteggersi appena un po’… temo.

    • Ognuno pensi per sé e per i pochi intimi “sufficientemente svegli” da preoccuparsi di questi problemi; gli altri lasciamoli dormire.

      Cerchiamo soluzioni col poco che abbiamo, nel nostro piccolo; e guardandoci sempre attorno, per vedere se possono nascere contatti, utili a far crescere – mi verrebbe da scrivere “solidificare” – queste nostre idee.

      E niente sensi di colpa, per favore: la vita è un dono e ne possiamo far quel che vogliamo; se uno decide di buttarla nel cesso, possiamo provare a convincerlo che altre soluzioni danno più soddisfazione; fatto questo, a lui la scelta, noi proseguiamo sulla nostra strada.

    • Infatti. E temo che, per rispondere anche ad Alberto, se la maggioranza della società dorme non possiamo organizzare una reazione generale (di comunità) essendo in così pochi. Certo che ognuno farà per sè ma il suo impatto rischia di non avere conseguenze nel destino comune se non è sostenuto da un consenso

      • Ciao,
        provo a rispondere a tutti e tre insieme, essendo sostanzialmente i vostri interventi ascrivibili a due macrofiloni:
        a) Mi salvo io, non curandomi troppo di chi sceglierà di seguirmi (anche perché quasi nessuno è in grado di capire la mia “missione”);
        oppure
        b) Cerco di salvare il mondo (cercando di trarre in salvo, insieme a me, quante più persone possibile).

        In termini economici, questo tipo di alternative si chiamano trade-off, in quanto di solito il perseguimento di una delle due opzioni è a discapito dell’altra.

        Proprio su questo esatto tema, un mesetto fa ho scambiato un paio di tweet con lo stesso Simone Perotti, che riporto per intero perché perfettamente calzanti:

        Andrea: …in altri termini: consolarci “salvando” solo noi stessi, o provare a salvare il mondo?

        Simone: …per condividere e salvare qualcuno bisogna esserci, stare bene, in equilibrio: lavoriamo su questo. Altrimenti non siamo niente.

        E’ un tema spinoso, in quanto prevede necessariamente una presa di coscienza su quanta parte del nostro “essere” dipenda esclusivamente da noi stessi, e quanta invece dal nostro star bene con gli altri. Personalmente, così come concordo con Simone quando dice che non possiamo “salvare” nessuno se non siamo prima in equilibrio con noi stessi, non credo nemmeno che possiamo metterci in salvo da soli, dimenticandoci completamente degli altri. Sono infatti persuaso che le azioni e gli esempi individuali, se realmente autentici e opportunamente comunicati, possano determinare conseguenze assai più estese e trasmettere una forza che sarebbe assurdo non condividere.
        Ripeto: così come sono drasticamente efficaci i modelli negativi, lo sono anche quelli positivi.
        Un po’ come quando la Meadows dice appunto nel video di credere alle conseguenze globali delle azioni individuali. Se non siamo convinti di questo, credo che sia la strada (a) che la (b) diventino impraticabili: la prima diventerebbe inutile, la seconda impossibile.

        Ciao,
        Andrea

        • Complimenti. Mi hai fatto ricordare una lezione sul Taoismo secondo il quale l’esempio del maestro che semplicemente si cura di sè diventa stimolo senza che nemmeno sia organizzato come lezione. Certo che rimane, anche così, una bella responsabilità…

  3. Documentario decisamente motivante (mi veniva “inspiring ma è inglese. Sono diventato anch’io servo dell’economia anglosassone?) . Il problema è, come viene detto verso la fine, cambiare il capitano al timone e credo che sarà quasi impossibile. Il declino ci sarà e una risposta armonica ad esso non verrà orchestrata dai poteri tradizionali. Resta quello che possiamo fare come singoli ma anno dopo anno siamo, come singoli, sempre più poveri, tassati e ininfluenti. Capisco che il mio pessimismo possa scoraggiare ma è così che vedo le cose quando mi accorgo che i negozi sono pieni di ninnoli costosissimi, l’ IVA e le tasse si aumentano davvero per poi diminuirle per finta e i nuovi stipendi (dei neoassunti, dei contratti iniziati quest’anno) riportano per la maggiorparte cifre mensili risibili, equivalenti al valore di un buon televisore o all’affitto di un bilocale.

    • Alla fine del documentario, ricordo che uno dei relatori sostiene però anche che l’umanità – in un modo o nell’altro – saprà escogitare una soluzione.
      Personalmente, non credo assolutamente che questo passaggio sarà indolore. Anzi.
      Sono però convinto che, quanto maggiore sarà la nostra consapevolezza in quel momento, tanto più alte saranno le nostre probabilità di successo. Occorre lavorare sulla nostra resilienza individuale. Il segreto è “solo” questo.
      Non sarà una passeggiata.
      Ciao.

  4. Che dire, ogni tanto continuo a leggerti. Viene da dirti solo bene, bravo e grazie. Un grazie sincero per gli stimoli e i ragionamenti davvero preziosi. Chi è già su queste posizioni, come me, fa la sua “disperata lotta”, purtroppo l’impressione è quella di una devastante solitudine e la sensazione di essere a bordo di un aereo pilotato da degli squilibrati da cui è impossibile scendere. Manco col paracadute. L’unico pensiero è “ci schianteremo, speriamo di rimanere vivi”. Ciao. M.

    • No Marco, non è vero! È sbagliato gettare la spugna. Anche perché i presupposti ci sono. E stanno espandendosi…

      Così come il potere dei modelli negativi ci ha portato fin qui, il potere dei modelli positivi potrà, simmetricamente, fare qualcosa in senso opposto. A un certo punto del video, se ricordi, la Meadows dice di credere nell’impatto globale delle scelte individuali: è esattamente questo, il senso.

      Come sai, io non credo nella politica tradizionale. Ma credo nel potere dell’individuo e dell’esempio che sa, che può e che deve dare alla comunità.

      Il progetto LLHT, nella sua finitezza, ne è la dimostrazione.

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